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"Rabbia, ansia e deficit di attenzione. Quanti italiani malati di tecnostress"

Post n°1556 pubblicato il 28 Novembre 2007 da il_folletto_puck
 
Foto di il_folletto_puck

un libro l'indagine su 224 lavoratori del settore tecnologico - L'80% passa fino a dodici ore al giorno davanti al computer

Una sindrome mutuata dagli Stati Uniti.
Come uscirne? L'autore propone la sua cura: sport e discipline olistiche.

Se al lavoro perdete facilmente la concentrazione, se l'ansia è sempre dietro l'angolo, se vi sentite affaticati mentalmente, siete vittime di attacchi di panico, depressione, incubi, improvvisi guizzi di rabbia, se almeno una volta al mese prendete un giorno di ferie adducendo motivazioni improbabili, beh, allora ci sono molte probabilità che siate tecnostressati. Sono questi infatti i principali sintomi di un male, "importato" dagli Stati Uniti, al centro del libro-inchiesta del giornalista Enzo Di Frenna " Tecnostress in azienda: Mobil Work Life Management e rischio d'impresa".
Di Frenna ha condotto un'inchiesta - la prima in Italia - su un campione di 224 operatori ICT (Information and Communications Technology). A tutti, in occasione del maxi convegno "Roma Caput Media" dello scorso settembre, sono stati distribuiti dei questionari. Si trattava in media di lavoratori abituati a trascorrere dalle otto alle dodici ore al giorno davanti al computer. E gli esiti sono stati tutt'altro che confortanti. "Circa l'ottanta per cento degli intervistati - spiega Di Frenna - è risultato tecnostressato, travolto dall'overdose di tecnologia. Si tratta di persone che usano internet, pc o video oltre ogni normale livello di sopportazione. E questa è una situazione che preoccupa molto anche le aziende". Di Frenna ha inoltre rilevato che circa l'80 per cento degli intervistati considera la situazione destinata a peggiorare: "I lavoratori hanno paura di non farcela ad uscire da questo tunnel. Per questo è necessario dargli una mano".
Con questo libro il giornalista - che è anche il presidente di Netdipendenza Onlus - oltre a fotografare una situazione "drammatica" suggerisce anche ipotesi di cura, ovvero alcune soluzioni "terapeutiche" mutuate dalla sua passione per il mondo delle discipline olistiche. Il centro delle sue iniziative è il sito netdipendenza.it. E' tra le pagine di questo giornale virtuale che si sviluppa l'impegno a favore della prevenzione di videodipendenze e sindromi correlate.
Il libro-inchiesta è stato presentato nella sede dell'Unione del commercio della Provincia di Milano, in occasione del MobilWorkLife Forum 2007, appuntamento promosso da Asseprim - Associazione Servizi Professionali per le Imprese - e Wireless Italia, ente che organizza meeting imprenditoriali. Proprio l'ad della Wireless, Gianluigi Ferri, assicura che sono le stesse imprese le prime a preoccuparsi del fenomeno. "Troppo stress riduce la produttività delle aziende - spiega - e gli imprenditori questo lo sanno".
Cos'è il tecnostress. Il termine inglese "Technostress" è stato coniato dallo psicologo americano Craig Broad, autore del libro "Technostress: the uman cost of computer revolution" (letteralmente: "Il costo umano della rivoluzione dei computer", edito nel 1984 da Addison Wesley). Broad è stato il primo ad affrontare il tema dell'impatto psicologico dei nuovi strumenti tecnologici. Secondo lo studioso americano, ansia e stress sul lavoro sono provocati "dall'incapacità di gestire le moderne tecnologie informatiche". Un tema ripreso, undici anni dopo, dallo scrittore canadese Douglas Coupland, che nel libro Microservi descrive la frustrante vita quotidiana di un gruppo di programmatori di una grande azienda.
Di Frenna è quindi partito dallo studio dello psicologo Board e ne ha applicato principi e metodologia di ricerca al panorama lavorativo italiano. L'Italia, che alla totale informatizzazione è arrivata qualche anno più tardi rispetto all'America, nel 1984 ancora non conosceva i fenomeni di cui scriveva lo studioso americano. Ma in ventitrè anni le cose sono cambiate.
E così oggi anche in Italia si parla senza mezzi termini di tecnostress in termini di patologia. I sintomi sono chiari: ansia, affaticamento mentale, attacchi di panico, depressione, incubi, improvvisi guizzi di rabbia. Reazioni dovute in particolare alle difficoltà di utilizzo dei computer e dei software, da quella "incapacità gestionale" di cui oltre vent'anni prima aveva scritto lo stesso Board. "Internet - continua Di Frenna - è diventato lo strumento di informazione più potente e diffuso del mondo. E oltre alla rete oggi abbiamo il videotelefono-computer, la tv digitale e centinaia di altri oggetti ipertecnologici entrati a far parte della nostra vita quotidiana". Dal navigatore satellitare all'iPod, dagli strumenti musicali elettronici all'interattività dei giochi virtuali.
La terapia di prevenzione. Dal libro di Di Frenna arriva anche una possibile cura. "Occorre - precisa - una formazione mirata e innovativa. E, soprattutto, bisogna comprendere meglio i meccanismi di funzionamento della mente umana e l'impatto che il sovraccarico informativo può avere sulla salute". Spiega l'autore: "Sul mio blog - www.enzodifrennablog.it - segnalo altri tipi di soluzioni già praticate, soprattutto all'estero. Importante è ad esempio la meditazione, molto usata nei corsi di stress management in America, senza dimenticare l'attività sportiva, l'abitudine a pause rigeneranti e le discipline olistiche".
Per settembre 2008 è stata fissata persino una maratona di sensibilizzazione. La gara podistica, che simboleggia l'importanza dello sport nella vita di tutti per combattere il tecnostress, si svolgerà lungo il lago di Bracciano. "E non è esclusa l'organizzazione di qualche gita in montagna", aggiunge Di Frenna. Il prossimo passo, spiega Di Frenna, potrebbe essere quello di ripetere la stessa indagine tra i lavoratori degli enti pubblici. Chissà che non si scopra che loro, da sempre accusati di lavorare di meno e peggio di chi lavora nel settore privato, non siano in realtà i più tecnostressati.

( di SARA FICOCELLI - Repubblica )

 
 
 
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