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La riforma uccide l'Erasmus!

Post n°24 pubblicato il 20 Dicembre 2005 da farronait
 

Il meccanismo del corso di studio, il "3+2", allontana gli universitari dall'Europa. L'indagine Almalaurea e i pareri dei responsabili negli atenei
La riforma "uccide" l'Erasmus
gli studenti non riescono a partire
di MASSIMILIANO PAPASSO



Una scena del film "L'appartamento spagnolo"
Da quando è entrato in vigore ha fatto crescere il numero delle matricole. In pochi anni ha moltiplicato l'esercito dei laureati e dimezzato quello dei fuori corso. Ma che potesse innescare la crisi dei programmi di mobilità studentesca, di certo non se lo aspettava proprio nessuno. Il meccanismo del corso di laurea 3anni+2anni sta uccidendo l'Erasmus: è questa la nuova accusa a carico della già bistrattata riforma del sistema universitario targata decreto ministeriale 509/99, e a tutti nota con la formula del 3+2.

Secondo la VII indagine AlmaLaurea sul profilo dei laureati, infatti, il numero degli studenti universitari che sceglie di passare un periodo di studio all'estero è ormai in continua diminuzione. Tutta colpa della riforma che se in teoria avrebbe dovuto avvicinare i laureati italiani ai più competitivi colleghi europei, con il passare degli anni di fatto li ha allontanati sempre di più.

Lezioni da seguire, laboratori da frequentare e un numero infinito di esami da sostenere, il tutto compresso nel tempo record di tre anni, sembrano infatti aver scalzato dalla lista delle cose da fare prima della laurea degli studenti universitari italiani la tanto cara e apprezzata esperienza all'estero. Un fenomeno registrato in quasi tutti gli atenei italiani, con l'eccezione di poche realtà "esterofile" come Bologna e Milano, e che potrebbe nei prossimi anni mettere in serio pericolo la sopravvivenza del programma di mobilità studentesca che porta il nome del celebre filosofo olandese.

I numeri della crisi. Secondo il rapporto 2005 del consorzio bolognese che monitora 140 mila studenti di 35 atenei italiani, la percentuale di neo-dottori italiani che nel 2004 (vedi la tabella) ha avuto un'esperienza di studi all'estero è stata pari all'11,3 per cento del totale. Di questi solo sette studenti su cento sono partiti con destinazione uno dei Paesi inseriti nel programma Erasmus: Spagna, Inghilterra o Francia che sia. Un anno prima questa percentuale si era attestata su un più confortante 8,3 per cento, mentre gli studenti che avevano scelto di continuare il ciclo di studi lontano dall'Italia avevano toccato quota 13,3 (vedi la tabella) . Più consistente il distacco con gli anni precedenti: nel 2001 (vedi la tabella) i ragazzi italiani che erano andati all'estero erano quasi il 19 per cento del totale, scesi poi al 16,5 (vedi la tabella) nel 2002.

Tutta colpa del 3+2. "Bologna, almeno per il momento, non è stata toccata da questa crisi - spiega Basilio Lamberti, responsabile dell'ufficio Socrates-Erasmus dell'Alma Mater -. Ogni anno quasi 1400 dei nostri studenti parte per l'estero, ma il nostro è un caso particolare. Nel resto d'Italia la quota Erasmus sta diminuendo sensibilmente a causa del 3 2. I ragazzi preferiscono laurearsi in fretta piuttosto che andare per tre o sei mesi a studiare in giro per l'Europa. Se continuerà questo trend, sarà difficile anche per noi garantire una consistente partecipazione al programma".
La nuova Casa dello Studente per universitari Erasmus a Firenze
"Con la riforma - dice Francesco Furno dell'Erasmus Student Network, l'associazione di ex studenti Erasmus con 24 sezioni in tutta Italia e migliaia di iscritti - il vero problema da superare è quello del riconoscimento dei crediti. Ogni università ha il suo sistema e succede spesso che un ragazzo italiano in Spagna superi un esame da 10 crediti che però diventa da 6 al suo ritorno. Con questo sitema non si invogliano certamente i ragazzi a partire, soprattutto adesso che gli anni per laurearsi sono veramente pochi e si deve fare tutto in fretta".

Gli studenti anti-Erasmus. Spulciando tra i dati AlmaLaurea è possibile tracciare anche una classifica degli studenti che di Erasmus non ne vogliono proprio sentir parlare. In cima alla lista ci sono i ragazzi del settore chimico-farmaceutico, seguiti da quelli di medicina, biologia e ingegneria. Decisamente più europeisti invece gli universitari impegnati in studi economici, politico-sociali e architettura, anche se il primato resta saldamente nella mani degli studenti iscritti a corsi di tipo linguistico. Tutti però sono in netta minoranza rispetto a quanto succedeva in epoca pre-riforma. Basti pensare che se con la laurea a ciclo unico aderivano al progetto Erasmus quasi 11 architetti su 100, con il varo del 3+2 non si arriva nemmeno a quota 4 (vedi la tabella) .

Il trend in Europa. E se in Italia l'Erasmus è alle corde, nel resto d'Europa l'esercito di studenti che si muove è in continua crescita. Secondo la Commissione Europea lo scorso anno i partecipanti al programma di mobilità studentesca hanno toccato quota 135 mila, con un aumento di quasi dieci punti percentuali rispetto all'anno accademico 2002/2003. La Spagna è il Paese che ha ospitato più universitari (22.000) seguita da Francia e Germania. Buona la posizione dell'Italia che ha accolto poco più di 12 mila ragazzi: moltissimi gli spagnoli (4200), i tedeschi (1700) e i francesi (1200), pochi quelli provenienti da Gran Bretagna e Portogallo che si attestano sotto quota mille. Spagna che resta in cima anche alle prefernze dei nostri studenti con 5600 ragazzi diretti nelle università di Madrid o Barcellona, mentre riscuotono scarso interesse i paesi nordici e i nuovi Stati membri dell'Unione Europea.

Più crediti per chi parte. Ma se i numeri parlano dell'inizio di una crisi, cosa si può fare per cercare di invertire la tendenza negativa degli ultimi anni. "Di certo bisognerebbe riflettere su come organizzare i cicli di studio - commenta Elke Koch-Weser, coordinatrice del programma Socrates-Erasmus all'università La Sapienza di Roma -. Alcuni atenei stanno cercando di invogliare gli studenti a partire integrando la borsa di studio messa a disposizione della Ue, ma questo non è una pratica molto diffusa. Magari prevedere l'acquisizione di crediti da parte di chi aderisce al programma può essere una soluzione praticabile. Studiare all'estero è un'esperienza formidabile, che io consiglio sempre ai miei studenti. Anche a costo di laurearsi con qualche mese di ritardo".
(31 ottobre 2005)

 
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