Fino all'estremo
La vita è un datore di lavoro che non concede mai le ferie
Ho un approccio davvero strano alla morte, ultimamente. Morte, il nostro rapporto sta attraversando una fase critica. Credo di amarti, poi ti odio. Amarcord del periodo in cui Sanremo lo vinceva il più mentecatto a parte, siccome ogni tanto l'oscura mietitrice mi fa molta paura e passo interi pomeriggi seduta alla cassa della Coop a pensare che qualsiasi cosa mi passa tra le mani morirà (tipo: questo busto di pollo morto un giorno morirà!), ho preso la decisione di convertirmi.
Insomma. Sono indecisa. I miei lettori sono per caso a conoscenza di qualche altra mitologia più adatta alla mia delicata personalità? |
Apprendo con un certo sgomento che la Manu, mia compagna di università ultrasessantenne ma sempre fricchettona come una volta, si è iscritta alla scuola Holden. Ora. Capisco chi mi fa discorsi del tipo che è strano che un pittore studi anni e anni per diventare un artista completo mentre uno scrittore l'arte o ce l'ha o non ce l'ha. E che quindi bisognerebbe che anche quest'ultimo seguisse un suo apposito corso di studi. Al limite le scuole di scrittura possono servire agli autori che ci insegnano per vivere del proprio mestiere (dato che con l'arte e basta non si campa. La Holden l'ha fondata Baricco, uno che vende romanzi come se non ci fosse un domani. Se riusciva a farci il busco già con quelli, col cavolo che apriva la scuola di scrittura) e agli scrittori in/erba a segnalarsi e a prendere contatti nel campo dell'editoria. Però se tu, aspirante studente holdenista, hai come libro della vita l'autobiografia di Ambra del "95 e pensi che il congiuntivo sia tuo marito, rassegnati: nemmeno Baricco ci può fare niente. |
Tempo fa avevo fatto questa cosa, di andare da un ferramenta a comprare un lucchetto. Tutto questo capitava abbondantemente A.M. , avanti Moccia. Ve lo ricordate com'era il mondo prima di Moccia? Era bello, le storie d'amore si spegnevano guardando cieli bianchi bolognesi o si avviavano a ricominciare nella speranza che passasse anche quello stupido febbraio. Su muri e cartelloni di cantieri ci si allietava leggendo esternazioni quali pinocchietto mio ti amo, se non c'eri la mia vita non esistesse, nell'olimpo dei coglioni ci mettiamo Berlusconi. E tutti erano convinti che la ragazzina del quartiere bene che si innamorava del ribelle fighetto coi soldi in tasca fosse un cliché trito e ritrito che ormai pure gli shojo manga lo evitavano come la gonorrea. E allora io agguanto Barbanera e lo porto sul greto dell'Arno, lucchetto alla mano. Per far qualcosa di simbolico ugualmente. Uno, due e tre e nel fiume ci buttiamo proprio il lucchetto, sperando di non prendere in testa un canottiere di passaggio. E le chiavi le appendiamo, invece, con su scritti i nostri nomi da pirati. Bye bye, Moccia. Immagina che te lo dica come Lupin III lo diceva all'investigatore Zenigata. |
Non tiengo dinero, oh - oh -oh. E per racimolarne sto:
Insomma, ordinarie storie di precariato sulle quali si insinua, gettando un'ombra terrificante, la musica dei Righeira. |
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