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Fortaleza Report

Giorno dopo giorno da Fortaleza

 

 

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Fortaleza in trance

Post n°652 pubblicato il 07 Maggio 2012 da LivinginFortaleza
 

(foto Bruno Zanzottera)

Complicato il tema lo è, ma si sa, più le cose sono intricate più viene voglia di districarle..la difficoltà nel parlare dei culti afro-brasiliani sta nella loro comprensione più profonda, nel fare distinzioni fra l'una e l'altra, nel tentare un riassunto il più comprensibile possibile, senza però scendere nel semplicistico o nel banale. Mi consola il fatto che gli stessi studiosi brasiliani, gli addetti ai lavori esterni ed anche i medesimi sacerdoti/tesse abbiano  talvolta problemi a mettere tutto in ordine. Il motivo essenziale è da ricondurre al sincretismo religioso, portato qui agli estremi, per cui è prassi normale che un culto ne copi un altro, che rituali passino attraverso un processo osmotico, riducendo così ogni volta le possibilità di differenziarli. Sono religioni in continuo divenire, non dogmatiche, aperte al cambiamento, all'accoglimento di elementi nuovi, lasciate alla creatività dei singoli, culti in cui l'instabilità ha connotati positivi. A Fortaleza, oltre al Candomblè (diffusosi da Bahia in tutto il paese), troviamo culti tipicamente locali, quali il Catimbò e la Macumba, altri importati da stati vicini quali il Terecò, ed infine l'Umbanda. Un tempo praticare queste religioni- sia quelle di origine indigena che di origine africana- era  severamente vietato, poichè l'unica religione accettata era il cattolicesimo. Fu  proprio la Chiesa ad intraprendere la crociata contro quelle che erano considerate, tutte, indistintamente, forme di  magìa e stregoneria, poi ci pensò lo stato a proseguire  la persecuzione.

(foto Bruno Zanzottera)

 Se colti sul fatto, i "catimbozeiros", venivano imprigionati con l'accusa di eresia e superstizione. Per secoli tali culti vennero praticati in segreto, talvolta mascherati e mescolati con il cattolicesimo, altre volte liberamente espressi nelle forme tradizionali, ma in luoghi nascosti, in mezzo a foreste, lontano da occhi indiscreti. Sacerdotesse africane giunte in Brasile sulle navi negriere portarono con sè idoli, credenze, rituali, termini ed oggetti sacri, riproponendo nei "terreiros" brasiliani (spazi sacri) la medesima concezione della vita e della morte, il rapporto con la natura e con le divinità ancestrali, tramettendole oralmente di generazione in generazione. Un attaccamento alla religione che traduceva una possibilità di resistenza alla vita in schiavitù, una speranza di liberazione e di ricongiungimento, non solo spirituale e metaforico, ma anche fisico e reale con la propria terra, l'Africa.

 

Oxalà/Obaluaè - statuette in ceramica (collezione MAUC Fortaleza)

La particolarità di tali culti rispetto a quelli originari della madrepatria, è il loro doversi mescolarsi con altre culture, costretti ad una convivenza forzata con quella dominante dei portoghesi (cattolica) e  quella india, anch'essa, nella medesima situazione, soffocata e sottomessa.  I culti afro-brasiliani possono essere considerati una risposta creativa e propositiva ad un tentativo di annientamento culturale e religioso. Così nascono il Tambor de Mina nel Maranhao, il Candomblè a Bahia, lo Xango in Pernambuco, l'Umbanda a Rio de Janeiro, regioni, guarda caso, con un' alta concentrazione di schiavi neri. Nel Cearà la memoria collettiva africana, anche se un pò diluita rispetto ad altri stati brasiliani, esiste ed ha lasciato segni innegabili in manifestazioni culturali, quali il maracatu, il reisado, le congadas, nella lingua e nella cucina. Quantificare la presenza di schiavi africani nel Cearà è sempre stata un'impresa ardua,  le statistiche divergono fortemente e la cristallizzazione di certi miti storiografici, fissatisi poi nell'immaginario collettivo, è dura da estirpare. L'esaltazione delle azioni degli Abolizionisti e l'idea che il Cearà fosse una terra del tutto ostile alla schiavitù, ne sono un esempio.

rito umbanda

 Anche l'indentità indigena che si è tentato in tutti i modi di cancellare, ha trovato qui uno spazio per svilupparsi, riaffermarsi, rigenerarsi. Le tribù sopravvissute subirono una serie di trasformazioni : dapprima costrette alla sedentarietà nelle missioni gesuitiche, successivamente- alla chiusura di quest'ultime- si ritrovarono due scelte possibili, o accettare di inglobarsi nel sistema coloniale e trasformarsi in caboclos (ossia meticci indigeni snaturalizzati) dediti all'allevamento del bestiame, o  vagabondare nullafacenti per i territori, spogliati di tutto. In entrambi i casi ci fu una frammentazione e dispersione dei gruppi etnici, uno smembramento e perdita della propria cultura. Sia nel catimbo che nella macumba  si ritrovano molti elementi di culti indios, dall'uso di fumo-- emblematico il cacimbo, pipa rituale (adesso sostituiti da più moderni sigari e sigarette) - alle bibite sacre e non (mocororò), ora per lo più bevande alcoliche (cachaça e acquavite) ed alla venerazione di spiriti legati al bosco, all'uso di erbe e piante allucinogene, ad alberi sacri, come la jurema, presente sugli altari in forma di tronchetti sacralizzati. Tipicamente cearense è poi l'uso di alcuni strumenti musicali, quali il triangolo, il tamburo e il maracà.  

altare umbanda

Tutti residui della cosidetta pajelança, rituali operati dal curatore-sciamano. Culti che includevano anche rituali di magìa, bianca o nera (e in questo caso si parla di Quitamba), praticati lontano dalla città, nelle foreste recondite della Barra do Cearà, nella periferia ovest di Fortaleza, per sfuggire ai controlli di polizia. La situazione mutò radicalmente quando un'intraprendente sacerdotessa (mãe-de-santo), Mãe Julia, Julia Barbosa Condante, aprì il suo primo terreiro di umbanda nel 1948. Nata in Portogallo, dotata di capacità medianiche, era stata iniziata a tali pratiche a Rio de Janeiro. Rientrata a Fortaleza iniziò una lotta per mantenere viva tale identità religiosa ed evitare che venisse dimenticata. Affrontò più volte la polizia ed alla fine trovò un modo per rendere legittimo il suo culto. L' umbanda, aprendosi alle dottrine dello Spiritismo Kardecista  - cui aderivano vari politici ed autorità - riuscì a vedersi legittimata da quest'ultime. Nel 1954 apre i battenti la Federação Cearense Espirita de Umbanda che nei suoi statuti, oltre a chiarire rituali e liturgia, si proponeva come filosofia, etica e religione rivolta esclusivamente al bene. Venivano al contempo categoricamente condannate tutte le pratiche magiche, del catimbo e della quimbanda.

negozio articoli religiosi Sao Jorge - Fortaleza

Il CEU (Centro Espirita de Umbanda) nato per volere di un dissidente, Manoel Oliveira, fu un ulteriore passo in questa strategia alla ricerca di una maggiore visibilità, con la possibilità di riunirsi in spazi architettonici ben precisi, e l'apertura ad altri strati della società, alle classi medio-alte (bianche).  E' sopratutto negli anni '60 che si assiste ad  una sorta di "sbiancamento" graduale dei riti afro-brasiliani, con un graduale allontanamento da pratiche più popolari e di matrice africana, un tentativo di razionalizzare i riti ed un avvicinamento maggiore allo spiritismo. Nell'umbanda i sacerdoti-medium, evocano, durante le sessioni  rituali (giras), con canti (corimbas) e danze,  le varie divinità del loro pantheon (gli africani orixàs) ed incorporano un numero infinito di spiriti guida (caboclos).  Lo scopo è quello di risolvere problemi, curare malattie, prevenire il futuro.  

negozio articoli per riti afro-brasiliani, Fortaleza

A complicare ulteriormente le cose, il fatto di associare nella terminologia,  orixàs, santi cattolici - infatti i sacerdoti sono chiamati pais/mãe-de-santo- nomi di indios, piante, aspetto questo, tipico della macumba.  Non potendo materializzarsi, le  entità si avvalgono di una propria schiera (falange o linha) di spiriti, inviati sulla terra. Dall'esame dei nomi delle linhas, si deducono forti peculiarità regionali. Il gruppo di "caboclos" è composto da spiriti di indigeni- donne  e uomini (Iracema, Jurema,Tapinarè, Tupinambà, Tapuia ecc.) o spiriti legati all'allevamento bovino (Boiadero (Bovaro), Vaqueiro (mandriano), Boi de cara preta (bue testa nera),Vaqueiro Brabo, Vaqueiro Nobre, Chapéu de couro (cappello di cuoio) e Gibão de couro (giubba di cuoio)), figure legate al sertão nordestino. In tale curiosa ricostruzione di un pantheon a propria immagine e somiglianza, anche i caboclos Cangaceiro, Maria Bonita e Lampião, rimandano al paesaggio, ai costumi e  ai personaggi del sertão. 

Zè Pelintra

Lo spirito guida Zè Pelintra, invece, è di origine strettamente carioca. E' nel quartiere della Lapa, a Rio de Janeiro, che è nato, ed è diventato famoso grazie alla sua diffusione nel Samba-canção  degli anni '30-'40. Un "malandrino" diremmo noi, avventuriero furbo, che ama oziare, vivere di espedienti, spaccone e gran giocatore d'azzardo. Un personaggio nato come reazione al sistema del lavoro, che in Brasile per secoli si era basato sulla schiavitù, un'alternativa al lavoro forzato, un rifiuto del sistema. Inizialmente circondato da ammirazione perchè ritenuto positivo, affascinante, accattivante con quel suo modo da gigolò, il completo di lino bianco impeccabile, cravatta rossa, scarpe bicolori, cappello panama e sigaro, in seguito passerà ad essere considerato un vagabondo, un criminale, un nullafacente, un approfittatore. Uno spirito dotato di duplice aspetto, ambiguo come l'entità che spesso rappresenta, Exu.

"Pretos velhos" xilografia di Joao Pedro do Juazeiro

 Exu è una divinità fondamentale in tutte queste religioni, forza vitale, sta in ogni cosa, importante punto di comunicazione fra il divino e il terreno, fra gli uomini e le divinità, e per questo è puro e al contempo sporco, è sacro e profano, sorta di mercurio africano, nel patheon Yoruba. Procreatore e dio della fertilità, apporta benefici vitali, pratici, essenziali. E' lui che ha inventato tutti gli strumenti ed utensili della quotidianità, a lui si ricorre per fare magie e risolvere problemi materiali e spirituali. Confuso erronaemente con il diavolo - credenza questa diffusa dai missionari  e dagli schiavisti al fine di negativizzarlo - è invece un'entità positiva, però instabile, incosciente, irresponsabile. In lui gli schiavi africani vedevano un Eroe ancestrale, sinonimo di speranza di ricostruzione, di ritorno alla terra natale, di libertà, forza e resistenza e furbizia.

 

Oxossì /Xangò - statuette in ceramica (collezione MAUC Fortaleza)

Altro gruppo  di spiriti che si incarnano nei medium sono i cosiddetti "pretos velhos" (vecchi neri), spiriti di antichi schiavi neri, rappresentano la saggezza, la dolcezza, l'indulgenza e la semplicità della vecchiaia. Sono anziani, vestiti di bianco, incedono lentamente, fumano la pipa, sono chiamati affettuosamente papà, nonno, zia e mamma. Anche a costoro (Nego Gerson, Maria Redonda, Maria de Aruanda,  Pai Tomas, Maria Conga, Pai Joaquim ecc.) ci si rivolge per trovare una cura a malattie e problemi di salute. Nei centri religiosi arrivano persone di tutti i tipi, adepti e non. I sacerdoti devono essere sempre pronti a riceverli, ascoltarli ed aiutarli, non ci sono orari nè appuntamenti. Le "consulte" fanno parte del lavoro e per "trabalho" qui si intende tutto ciò che si realizza entro questi spazi, iniziazioni, evocazioni, battesimi, incorporazioni, mense rituali ed offerte, previsioni, magie. Non tutti i mediums sono uguali, ci sono quelli specializzati nel "trasporto", ossia fungono solo da corpo per gli spiriti,  gli indottrinatori, i veggenti, quelli che hanno intuizioni. Tutti "lavori" che implicano grandi dosi di energia ma anche grandi spese. Alcune divinità richiedono sacrifici di animali (per lo più bovini e caprini), banchetti rituali da preparare con determinati criteri, e tutto un armamentario di abiti ed oggetti religiosi, da ciotole a bevande, da incensi a candele, da statue a collane, per non parlare delle "insegne" (ferramentas) dei vari orixàs, in ferro o alluminio, fiori e piante, e vestiti rituali usati dai sacerdoti/ sacerdotesse quando avviene l'incorporazione dello spirito, spade, archi e frecce, strumenti musicali e chi pù ne ha più ne metta. Un arsenale di oggetti visibile in vari negozi sparsi per il centro città di Fortaleza.

Solitamente il terreiro è intitolato allo spirito guida che ne "ispirato" la fondazione, ne diventa il protettore, la sua statua -a grandezza naturale- è collocata in bella mostra dentro o fuori, come fosse un guardiano. Un salone, più o meno grande, accogli i credenti, uomini da una parte, donne dall'altra, un altare sullo sfondo e stanzette separate dedicate a particolari divinità o destinate alle consultazioni. In alcuni si fanno anche oracoli consultando le conchiglie. Nei centri di Umbanda il calendario è preordinato e fisso, con giorni dedicati ad una linha ben precisa di spiriti - e non si sgarra,  nei terreiros di macumba invece no. Le pratiche possono differire fra un terreiro e l'altro, non solo in una medesima città, ma soprattutto fra Sud e Nord Est del paese, e in taluni casi si assiste una circolarità interregionale, soprattutto fra stati nordestini (Rio Grande do Norte, Piauì e Maranhão), con scambi ed influenze reciproche nelle danze, nei vestiti, nei ritmi musicali. Non si sa esattamente quanti centri siano attivi a Fortaleza, difficile fare un censimento. Sono quei luoghi che nessuno conosce, nessuno ha mai visto, ma c'è sempre "l'amico di un amico" che lo sa. Localizzati nei quartieri più disparati, e non solo in quelli più periferici, possono anche aver luogo nei salotti di borghesi condomini, nei retrobottega,  in micro stanzette nella casa del pais/mãe-de-santo. Non c'è città e cittadina del Cearà che non ne abbia almeno uno.. 

Negli anni '70-'80, all'era dello sbiancamento è seguita una progressiva ri-africanizzazione dei culti, un ritorno alla macumba e al candomblè, con la valorizzazione e la riappropriazione di rituali più strettamente indigeni ed africani. Fenomeno questo da collegarsi al movimento per i diritti dei neri e delle tribù indigene, la cresciuta coscienza afro-brasiliana, il diffondersi in tutto il Brasile di progetti culturali, iniziative, eventi e dibattiti legati alla loro emancipazione. Adesso, anche se il preconcetto verso tali culti è molto diminuito, essi devono costantemente difendersi dagli attacchi particolarmente aggressivi delle chiese evangeliche e pentecostali che lanciano campagne diffamatorie anche on-line. Alcuni terreiros si sono organizzati e sono diventate ONG, si sono aperti alle modernità tecnologiche e fanno uso di carte di credito per le spese, computer per accedere ad informazioni, in lotta contro la concorrenza di altre religioni, visto che l'offerta del "mercato religioso" è sempre più diversificata.

 

Ogum/Oxossi, xilografie di Joao Pedro do Juazeiro 

  Dotate di gusti e preferenze, le divinità hanno lori colori specifici, oggetti rituali ed insegne, un vestiario ben preciso, caratteri e temperamento umani. Tutti comunque apprezzano le offerte, ne richiedono molte, sono assai capricciosi e vanno in sollucchero per le feste. Il carattere festivo è imprescindibile. Le stesse sessioni sono vissute innanzitutto come un omaggio allegro, danzato e cantato alla divinità, che poi tutto ciò venga fatto per chiederle qualcosa, è quasi secondario. Inoltre, è facile assistere, in un medesimo giorno, all'esaltazione della Madonna Assunta e a quella di Jemanjà, che S. Barbara venga invocata come Iansa, che S. Giorgio altri non sia che Ogum, mentre S. Sebastiano sia Oxossi e così via,  associazioni fatte per  "specializzazioni" simili fra gli uni e gli altri, potere del sincretismo. Nell'Umbanda Cearense le festività principali sono quella dei Caboclos, quella dei Pretos Velhos e quella di Jemanjà, quest'ultima, l'unica ad avere un carattere pubblico.

(foto Bruno Zanzottera)

Il 15 agosto di ogni anno si celebra, presso la Praia del Futuro, località balneare cittadina, meta  anche di tanti turisti italiani, una lunga striscia di sabbia invasa da barracas (stabilimenti balneari) fra i più famosi della città, la festa di Jemanjà, la dea del mare. E ' proprio qui fra bagnanti, curiosi, venditori ambulanti, poliziotti, ed un pubblico variegato, si celebrano le sessioni religiose, si prega, si invoca la divinità, si va in trance, si offrono consultazioni, tutti vestiti da bianco, davanti ad una statua della dea o ad una bambina vestita come se lo fosse, messa in piedi ferma immobile su un  altare o sdraiata sulla sabbia, come fosse una sirena. Al tramonto i fedeli si immergono in acqua e lì, sulla superficie increspata, si lasciano tutte le offerte.Un tempo era più sentita, più semplice forse, la zona assai meno urbanizzata e frequentata.. i bambini vestiti da angioletti o di indios con gonnellini di piume, le candele infossate nelle sabbia per non farle spegnere dal vento, stendardi e bandierine di carta per segnalare il proprio spazio, un continuo battito di tamburi, odori di fumo, frutta e fiori, bottiglie di sidro. Negli ultimi anni, visto che agosto è sempre tempo di elezioni, i politici ne approfittano per fare un giro qui, distribuiscono volantini e  simpatici sorrisi, alla ricerca, non tanto di comunione e spiritualità, quanto di tanti bei voti .. modernità che avanza e che corrompe..     

 
 
 
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