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LA difficoltà nel comunicare a 360°

Post n°17 pubblicato il 19 Giugno 2008 da leonardoflamminio
Foto di leonardoflamminio

La comunicazione ha da sempre, rivestito un ruolo fondamentale nella vita interpersonale, tanto che si è spesso parlato della comunicazione come una forma di azione, consapevoli del fatto che il parlare è un’attività sociale attraverso cui gli individui stabiliscono e modificano le loro relazioni.
Il processo comunicativo si realizza all’interno del contesto sociale e consiste nella trasmissione di un messaggio attraverso l’uso di un codice e di un canale, da un emittente ad un ricevente e viceversa. La comunicazione può quindi essere intesa come quel processo tramite il quale “si dice qualcosa a qualcuno” sulla base di motivazioni probabilmente per raggiungere determinati scopi in una specifica situazione (contesto). Il termine globalizzazione non rappresenta in modo preciso la situazione attuale delle comunicazioni e dei media perché in realtà alcuni paesi, alcuni territori, alcune popolazioni partecipano ad essa, mentre altri ne rimangono ai margini e altri ancora ne sono, almeno per il momento, totalmente esclusi per ragioni economiche e culturali. Questa però rappresenta solo la fase iniziale del processo comunicativo poiché si realizza completamente solo quando il ricevente comprende il messaggio trasmesso e fornisce una risposta a colui che ha inviato il messaggio. Risulta quindi evidente che alla base della comunicazione deve esserci una volontà, comune agli attori coinvolti nel processo, finalizzata alla costruzione di un significato condiviso.
La comunicazione può essere quindi considerata a tutti gli effetti uno strumento dell’agire sociale dove è necessario considerare che: gli attori della comunicazione sono attori sociali, e come tali devono essere conosciuti per valutarne le motivazioni e gli scopi che d’altra parte vengono definiti in particolari contesti culturali.
Quando si parla di comunicazione, si pensa sempre che la cosa più importante sia sapersi esprimere, ma non è così: l’arte più sottile e preziosa è saper ascoltare e questo è vero in qualsiasi forma di comunicazione, anche se apparentemente non è un dialogo. Naturalmente, ascoltare non significa usare solo l’udito, ma capire ciò che gli altri dicono e quali sono le loro intenzioni e proprio perché non vediamo le altre persone (e non possono correggerci subito, con una parola e con un gesto, se le capiamo male) dobbiamo essere particolarmente attenti nell’ascoltare e capire.
La comunicazione ha sempre avuto un ruolo centrale nella storia degli uomini. Ovviamente è dipesa, nelle sue forme, dalle tecnologie del tempo ed è stato uno degli ambiti nei quali la modernità si è più prepotentemente manifestata.
L’obiettivo di questo excursus attraverso i secoli ed anche i millenni, attraverso i pensatori e gli autori, i filosofi ed i teorici è stato rendere noto quanto l’uomo abbia da sempre avvertito la necessità di comunicare e quanto abbia desiderato avere interlocutori sempre più lontani, temporalmente e spazialmente: dai posteri che avrebbero potuto leggerne gli scritti, fino alla ricerca di un ipotetico “quid” nell’universo.
La comunicazione, infatti, è un processo complesso, in cui entrano numerosi variabili, e non è imbrigliabile in rigide regole.
I destinatari sono diversi, ma hanno in comune il bisogno di sapere cos’è la comunicazione, comprenderne i meccanismi, acquisire delle competenze e delle abilità per comunicare in modo efficace e controllare, per quanto possibile, i processi di comunicazione in quanto tutto ciò è richiesto nel lavoro, nelle relazioni sociali, nei curricula formativi. Sapere comunicare in modo efficace è vitale, in una società che si fonda sulla comunicazione, eppure, dobbiamo ammetterlo, la maggior parte di noi non sa comunicare o comunica in modo insoddisfacente. Sbagliamo il bersaglio più frequentemente di quanto non lo raggiungiamo; restiamo perplessi e stupiti quando gli altri non riescono a capire quello che abbiamo detto o scritto; riteniamo di essere più capaci a capire gli altri che a farci capire, tuttavia non c’è motivo per sentirsi insoddisfatti o di crearsi problemi per questo: è una situazione molto comune: sembra quasi che per la nostra specie la comunicazione sia una scommessa, in cui è più probabile sbagliare che indovinare l’esito, però non è una situazione immutabile, perché si può imparare a comunicare bene e con efficacia. Si può apprendere, con risultati sorprendenti, il come, il che cosa e il quando che fanno la differenza nella comunicazione, che costituiscono lo spartiacque fra successo e insuccesso nel comunicare.
Se è vero che si può imparare a comunicare, è altrettanto vero che bisogna tenere ben presenti almeno due dati, per evitare di andare incontro a penose disillusioni. Il primo è che non si impara a comunicare con efficacia né in un giorno né in una settimana, anche partecipando a miracolistici corsi intensivi: occorrono tempo e addestramento continuo perché la comunicazione è un processo di scambio fra persone, una interazione. Se il successo del comunicare dipendesse unicamente dalle capacità di chi comunica, tutto sarebbe più facile, il fatto è che l’emittente non è solo, con i suoi schemi perfetti di comunicazione letti in qualche manuale o appresi da qualche guru; ci sono anche i destinatari del flusso di comunicazione, che reagiscono agli stimoli che ricevono, che possiedono una propria struttura cognitiva, emozionale ed esperienziale con cui interpretano quanto viene loro comunicato, che non sono, in breve, passivi ricettori e contenitori di tutto ciò che proviene dall’esterno.
Il processo di comunicazione, inoltre, non si svolge in un luogo asettico, bensì in un contesto ambientale, emotivo, conoscitivo, tecnologico che per conto suo incide anche in misura rilevante sullo svolgimento della comunicazione, su cosa e come viene trasmesso e su cosa viene decodificato. Il secondo è che nessun testo potrà mai insegnare a comunicare, sia perché si impara a comunicare con l’esperienza e non con la teoria, sia perché ogni problema di comunicazione non ha una sola ma molteplici soluzioni, tutte corrette anche se fra loro nettamente contrapposte. Tutto il campo della comunicazione, infatti, è soggetto a variazioni continue e profonde e non può che essere così, perché la comunicazione è un fatto sociale, anzi il fatto sociale per eccellenza, e quindi è strettamente legata a tutte le dinamiche e le trasformazioni sociali. Come se ciò non bastasse, è anche profondamente condizionata dagli strumenti e dalla tecnologia che ogni epoca storica ed ogni società sviluppano e applicano alla comunicazione. E’ del tutto superfluo, a questo proposito, ricordare cosa sta avvenendo in questo periodo nella comunicazione a causa, per esempio, del fantastico sviluppo delle tecnologie della comunicazione e dell’informazione, e del moltiplicarsi delle occasioni di contatto, per le più svariate ragioni commerciali, culturali, politiche, turistiche, migratorie, fra un numero crescente di persone che appartengono a culture diverse e possiedono specifici codici e modi di comunicare, Vale sempre l’avvertenza che le abilità del comunicare non sono apprese come formule matematiche e che sono efficaci se applicate con giudizio, intelligenza e, perché no, con cuore. Se non si tiene conto che la comunicazione è un tutto estremamente complesso, non una scienza esatta ma un’arte, le abilità descritte nei testi diventano un insieme di suggerimenti abbastanza privi di senso.La centratura sui bisogni del singolo fa sì che si prospetti un largo ventaglio di progetti formativi che devono prendere l'avvio dalle specifiche capacità da ciascuno acquisite assumendo un andamento flessibile in relazione sia alle esigenze che si manifestano con l'andare del tempo, sia alla necessità di cogliere al massimo le opportunità offerte dalle risorse umane e finanziarie esistenti. Ad essi farà riferimento la pedagogia del contratto, cioè motivare i giovani all'apprendimento, offrire loro una idea globale del mondo del lavoro dei suoi meccanismi e delle sue istituzioni e sviluppare la loro sicurezza, il loro spirito di iniziativa, la loro creatività affinché possano decidere ciò che vogliono fare sia a livello educativo che professionale.

 
 
 
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