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fantasmi o fantasie?

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I volti di Belmez

Post n°85 pubblicato il 28 Febbraio 2009 da beby85e

 Una delle più incredibili manifestazioni occulte d'Europa è avvenuta - e persiste tuttora - all'inizio degli anni 70 nel piccolo villaggio spagnolo di Belmez de la Moraleda. Una mattina dell'agosto 1971, Maria Gomez Pereira entrò in cucina e trovò sul pavimento di cemento il disegno di una faccia, il volto di un uomo che urla. Sembrava dipinto, ma non si riuscì a grattare via la vernice: era come se facesse parte integrale del cemento stesso. La donna mostrò la figura ai vicini, nessuno dei quali seppe trovare una spiegazione al fenomeno. Poiché l'immagine non poteva essere cancellata, il figlio di Maria, Miguel, spezzò il cemento con un piccone e gettò una colata nuova. A tutti quanti quel volto era sembrato spaventoso. Una settimana dopo, l'otto dicembre, la faccia era tornata. La notizia si diffuse, e la piccola casa a via Gomez Pereira cominciò ad essere meta di un pellegrinaggio di curiosi. Si decise di conservare l'immagine inesplicabile: il cemento venne tagliato tutt'intorno e la lastra risultante fu appesa in una parete e protetta con una lastra di vetro. Qualcuno suggerì di scavare sotto il pavimento; lo si fece, a circa due metri e mezzo di profondità vennero trovate alcune ossa umane. Del resto, si sapeva già che la casa di Maria, insieme con quelle vicine, era stata edificata in un luogo dove anticamente sorgeva un cimitero. Un esperto d'arte venuto da Madrid, il professor Camon Aznar, esaminò il volto e lo descrisse come il ritratto di un uomo improvvisamente spaventato da qualcosa, che apre la bocca come per urlare. Aggiunse che era un disegno realizzato con una certa maestria.
Ma le sorprese non erano finite: fra lo sconcerto di tutti, l'espressione "dipinta" prese a modificarsi lentamente, settimana dopo settimana, come se l'urlo silenzioso stesse lentamente erompendo dalle labbra imprigionate nella pietra. Poi, sempre molto lentamente, la figura cominciò a svanire.
Nel frattempo però, un'altra faccia apparve sulla lastra, che era sempre protetta dal vetro. Poi ne apparve un'altra ed un'altra ancora. Il parapsicologo German de Argumosa descrisse il fenomeno come "un eccellente esempio di arte prodotta in modo paranormale".
Nell'arco di due anni, sulla lastra comparvero non meno di 18 volti, alcuni molto piccoli e quasi sempre di persone che urlavano. Argumosa affermò di aver assistito lui stesso il 9 aprile 1972, al lento formarsi di uno di questi volti, e la sua testimonianza venne confermata da due noti giornalisti spagnoli che erano con lui. Lo stesso Argumosa invitò un celebre parapsicologo, il professor Hans Bender del Freiburg Institute in Germania, ad assistere al fenomeno. Nel maggio 1972, dopo molte osservazioni, Bender lo confermò come assolutamente autentico, senza possibilità di trucco e aggiunse di aver notato che i volti erano descritti in modi diversi dai singoli osservatori. Da allora, molti altri parapsicologi, da tutto il mondo, hanno studiato i misteriosi volti ed alcuni hanno riferito di aver registrato sul nastro strani rumori, simili a voci soffocate, grida e singhiozzi. Alla fine del 1970 le immagini scomparvero, per riapparire circa sei mesi dopo e poi scomparire di nuovo. Nessuna spiegazione razionale del fenomeno è mai stata trovata.

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Nella valle dei morti

Nella valle dei morti sono entrato.
La mente ardeva possente, ho cantato.
Eco fischianti e arcangeli d’abisso
mi seguivan nel viaggio. Mi scortavano
fino alle ultime barriere dei mondi
esseri limpidi d’aria ed il ricordo
di saggi antichi e splendenti che un tempo,
aquile alte, guidavano il mondo.

Per un giorno ho veduto, ho contemplato il mare
dove giacciono le ancore dei velieri scomparsi.
Ho raccolto dall’albero di vita un rosso frutto,
l’ho accostato alle labbra, l’ho baciato e ho pianto.

Quando morsi, però, morsi il mio cuore:
svanì la gioia e tace il dolce canto.
Hanno chiuso i miei occhi, mi han rubato
il frutto rosso: il fanciullo è infelice.
Dalle case di pianto non sa uscire,
non vi è alcuno a sentirlo, non vi è alcuno.
In nessun luogo al mondo vi è qualcuno.

28.III.1987

   

 

 

 

 

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In questa casa (in promo piano nella foto) visse Ettore Scognamiglio, ebanista napoletano trasferitosi a Mantova nella prima decade dell'8oo. La pronuncia di Scognamiglio risentiva con forza del vernacolo d'origine: quando diceva buono, ad esempio, pronunciava quella U di buono più profonda di un pozzo, tanto che la gente mantovana si girava per strada colpita da un suono a cui non era abituata. E nelle mescite, e in bottega, e in piazza tutti gli dicevano, Ma come parli Ettore, con quella U sembra che muggisci!!! Il pover'uomo se ne fece presto una malattia. Tutti lo schernivano per la sua pronuncia, e Scognamiglio cadde in uno stato di prostrazione da cui uscì dopo un'anno, rendendo l'anima a Dio. Dopo tre mesi i mantovani incominciarono a vedere Scognamiglio nelle sembianze di un'apparizione fantasmatica. Girava per le strade di Mantova, Scognamiglio, ululando ai passanti un profondissimo Buuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuono.

 

 

                        

 
 
 

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