Io non lo so se ho paura, faccio fatica a respirare ma è per come mi tiene, le braccia dietro, i polsi incrociati. Metto un piede davanti all’altro strascicando l’orlo dei blue jeans, vedo la punta delle espadrillas come mi è venuto in mente di mettere espadrillas gialle e come si fa a pensare di correre con i piedi nella tela ruvida. Qualcuno cade davanti a me e inciampo. Mi tira su dai capelli, ripiglia le braccia e mi spinge come prima ma più veloce. Entriamo nella camionetta, finalmente respiro. Era il fumo, i gas, ora va meglio. Si siede davanti a me, batte con il manganello nel vetro scuro che ci divide dal celerino che guida. Partiamo. Siamo soli e di fronte. Mi viene in mente e gliela racconto la vignetta di Pazienza sul Male: nella camionetta il ragazzo e il poliziotto da soli, tutto buio, poi una luce di taglio che gli illumina gli occhi, perché non ce le diamo qua dentro, che siamo di fronte e diretti e ce la sfoghiamo tutta la cosa che sentiamo dentro e che ci fa fare quel che facciamo dalla parte in cui stiamo. Che cosa è la cosa? Chiede lei col casco alzato. La pulsione, sempre quella, quella di tutte le storie in tutta la storia. Ah, si fa lei distratta. Si avvicina, mi prende la gola, apro la bocca, ci infila la lingua. Porta il burro di cacao alla vaniglia. I compagni non ci crederanno mai.
arianna
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il 08/07/2007 alle 01:06
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il 06/07/2007 alle 11:08
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