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COMURA

Post n°117 pubblicato il 08 Dicembre 2009 da guerrinob

Puntuale mi presento a padre Eugenio. Partiamo subito. Mentre mi parla con orgoglio di tutte le iniziative cattoliche, ben 99 scuole, passiamo vicino a Bor. Mi indica la casa portoghese, che prima della rivoluzione era stato un orfanotrofio, poi rifugio di profughi della Sierra Leone e poi affidata dal governo alla gioventù rivoluzionaria. Ora in completo degrado è stata restituita agli originali proprietari, la curia episcopale, che la sta ristrutturando come casa della gioventù. Il mio primo viaggio in Guinea l'ho fatto in compagnia di alcuni tecnici lombardi impegnati in questa ristrutturazione.

Con Pino avevamo notato molti edifici portoghesi in rovina, senza che nessuno li utilizzi. Pensavamo ad una avversione radicale al dominio portoghese. La verità e che sono state requisite dal governo rivoluzionario e non utilizzate. L'attuale governo tende a restituirle ai primitivi proprietari, ma sono fatiscenti.

Passiamo vicino alle ambasciate, dove per dimensioni spicca quella cinese, poi il palazzo dei ministeri in fase di ultimazione. Sulla stessa strada un grande edificio, vetri opachi, nessuna insegna, è una banca internazionale. Subito dopo, pieno di insegne il grande albergo, proprietà di Gheddafi, in continua espansione.

Non è in espansione la strada che imbrocchiamo. In espansione ha le voragini che la rendono praticabile solo a macchine con quattro ruote motrici. Fortunatamente dopo un chilometro ritroviamo l'asfalto di una strada in buone condizioni, che prima di arrivare al mare ci porta a Comura.

L'ospedale, il più importante della nazione guineana, si presenta come una cittadella in piena attività.

La parti vecchie sono in ristrutturazione. Negli ampi spazi di questo ospedale, in un bosco di cagiù, è organizzato un villaggio di lebbrosi, clinicamente guariti, ma rifiutati dai loro villaggi. Gli abitanti di questo piccolo villaggio fanno lavori compatibili con le loro mutilazioni, si autogesticono e sono aiutati dall'assistenza internazionale. Le capanne del villaggio sono collegate da marciapiedi in cemento per permettere l'utilizzo delle carrozzine.

Nell'ospedale è attiva un'azienda agricola, una meccanica e una piccola officina ortopedica, il cui responsabile ha studiato in India e con calchi in gesso realizza scarpe , in particolare per i piedi mutilati dei lebbrosi, che qualche volta sono rotonde e sembrano scarpe per piccoli elefantini.

Di buona qualità i padiglioni, gli ambulatori e naturalmente le sale operatorie

Hanno abbondanza di acqua, fornita da pozzi profondi e sono autonomi nella produzione dell'elettricità, prodotta con gasolio, in prevalenza.

Mi dice padre Eugenio che questa zona è stata popolata da Balanta, che si erano trasferiti dalla zona nord-est del paese. Le case e le capanne hanno un aspetto più florido. I Balanta, dopo aver conosciuto i frati a Comura, hanno richiesto la loro presenza a Nhoma, dove padre Eugenio ha costruito una bella missione con ospedaletto e una scuola prestigiosa liceo compreso e campo di calcio.

Nel viaggio abbiamo parlato molto dei Balanta. Anche padre Eugenio, nei suoi 38 anni di tropici ha

avuto modo di apprezzare la loro intelligenza e la loro organizzazione sociale. Si rammarica perchè non hanno il senso dell'economia. In questo sono evangelici: Non vi preoccupate di che mangerete o di che vestirete.

Erano i miei pensieri di questa notte. Vedo nella vita dei missionari lo stesso entusiasmo di noi volontari e le stesse preoccupazioni. Qualcosa stride. Il nostro venire in Africa ha qualche analogia con il mio ingresso nella condizione operaia. Ma mentre nella classe operaia ho subito capito i valori che dovevo condividere e sono diventato uno di loro. In Africa veniamo da ricchi e crediamo di dover cambiare la loro condizione economica, restandone fuori.

Le nostre finalità sono corrette: favorire l'accesso all'acqua, al cibo, alla salute e all'istruzione, ma utilizzando i nostri schemi economici in questi progetti ci trasformiamo in babbi natale e loro si adeguano, mendicando di tutto e di più. Di questo passo è inevitabile fare danni. In questo incontro di due culture, noi abbiamo grandi vantaggi. Sicuramente siamo beneficati più che benefattori.

Senza molta chiarezza nelle idee continuo a piantare jatropha e moringa. Le piante servono sempre. Il tempo giusto per piantarle sarebbe stato 20 anni fa, ma anche questo è un buon momento, almeno per coltivare l'ottimismo.

 

 
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