Creato da enca4 il 15/02/2010
PENSIERI E PAROLE
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La sindrome di DOWN non è una malattia. Le persone con la sindrome di DOWN non cercano una medicina,vogliono solo essere trattate come tutti gli altri!!!
Il 93% dei contatti non copierà questo messaggio... ma spero che tu che ora stai leggendo voglia far parte del restante 7% che metterà questo messaggio nella sua bacheca...
ENYA - MAY IT BE
LA FRASE DEL GIORNO
Si dice che fino a quando si bestemmia si è vivi e che si inizia a morire guando si pronuncia una sola parola "DIO"
anonimo
Enca4
W. Allen
NON E' CHE HO PAURA DI MORIRE.
E' CHE NON VORREI ESSERE LI'
QUANDO QUESTO SUCCEDE.
W. Allen
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CANZONE
Che giorno è
E' tutti i giorni
Amica mia
E' tutta la vita
Amore mio
Noi ci amiamo noi viviamo
noi viviamo noi ci amiamo
E non sappiamo cosa sia la vita
Cosa sia il giorno
E non sappiamo cosa sia l'amore
Jacques Prévert
I ragazzi che si amano si baciano
In piedi contro le porte della notte
I passanti che passano se li segnano a dito
Ma i ragazzi che si amano
Non ci sono per nessuno
E se qualcosa trema nella notte
Non sono loro ma la loro ombra
Per far rabbia ai passanti
Per far rabbia disprezzo invidia riso
I ragazzi che si amano non ci sono per nessuno
Sono altrove lontano più lontano della notte
Più in alto del giorno
Nella luce accecante del loro primo amore.
Jacques Prèvert
DALLA - CANZONE
N. de Chamfort
CHE COSA DIVENTA UN PRESUNTUOSO
PRIVO DELLA SUA PRESUNZIONE?
PROVATE A LEVAR LE ALI AD UNA FARFALLA:
NON RESTA CHE UN VERME.
N. de Chamfort
GLI APOSTOLI DIVENTANO RARI,
TUTTI SONO PADRETERNI
A. Karr
« HO IL DIRITTO DI ESSERE ... | DIALOGO NOTTURNO TRA ME ... » |
Mezzanotte, e il sonno non arriva. Questa notte il letto è per me una tortura. Provo a accendere di nuovo il televisore ma, oltre le ultime notizie sul così detto “scandalo Ruby (che poi sono sempre le solite, vecchie notizie), non c’è niente che possa interessarmi.
Perdo un altro po’ di tempo a rigirarmi come un ossesso tra le lenzuola. Mi alzo e mi preparo un caffè che rendo ancor più imbevibile mettendoci dentro, al posto dello zucchero, il sale.
A questo punto la misura è colma. Imprecando come un egiziano nei confronti di Mubarak, mi vesto ed esco da casa.
Il mare è un po’ agitato, com’è il mare in questa stagione, ma la notte è stupenda. Nel cielo non c’è ombra di nubi. Le stelle, tantissime stelle, aiutano lo spicchio di luna ad illuminare il cielo.
Lo scoglio dove mi sono seduto non è il massimo della comodità, ma dopo un po’, fatta l’abitudine, non mi accorgo della ruvidezza e dell’irregolarità del sedile che mi accoglie. Accendo una sigaretta, guardo distratto l’orologio. E’ l’una e mezzo di notte. Cristo Santo, potevo almeno portarmi una sciarpa da mettere intorno al collo. Fa freddo, ma non tira vento. Le mani, nelle tasche del giaccone, sono abbastanza calde. Le orecchie, invece, cominciano a gelare. Speriamo che i geloni, dei quali ho sempre sofferto da bambino, non tornino adesso che di bambino non mi è rimasto più nulla.
Vicino a me tre pescatori ridono tra loro. Raccontano di improbabili catture sapendo perfettamente che niente di quello che dicono sarà creduto dagli altri. Resto per un po’ ad osservarli e, dentro di me, a criticare il loro modo di pescare, l’esca che stanno utilizzando, le parolacce che dicono.
Mi tornano alla mente tutte le volte in cui anche io, rinunciando al sonno, ho passato ore ed ore ad aspettare l’alba, in attesa di una “toccatina” alla lenza. Le canne dei tre non si muovono. Stanno ferme come pali nella terra. Il mare sta cambiando, e quando cambia il pesce si allontana in cerca di acque più profonde.
Siamo a Febbraio e, una dietro l’altra, due stelle cadenti fanno a gara a chi arriva per prima sulla terra. Non esprimo nessun desiderio, non ne ho. Ciò che io desidero è difficile da ottenere, e allora … lasciamo perdere.
Si vedono, in lontananza, le luci di qualche peschereccio intento a ritirare le reti. Per un attimo ho avuto come un senso di invidia verso coloro che hanno scelto il mare come lavoro. Avrei voluto farlo anche io, ricordo, ma la precarietà del lavoro, e il fatto di non aver avuto al mio fianco chi avrebbe dovuto incitarmi a fare ciò che più desideravo, piuttosto che opporsi a qualsiasi mia iniziativa, a favore di uno stipendio “certo e sicuro”, che poi alla fin fine “certo e sicuro” non lo è stato mai.
Mi ricordo quando, dopo essere stato operato la prima volta, avevo deciso di trasferirmi in un piccolo centro del Gargano, a Peschici. Ero deciso a finire lì i miei giorni, tra gente cordiale, allegra, solare. In un paese dalle case bianche, abbarbicate su uno sperone di roccia. Fin dalla prima volta che lo vidi ne rimasi colpito. Poi, l’amore, la dedizione, la passione che ancora era parte integrante di me, fecero in modo che io cambiassi le mie intenzioni. Il progetto restò quello che era, un sogno che avrei dovuto, invece realizzare.
Il tempo, questa notte, sembra correre più velocemente del solito. Mi accorgo che i pescatori se ne sono andati già da un po’ di tempo. Con calma mi avvio verso il porto dove, ormai sono quasi le sei del mattino, i primi pescherecci stanno rientrando.
Mi è sempre piaciuto vedere scaricare il pesce pescato da poco. Inizia a far giorno e guardando con attenzione i volti mangiati dal sale e dalle notti passate in bianco, è facile notare quanta insoddisfazione e quanto sconforto c’è in loro. Delusione per una notte di pesca non proprio ottimale. Sconforto per una vita che avrebbero voluto essere meno pesante e più ricca di soddisfazioni. Gli occhi sono incorniciati da rughe profonde, ma gli sguardi di quegli uomini sono sguardi di persone caparbie, ostinate, dure. E la caparbietà e l’ostinazione non rende questi uomini facilmente arrendevoli. La prossima notte, come tutte le notti, saranno di nuovo in mare a calare le reti.
E’ tardi. Ho voglia di un caffè. Giù, in fondo al porto, c’è un bar aperto. Ordino e mentre bevo il mio caffè, ascolto le voci di chi mi è vicino. Gente di mare, ma anche di terra. Padri di famiglia che hanno lavorato tutta la notte, e ragazzini che tirano tardi, illudendosi, così, di essere, questa notte, cresciuti un po’ di più.
E’ la macchina che mi riporta a casa. Non mi ricordo la strada del ritorno. Per tutto il tempo del viaggio di ritorno, non ho fatto altro che pensare alle innumerevoli cose che mi hanno visto spettatore. Cose che già sapevo di conoscere, ma che, forse, questa notte ho guardato con uno sguardo diverso.
Enrico
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