La tua lama indugia, giovane martire, ma una lama non prova pietà né paura: ne ha forse il tuo cuore?
La tua posa è gentile, il tuo sguardo, fermo: lo è altrettanto la tua volontà?
Cosa turba la tua vocazione? Sono forse gli sguardi della gente attorno?
Guardali, gran giustiziere di Diocleziano, nei loro occhi solo gioia dovrebbe leggersi, in questo giorno fausto, non quello smarrimento attonito.
Uccidi, nero guerriero! Ricaccia nelle profondità infernali il tuo nemico! È lì ai tuoi piedi, trascinato docile nella polvere dalla mano della bella Silene: perché non trema? Perché pare quasi rasserenarsi, nell’attimo terribile della fine?
Gli serrasti la gola perché la sua parola non ingannasse alcuno e adesso brami un suo lamento, un soffio di quell’alito infuocato che disveli ciò che la tua fede nasconde.
Improvviso, come nelle sere andate, il suo grido si udì un’ultima volta ancora:
- Finché quella striatura di pietre, paglia, ossa e sangue chiamata Selem continuerà a pesare sulla sabbia del deserto, la sua ombra colorata continuerà ad invadere arrogante il mio regno.
Colpiscimi, grande guerriero! Io, come quall’ombra adagiata sull’acqua, sono solo l’immagine di ciò che temi.
Colpiscimi! Disegna cerchi inutili nel tuo stagno, mio vincitore, poi guarda i contorni della tua paura ricomporsi intatti.
Nessun riflesso può morire finché vive il solido corpo che lo genera.
Il sangue scorreva via rosso come i tuoi capelli, come il fuoco che ti brucia dentro e non sai spegnere. Il sangue scorreva lento e piano nascondeva dietro il mantello delle palpebre, nelle iridi ormai spente, il volto tuo sgomento.
Dimmi, grande guerriero, dov’è il tuo nemico?
Buon fine settimana, madame Selene.
Una di queste, particolarmente interessante, è quella di stampo darwiniano che sovverte la scala evolutiva. Risultato di questa mia ricerca è la conclusione che non sarebbe l’uomo ad essere l’apice dell’evoluzione della specie, bensì il bonobo.
Mi spiego: è fuor di dubbio che la veloce scalata all’evoluzione da parte dei primati è stata favorita fondamentalmente da un particolare anatomico: il pollice opponibile.
Ad un certo punto, però, il ceppo originale si è diviso in una miriade di discendenze tra cui due soltanto hanno raggiunto la supremazia della specie “superiore”: l’uomo e il bonobo. Ma mentre nell’uomo il pollice si è andato via, via atrofizzando a favore di una crescente attività cerebrale, il bonobo ha saggiamente conservato l’originaria funzione di questo orpello anatomico, cioè quella di permettergli di ammazzarsi di seghe da mattina a sera e vivere felice e sereno, lasciando l’uomo al suo moncone buono giust’appena a tener fermi i nodi delle proprie pippe mentali in attesa che qualche dio ci faccia su un bel fiocco.