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Il Pedagogista/Tecnologo oltre la "Pedagogia convenzionale"

Post n°23 pubblicato il 25 Aprile 2009 da leonardoflamminio
 
Foto di leonardoflamminio

Cosa significa essere un Pedagogista/ Tecnologo?

Il Pedagogista-Tecnologo progetta, implementa, valuta l'intero processo di apprendimento e insegnamento in termini di  specifici obiettivi, basandosi sulle ricerche nel campo dell'apprendimento e della comunicazione umana .  Per le sue ricerche utilizza un insieme di risorse umane e non umane per ottenere un insegnamento più efficace integrando specifici obiettivi formativi e progettuali

L’handicap e le nuove tecnologie: L’essere umano è fatto per la relazione, lo scambio, la comunicazione, non è autosufficiente; aspira a dare ma ha bisogno di ricevere.

La crescita personale e sociale si realizza grazie alle relazioni insieme alla capacità di ognuno.La soddisfazione o la frustrazione di questo bisogno e di questa aspirazione condizionano lo sviluppo psicologico, gli atti, i pensieri, le relazioni.

L’ambiente di appartenenza di una persona crea quel clima relazionale che permette la costruzione di un sistema di valori in una prospettiva etico-morale, all’interno della quale l’individuo può trovare risposte, aiuti  per contenere, per alleviare degli aspetti dolorosi dell’esistenza, per l’acquisizione di significati che diano un senso e uno scopo alla quotidianità.

Perciò l’uso delle tecnologie come supporto.....si inserisce nel contesto della riduzione alle disuguaglianze nell'accesso e nell'utilizzo delle tecnologie della cosiddetta "società dell'informazione". Il "Digital divide", divario, disparità, disuguaglianza digitale significano, in sostanza, la difficoltà da parte di alcune categorie sociali di usufruire di tecnologie che utilizzano una codifica dei dati di tipo digitale rispetto ad un altro tipo di codifica precedente, quella analogica.

Eliminare o comunque ridurre significativamente il "digital divide" per quelle categorie sociali, ovvero le persone con disabilità fisiche e/o sensoriali, che dall’uso delle tecnologie possono trarre grandi opportunità per la loro qualità di vita sia nella sfera privata che in quella lavorativa. Le nuove tecnologie possono consentire la comunicazione delle conoscenze a tutti gli individui.

La multimedialità, la realtà virtuale, insomma la rete.. Internet, modificano i processi di comunicazione del sapere ma anche i modi con cui si acquisiscono. La divulgazione del sapere attraverso la rete, la possibilità di interagire con il multimediale, con un mondo di immagini e volti raggiungibili, tutto ciò sta certamente cambiando le nostre vite, i nostri pensieri, il nostro modo di acquisire e di dare conoscenza.  Tutto quello che ho appena enunciato evidenzia l'importanza di integrare le conoscenze informatiche con la capacità di utilizzare la tecnologia nell'attività formativa/lavorativa di ogni singolo individuo: essere sapiente,essere agente, configurandolo aspirazioni, bisogni nel mondo”sommerso” quasi dimenticato dei disabili. Anche a loro le tecnologie hanno sconvolto in  senso positivo  un po’ la vita e le abitudini; se prima tante cose erano a loro impedite da barriere fisiche e psicologiche, oggi forse pian piano qualcosa sta cambiando: Le possibilità sono tante, molte di più che nel passato ed è giusto che del cambiamento in atto nella società cognitiva, anche loro siano protagonisti attivi. Non bisogna più classificare, specificare tra"normodotati"o “disabili”perchè la tecnologia e la sua apertura da la possibilità di interagire in modo autonomo non distinguendo il discorso sulle varie tipologie di disabilità e di handicap esistenti.

Sono convinto del fatto che la ricchezza della rete stia nelle persone che popolano le reti, e non nella potenza degli strumenti utilizzati per collegarsi. e mi ha fatto capire che la tanto acclamata "multimedialità” rischia di trasformarsi in una nuova barriera per chi non ha la possibilità di utilizzare programmi che fanno utilizzo di suoni, colori, immagini, filmati e altri effetti speciali che a noi possono sembrare tanto carini, ma che rappresentano una nuova occasione di esclusione ed emarginazione per chi non può vedere o ascoltare .

Il riconoscimento ottico dei caratteri permette di "catturare" le parole da libri o giornali e trasformarle in voce sintetizzata o in caratteri su uno "schermo" braille, in maniera da scavalcare l'handicap che nasce dalla disabilità  visiva, e facilitare in questo modo lo studio e la lettura. Viceversa, chi e' impossibilitato ad usare la penna o la tastiera, può servirsi di programmi di riconoscimento vocale per fare in modo che sia il computer a trasformare la voce in lettere e parole sullo schermo. Oggi la tecnologia, precisamente l'informatica offre moltissime possibilità di valorizzazione perle  persone disabili, che "in rete" sono difficilmente distinguibili dai cosiddetti "normodotati". Esiste tuttavia il rischio che questa possibilita' di superare la disabilita' venga trasformata in un nuovo muro tra chi puo' e chi non puo'. La tecnologia deve servire a migliorare la qualità della vita, non ad innalzare nuove barriere.Se domani si affermera' uno standard per comandare a voce i nostri computer, ecco che anche chi non puo' parlare usando la voce verra' svantaggiato (handicappato) e gli sara' impossibile esercitare come tutti il diritto di essere un cittadino. L'incoraggiamento deve essere soprattutto culturale piuttosto che economico ed assistenziale. Nelle case di molti disabili italiani ci sono gia' molti computer piu' o meno nuovi completamente inusati perche' mancano le motivazioni e l'accessibilita'. Ad un disabile non basta dare un computer, ma e' necessario che lui capisca perche' dovrebbe usarlo e come potrebbe farlo nonostante le sue menomazioni." Bisogna sempre ricordarci il secondo comma del terzo articolo della costituzione:"Tutti i cittadini hanno pari dignita' sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni sociali. Le prospettive sono, per certi versi, le stesse di tutti gli altri individui. Nel senso che per tutti c'è una maggiore possibilità di comunicazione con i rischi che questa comunicazione comporta. Proprio per la rapidità con cui avviene, a volte la comunicazione attraverso la Rete è troppo disinvolta, non è accompagnata dalla giusta riflessione, dalla giusta elaborazione. E poi c'è un problema che è latente per tutti ma si accentua quando ci troviamo di fronte ad una persona disabile. Se con la telematica le barriere dello spazio e dell'immagine vengono superate, se ne possono creare delle altre che sono dovute al fatto che, credendo di essere in contatto diretto, mandandosi messaggi molto frequenti, si rischia di non vedersi e di non incontrarsi più. Credo che l'incontro debba essere quasi sempre un incontro dei cinque sensi e i cinque sensi in una posta elettronica non sono esercitati.  Si può ridefinire pensando che ci sono sicuramente delle possibilità di ridurre l’handicap. O meglio gli handicap, mettiamolo pure al plurale, perché sono sempre più d’uno. Non si può illudere nessuno sulla riduzione del deficit perché, se il danno è irreversibile, non si può ridurre. Però la riduzione dell’handicap, consente di vivere meglio un deficit irreversibile. Il deficit è un dato di fatto, è un po’ come l'anagrafe, non ci si può togliere gli anni che si hanno. Però se un individuo è in salute, anche se è avanti con l’età, porta meglio gli anni che ha. Ritengo che l'espressione 'cultura dell’handicap' sia da completare aggiungendo 'cultura della riduzione dell'handicap'. A me piacerebbe più usare 'cultura dell'integrazione'. Però l’integrazione è già un termine che richiama le diversità. L’informatica può aiutare in questo senso. Anche se a volte l’informatica può dare l’impressione di favorire una omologazione, una riduzione delle diversità. Credo che si possa dire che l'informatica è strumento. Dipende da noi gestirla e farla diventare un ottimo strumento per ridurre gli handicap e per produrre un progetto di integrazione che rispetti e che arricchisca l'umanità nelle diversità. Le tecnologie non sono le competenze, ma sono le competenze che si rivelano attraverso le tecnologie....Internet possa consentire un maggior equilibrio tra pubblico e privato. Però un progetto di questo genere deve essere fatto dalle persone, non lo può fare Internet al posto nostro. Il web rappresenta per i disabili una grande potenzialità, attraverso cui informarsi e avere opportunità impensabili fino a dieci anni fa. Ma è anche vero che possono esistere delle barriere al pieno utilizzo delle nuove tecnologie. Se con «usabilità» si indica in modo generico la facilità di navigazione di un sito, il termine «accessibilità» si riferisce al superamento delle difficoltà che una persona con deficit può incontrare nell'uso di Internet. È chiaro che una persona non vedente pur dotato di un sintetizzatore vocale che gli legge la pagina web, di fronte a delle immagini sperimenterà difficoltà interpretative, così come un non udente si troverà a disagio di fronte a contenuti audio, sempre più frequenti sul web. Ma molti ignorano che una delle barriere più comuni è rappresentata dalla difficoltà di orientarsi in un sito e di comprendere i contenuti veicolati da Internet, indecifrabili da parte di persone che hanno un deficit cognitivo. Credo che questo sia un punto su cui c'è ancora molto da studiare. Vorrei usare una metafora che può far capire l’importanza di questo tipo di studio. Quando una persona, per esempio a causa dell'età, ha bisogno di usare una protesi acustica perché non ci sente più bene, ha bisogno anche di una educazione alla protesi. Non basta avere la protesi per ripristinare il suono che non si sente. Che succede alle persone anziane con problemi di udito? Spesso la persona che ha la protesi la prova e poi la mette nel cassetto e non la vuole usare più perché non ci sono i filtri adatti. I filtri sono appunto un’educazione all’ascolto. Infatti quando parliamo abbiamo quasi sempre un panorama sonoro che riusciamo a tenere sullo sfondo per ascoltare in primo piano la voce o il suono che vogliamo sentire. Se questo filtro, che è intenzionale e quindi frutto di educazione, salta, arrivano tutti i rumori nello stesso momento e il soggetto viene disorientato. La stessa cosa avviene con le nuove tecnologie. Con la facilità di comunicazione che abbiamo, possiamo subire una sorta di overdose di informazioni. Abbiamo una grande capacità e possibilità di comunicare tutto: quello che è importante, quello che non è importante, quello che dovrebbe essere riservato. Tutto questo ci frastorna e ci spaventa. Dobbiamo perciò fare un'operazione di educazione. Mentre per la protesi acustica è necessaria una educazione del singolo, in questo caso abbiamo una educazione sociale da fare.

 

 
 
 
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