Il presepe, anche nelle scuole, va fatto. Ma va anche messo al riparo da strumentalizzazioni politiche di cui non sono immuni i simboli religiosi, come anche il crocifisso. Nel dibattito sui presepi nelle scuole, oggetto anche di una interrogazione parlamentare al ministro dell’Istruzione Marco Bussetti, interviene il Vaticano tramite mons. Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova evangelizzazione, che ha inaugurato la mostra «Cento presepi». Fisichella invita a uscire dalle polemiche sui simboli religiosi ma la sua è una difesa appassionata della tradizione legata al presepe, «messaggio di pace, dialogo ed accoglienza». «Il problema - spiega - non è quello di invocare il rispetto per chi è di un’altra religione. Il problema deve essere posto se la realtà del presepio è uno di quei segni che all’umanità possono portare un messaggio che invita a lavorare tutti perché il mondo possa essere migliore». «C’è sempre il rischio che i simboli religiosi siano strumentalizzati - osserva -, lo vediamo in tutta la storia. Dobbiamo essere tutti capaci di superare la strumentalizzazione e di vedere la realtà positiva che il presepe rappresenta». «Il presepe - fa poi notare - è entrato in tutte le culture. Laddove le culture sono aperte ad accogliere un segno di bellezza, un segno di riflessione, là il presepe è sempre stato il benvenuto». Può dare fastidio a bambini di altre religioni? «Io sono convinto che anche da parte di tante persone che vivono nel nostro Paese da anni, il Natale o il presepe non sia un segno che viene rifiutato. Al contrario, è un segno che può permettere il dialogo».. Fisichella interviene anche nella discussione innescata dalle parole di un vescovo secondo cui è inutile fare il presepe se poi non siamo accoglienti con i migranti. «Non è una questione alternativa - spiega -. Non è che se si fa il presepe ci si deve dimenticare di chi è nel bisogno e che se si guarda a chi è nel bisogno allora il presepe assume un significato. Sono elementi che provocano uno ad andare verso l’altro. Il momento dell’indifferenza o del rimanere con le braccia conserte non ci appartiene».
U PR'SEPIJ DI NINUCC
Au pr'sepij di Ninucc
c stej u vov senz u ciucc,
u Bommin p nu vrazz
e na picch d pupazz.
San G'sepp e la Madonn
non g capisc qual sonn,
pcchè au pr'sepij di Ninucc
sen è sol la pch'rucc.
Quann ven u Natel
appicc u stuzz d la cannel
au Bommin jnd la grott
p nu poch d pagghj sott.
Senza re Magg, senza stell..
ma p Ninucc tutt é bell:
u Bommin p nu vrazz
e i cingh o sej pupazz
che, ques tutt senza chep,
chi sonn nsciun u sep.
Non ej u pr'sepij du Cummend,
ma Ninucc é tand cundend
che ogn ann, fnut d farl,
chjem l'amic a vs'tarl.
Pr'sepij pov'r,
uagnon flic,
e u Bommin u bn'dic.
U bn'dic chjù d tutt
s p poch pupazz rutt
— pcchè é net in puv'rtà —
trov com puterl adurà.
òòòòòòòòòòòòòòòòòòòòòòòòòòòòòòòòòò
IL PRESEPE DI NINUCCIO
Al presepe di Ninuccio cè
il bue ma non l’asinello,
Gesù Bambino con un braccio
ed un pò di pupazzi.
San Giuseppe e la Madonna
non si sa quali siano,
perchè al presepe di Ninuccio
sana è solo la pecorella.
Quando arriva Natale
accende il moccolo della candela
al Bambino nella grotta
con un pò di paglia sotto.
Senza re Magi, senza stelle
ma per Ninuccio tutto è bello:
il Bambino con un braccio
e i cinque o sei pupazzi
che, quasi tutti senza testa,
chi siano nessuno lo sa.
Non è il presepe del Convento,
ma Ninuccio è così contento
che ogni anno, finito di farlo,
chiama gli amici a visitarlo.
Presepe povero, ragazzo felice,
e Gesù lo benedice.
Lo benedice più di tutti
se con pochi pupazzi rotti
— perchè è nato in povertà —
trova il modo di adorarlo.
Da Tanineidi
Gaetano Dellisanti
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