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« DELL'ERITREA NON DOBBIA...AFRICA »

resistenze.org

Post n°162 pubblicato il 23 Maggio 2010 da guerrinob

Tutto quello che non dovreste sapere sull’Eritrea (2/3)

 
di Mohamed Hassan*
 
Annessa all'Etiopia, l'Eritrea affronta la più lunga guerra per l'indipendenza del continente africano. La resistenza eritrea ha lottato praticamente da sola contro tutti. Come alcuni combattenti africani si sono imposti alle più grandi potenze mondiali: Stati Uniti, Europa, Unione Sovietica? Qual era la posta in gioco in questa guerra? In questo seconda parte dell’intervista, Mohamed Hassan ci racconta le avventure epiche della liberazione dell'Eritrea.
 
Nel 1950, su decisione delle Nazioni Unite in seguito alla volontà degli Stati Uniti, l'Eritrea diventa un'entità autonoma federata con l'Etiopia. Come fu la convivenza?
 
Piuttosto difficile. Questa decisione non aveva senso perché obbligò a convivere due sistemi incompatibili. Da un lato l'Eritrea che aveva beneficiato dello sviluppo del colonialismo italiano e dove emergeva una certa classe operaia con una coscienza politica. Dall'altro, l'Etiopia, dell’imperatore Hailé Sélassié: un regime feudale, senza costituzione che praticava ancora la schiavitù e dove non esistevano diritti politici. Ma, come sistema federale, l'Eritrea custodiva da una parte la propria bandiera ed il suo parlamento e dall’altra i suoi sindacati, i suoi giornali indipendenti ... tutte cose che erano vietate in Etiopia!
 
Questa strana coabitazione avrebbe condotto indirettamente ad un tentativo di colpo di stato contro l'imperatore Sélassié. Gli ufficiali etiopi viaggiavano infatti per l’Eritrea e constatavano grosse differenze rispetto al loro paese. Inoltre, il movimento panafricano e l'ondata indipendentista producevano cambiamenti nella mentalità di tutto il continente. Certi etiopi cominciavano a percepire che il loro regime era arretrato. Tra questi, il giovane Girmame Neway. Egli aveva studiato negli Stati Uniti e aveva prestato servizio come governatore in alcune province dell'impero etiope. Con l'aiuto di suo fratello, che faceva parte delle guardie del corpo di Sélassié, tentò un colpo di stato nel 1960, quando l'imperatore era in visita in Brasile. Ma l'esercito non lo seguì ed il colpo di stato fallì. Al suo ritorno, Sélassié si trovò di fronte a due possibilità: mantenere la federazione con l'Eritrea ed offrire a quel popolo gli stessi diritti di cui godevano gli eritrei; oppure annettere completamente l'Eritrea. La prima opzione sarebbe stata un suicidio politico per Sélassié. Così, nel 1962, l'Etiopia annesse totalmente l'Eritrea.
 
Col sostegno implicito delle Nazioni Unite… Perché la comunità internazionale non protestò?
 
Sì, è abbastanza stupefacente. Quando Sélassié ha annesso l'Eritrea, ha ordinato l'arresto degli editori giornalistici, ha inviato in esilio i leader nazionalisti, vietato i sindacati e l'uso delle lingue originarie dell'Eritrea nelle scuole e negli atti ufficiali. Ha anche trasferito le industrie con sede in Addis Abeba ad Asmara. L'idea era di fare arrivare i lavoratori eritrei in Etiopia e spopolare l'Eritrea per farne una base militare. Inoltre, mentre le truppe etiopi accerchiavano l’Assemblea e i jet sorvolavano la città di Asmara, il parlamento eritreo fu costretto, in modo umiliante, a votare il proprio scioglimento.
 
L'Eritrea protestò vigorosamente chiedendo la mediazione dell'ONU, che rispose: "La vostra richiesta deve passare prima dal governo federale", vale a dire dallo stesso imperatore Sélassié! In altre parole, il regime etiopico aveva la benedizione delle potenze imperialiste, in particolare gli Stati Uniti che dominano le Nazioni Unite. L'imperatore Sélassié era sostenuto da tutte le parti e ne approfittava per crearsi un’ottima immagine, quella di padre del continente africano. Nessuno si oppose al suo volere, per disgrazia degli eritrei.
 
Come ha fatto l'Etiopia a diventare un alleato privilegiato degli Stati Uniti?
 
Negli anni 40, gli Stati Uniti volevano indebolire i loro concorrenti europei e hanno cominciato a interessarsi all'Africa. Ma i francesi e i britannici possedevano già numerose colonie in questo continente. L’Etiopia, invece, non era stata colonizzata. Per Washington rappresentò la porta attraverso cui entrare in Africa per consolidare la propria influenza e poter quindi competere con le potenze coloniali. L'Etiopia feudale, partecipando alle guerre nel Congo e in Corea, diventò un fantoccio degli Stati Uniti. Poi, quando negli anni 50 e 60 la maggior parte dei paesi africani diventò indipendente, Washington esercitò delle pressioni affinché l'Organizzazione per l'Unità Africana, nata in quegli anni [Maggio 1963], si stabilisse in Etiopia. Ciò permise agli Stati Uniti di esercitare un controllo su tutto il continente. Come per lo Scià in Iran o Israele in Medio Oriente, l'Etiopia rappresentava il "gendarme" in Africa, anche se un gendarme arretrato.
 
Dopo avere esaurito i mezzi diplomatici della comunità internazionale ed organizzato manifestazioni pacifiche, l'Eritrea porterà avanti una lunga lotta armata.
 
Sì, inizialmente condotta dal Fronte per la Liberazione dell'Eritrea (FLE). Il FLE riuniva diversi gruppi nazionalisti che volevano l'indipendenza. Sul piano politico, questo movimento era dominato dagli interessi borghesi e la sua analisi socioeconomica era debole. Sul piano militare, il FLE riprendeva il modello di resistenza algerina, un sistema di gruppi armati divisi nella regione. Fu un errore tattico grossolano. In primo luogo, perché le unità ripartite sulle differenti regioni non parlavano la stessa lingua. Quindi, mentre si combatteva per l'indipendenza di uno stato, già si contribuiva a creare le divisioni che un giorno avrebbero minacciato lo stato stesso! Inoltre, questa scissione della resistenza in gruppi autonomi, provocava dei problemi di coordinamento che il nemico poteva sfruttare. Per esempio, quando un gruppo di una regione era attaccato, i suoi vicini non gli venivano in aiuto. Per l'esercito etiope, fu dunque molto più facile combattere separatamente gruppi isolati gli uni dagli altri.
 
La mancanza di visione politica del FLE, la sua strategia militare e le sue divisioni interne trascinarono il movimento verso il declino. Ma, negli anni 70, alcuni musulmani e cristiani progressisti membri del FLE decisero di fondare un proprio gruppo. Nasceva il Fronte di Liberazione del Popolo Eritreo (FLPE). Di ispirazione marxista, questo movimento aveva imparato tutte le lezioni dal suo predecessore. Il FLPE sapeva che era necessario mobilitare tutta la popolazione invece di creare ulteriori divisioni. Aveva anche una visione politica più chiara che si basava sull'analisi della società eritrea. Il FLPE iniziò qualcosa di più di una lotta armata, quindi, una vera rivoluzione: emancipazione delle donne, organizzazione di consigli democratici nei villaggi, riforma agraria, istruzione… Tutto contribuì a mobilitare il popolo eritreo dietro i combattenti del FLPE. Ciò era assolutamente necessario affinché l'Eritrea ottenesse la sua indipendenza.
 
Tuttavia la battaglia sembrava persa in anticipo. L'Etiopia era sostenuta da ogni parte e l'Eritrea lottava praticamente sola contro tutti.
 
L'Etiopia era sostenuta dagli Stati Uniti, ma anche da Israele, che voleva costruire alleanze con i paesi non arabi della regione. Del resto, durante il tentativo di colpo di stato contro Sélassié nel 1960, fu grazie a Israele che l'imperatore, in viaggio in Brasile, poté stabilire velocemente un contatto con un generale e far deragliare la rivolta. Inoltre l'Etiopia presentò la resistenza eritrea come una minaccia per la regione araba potendo contare anche per questo sul sostegno dello stato ebraico. Gli esperti israeliani in contro-rivoluzione formarono la forza di élite etiope di circa cinquemila uomini conosciuta con il nome di "Brigata Fiamma".
 
Anche l’Europa sosteneva l'Etiopia, fornendo armi. Inoltre il governo etiope è stato in primo luogo il principale beneficiario degli aiuti comunitari per l'Africa. Infine, l'imperatore Sélassié era una presenza molto forte nel continente africano, questo non giocava in favore degli eritrei. Ho spiegato come gli Stati Uniti hanno spinto affinché l'Organizzazione per l'Unità Africana (OUA) si insediasse in Etiopia. Negli anni 60, per evitare che le guerre civili esplodessero in tutto il continente, questa organizzazione decretò che le frontiere ereditate del colonialismo non venissero messe in discussione. Ovviamente, questa decisione non è stata applicata nel caso dell’Eritrea. Le rivendicazioni dell'Etiopia su questo territorio non avevano tuttavia nessuna legittimità. Sarebbe stato come se l'Italia rivendicasse la Francia con il pretesto che la Gallia aveva fatto parte dell'impero romano! Ma Sélassié aveva tutto l'Occidente dietro di sé e la sua influenza in Africa era tale che l'OUA chiuse gli occhi.
 
Nel 1974, dopo 44 anni di regno, l'impero di Sélassié viene finalmente rovesciato da una rivoluzione socialista. Ma il nuovo governo etiope non accorda l’indipendenza all'Eritrea. Perché?
 
La rivoluzione etiope fu il risultato di un'alleanza tra idee progressiste di civili e soldati. Ma ben presto le divisioni emersero. In effetti, quando i soldati presero il potere, gli studenti rivoluzionari e gli intellettuali richiesero che l'esercito compisse una transizione verso un governo civile. Inoltre, sostenevano il diritto all'indipendenza dell'Eritrea. Ma la giunta militare al potere, chiamata Derg, era ancora molto sciovinista: di abbandonare il territorio eritreo non se ne parlava. Inoltre, i soldati non avevano intenzione di dare il potere ai civili. L'esercito lanciò poi una campagna di arresti e omicidi che, secondo Amnesty International, coinvolse più di diecimila persone, per lo più intellettuali e studenti. La rivoluzione etiope fu purgata così dei suoi elementi più progressisti ed i militari presero definitivamente il potere.
 
Alla testa del Derg, c'era il tenente colonnello Mengistu Haile Mariam. Arrivava da una condizione sociale umile, suo padre era soldato e sua madre una serva. Al potere fino al 1991, Mengistu impose un regime totalitario ed intraprese la militarizzazione del paese. Ovviamente, non voleva sentire parlare di autonomia dell'Eritrea e represse duramente la resistenza. Infine con questa rivoluzione, l'Etiopia passò da una dittatura all’altra. Ed in piena guerra fredda, questo paese che era stato un alleato strategico degli Stati Uniti fino ad allora, si rivolse ai sovietici. Mosca portò un sostegno militare molto importante a Mengistu nella sua repressione verso la resistenza eritrea.
 
Venti anni prima, l'Unione Sovietica aveva sostenuto l'indipendenza dell'Eritrea. Come si spiega questo cambiamento?
 
Innanzitutto, all'indomani della Seconda guerra mondiale, Mosca sosteneva l'indipendenza dell'Eritrea perché l'annessione di questo paese all'Etiopia rappresentava un vero affare per gli Stati Uniti. Ovviamente quando l'Etiopia divenne un alleato dell'Unione Sovietica, Mosca vide le cose diversamente. Inoltre, i sovietici avevano una migliore conoscenza del mondo e del Corno d'Africa dopo la seconda guerra mondiale. All'epoca, sapevano che, in quanto vecchia colonia, l'Eritrea aveva delle rivendicazioni legittime. Ma in seguito la politica estera di Mosca cambiò e diventò poco intelligente. La sua visione del mondo ristretta.
 
Difatti, sul finire degli anni 50, Nikita Chruščëv sviluppò una nuova teoria particolare sul modo in cui l'Unione Sovietica doveva sostenere le rivoluzioni socialiste in Africa: i paesi africani non avevano bisogno di un partito di avanguardia per guidare la loro rivoluzione, l'Unione Sovietica sarebbe stata il loro partito di avanguardia! Chruščëv volle trasporre il modello di rivoluzione russa ai paesi africani, senza dunque tenere veramente conto delle loro specificità. Si potrebbe diversamente affermare che i sovietici avevano fabbricato una scarpa per il loro piede e pensavano che questa scarpa sarebbe andata bene a tutti; e se il vostro piede fosse stato troppo grande, allora bastava tagliare l’alluce per adattarlo! La teoria di Chruščëv era ridicola tanto quanto questa affermazione. Ciò spiega perché l'Unione Sovietica non aveva una reale visione di ciò che accadeva nel Corno d'Africa e sosteneva l'Etiopia. Fu un grave errore.
 
Quale fu l'impatto sulla resistenza in Eritrea?
 
Fino ad allora, i combattenti eritrei avevano ottenuto notevoli successi. La popolazione sosteneva la resistenza. Molti ingrossarono le file dei combattenti, soprattutto quando l'esercito etiope attaccava regolarmente la popolazione: villaggi incendiati, civili massacrati… Invece di spaventare gli eritrei, queste rappresaglie rinforzavano l'idea che la coabitazione con l'Etiopia non era possibile e che la lotta per l'indipendenza era indispensabile. Nel 1975, per esempio, numerosi giovani si unirono al FLPE , in particolar modo dopo l'esecuzione di 56 studenti eritrei.
 
In più la strategia sviluppata dalla resistenza era diventata molto sofisticata. Per esempio: l'Eritrea non aveva praticamente nessuno sostegno e lottava sola contro tutti, ciò creava problemi per l'approvvigionamento di armi. In mancanza di alleati, il FLPE fece del suo nemico il suo principale sostegno! La resistenza attaccava i soldati etiopi e ad ogni vittoria ottenuta, recuperavano le armi dei suoi nemici. Ciò permise alla resistenza, col passare degli anni, di diventare molto più attrezzata e di disporre anche di un'artiglieria pesante. Immaginate: i soldati etiopi lottavano contro i propri carri armati! Grazie a questa tecnica, il FLPE passò dallo stato di esercito di guerriglia a quello di esercito meccanizzato.
 
Ma non aveva previsto che l'Unione Sovietica sarebbe venuta in soccorso del Derg nel 1977!
 
Fu un periodo difficile: la marina dell'esercito rosso batteva le posizioni del FLPE lungo le coste, Mosca mandò consiglieri militari ed un ponte aereo verso Addis Abeba che scaricava una gran quantità di armi. Si stima che l'esercito etiope abbia ricevuto all'epoca 1.000 carri armati, 1.500 veicoli blindati, 90 aerei da caccia ed elicotteri da combattimento. Forte del sostegno sovietico, Mengistu lanciò nel febbraio 1982 una grande offensiva contro l'Eritrea: la campagna "Stella Rossa" con 150.000 uomini, la più grande battaglia che l'Africa conobbe dalla Seconda guerra mondiale.
 
Malgrado tutto ciò, Mengistu non riuscì a domare il FLPE…
 
E' stato comunque il più duro periodo della lotta per l'indipendenza. Il FLPE dovette abbandonare le posizioni che aveva conquistato per compiere una ritirata strategica. Peraltro, Mengistu aveva ottenuto dal Sudan la chiusura completa della sua frontiera con l'Eritrea: per settimane, non passò petrolio, cibo né altri tipi di rifornimenti inviati abitualmente dal Sudan. Svanì la possibilità per i profughi di raggiungere le terre oltre frontiera. Malgrado tutto, l'esercito etiope non riuscì ad eliminare il FPLE. Bisogna dire che questo movimento era molto organizzato. I soldati etiopi erano certo più numerosi e molto meglio attrezzati, ma ubbidivano solamente agli ordini di un dittatore. Dal canto loro, i combattenti del FPLE erano meglio addestrati e soprattutto molto motivati. 
 
La campagna "Stella Rossa" segnò una svolta in questa lunga lotta per l'indipendenza: fu l'ultima volta che il governo etiope minacciò realmente la resistenza. Quando l'offensiva si concluse dopo mesi di combattimento, il FLPE cominciò a recuperare le posizioni che aveva dovuto abbandonare. Alcuni anni più tardi, l'Unione Sovietica, al limite del collasso, annunciò a Mengistu che avrebbe interrotto le forniture di armi. Il governo etiope cominciava a vacillare. Doveva affrontare non solo la resistenza eritrea, ma anche di altri gruppi nazionalisti che si erano formati altrove in Etiopia. Tra questi gruppi, il Fronte di Liberazione Popolare del Tigrai (FLPT) combattè a fianco degli eritrei. All’inizio questo movimento voleva l'indipendenza degli abitanti della regione del Tigray. Ma il FLPE sapeva quanto poteva essere pericoloso operare delle divisioni per nazionalità e sentenziò: "Siete innanzitutto etiopi ed è in quanto etiopi che dovete battervi incoraggiando tutti i vostri compatrioti a rovesciare la dittatura militare". Nel 1991 il Derg cadde, Mengistu fuggì e dopo trent'anni di guerra, l'Eritrea diventò indipendente.
 
Dopo tutti questi cambiamenti, come si è evoluto il rapporto tra l'Etiopia e l'Eritrea?
 
L'Etiopia è un paese composto da diverse etnie. Sia con Menelik II, Sélassié e Mengistu, il regime al potere non ha mai rappresentato la diversità del popolo etiope. Il paese è sempre stato diretto dalle minoranze che agivano nei loro interessi, creando delle disuguaglianze molto forti in seno alla popolazione. Quando un nuovo governo etiope prese il potere nel 1991, tutti pensavano che le cose sarebbero cambiate. Io stesso, ho accettato di lavorare come diplomatico per questo governo. Anche l'Eritrea nutriva molte speranze. Diventando indipendente, aveva privato l'Etiopia di un accesso al Mar Rosso. Ma il presidente eritreo, Isaias Afwerki, propose di creare una zona di libero scambio tra i due paesi. Così gli etiopi poterono disporre dei porti dell'Eritrea con grande facilità. Le basi di una cooperazione tra i paesi del Corno d'Africa erano poste e sembrava che la pace stesse per ritornare.
 
Ma la delusione è arrivata presto?
 
Nel 1991, Meles Zenawi, leader del Tigray, dirigeva l’Etiopia. Ma non aveva una visione politica. Ha perpetuato la tradizione, governando per i suoi interessi e quelli del suo entourage senza tenere conto della diversità etnica del paese. Inoltre, piuttosto che cercare di adeguare le istituzioni ereditate da Mengistu, il nuovo governo ha fatto semplicemente che distruggere. Per esempio, ha smobilitato l'esercito del Derg, piuttosto che aprire un dialogo democratico per vedere come le cose si sarebbero potute evolvere. Molti ufficiali che avevano passato la loro vita sotto le armi, si ritrovarono così senza lavoro. Il nuovo governo ha semplicemente distrutto il corpo dello stato etiope. Di fronte a ciò l'ambasciatore degli Stati Uniti non poteva che essere felice: l'Etiopia era di nuovo alla mercé degli interessi imperialistici.  
La settimana prossima, nell'ultima parte della nostra intervista, Mohamed Hassan ci svelerà la ricetta dello sviluppo eritreo, quali possibilità presenta per salvare l'Africa e perché è mal visto dalle potenze neo-coloniali. Vedremo perché le relazioni tra Eritrea ed Etiopia sono sempre tanto controverse. Infine, affronteremo l’argomento dei diritti dell'uomo e dei diritti politici: l'Eritrea è una dittatura?
 
*Mohamed Hassan è un esperto di geopolitica e del mondo arabo. Nato ad Addis Abeba (Etiopia), ha partecipato ai movimenti studenteschi nel quadro della rivoluzione socialista del 1974 nel suo paese. Ha studiato scienze politiche in Egitto, prima di specializzarsi in amministrazione pubblica a Bruxelles. Diplomatico per il suo paese di origine negli anni '90, ha lavorato a Washington, Pechino e Bruxelles. Co-autore di L’Irak sous l’occupation (EPO, 2003), ha partecipato anche a opere sul nazionalismo arabo e i movimenti islamici, e il nazionalismo fiammingo. Uno dei migliori conoscitori del mondo arabo contemporaneo e musulmano.
 
 
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