Creato da francescozizzi il 25/05/2010

FRANCESCO ZIZZI

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Indagati i vertici di Banca Intesa per un mutuo legato ai Derivati. 15 banchieri coinvolti a Trani

Post n°455 pubblicato il 21 Gennaio 2014 da francescozizzi

(Giovanni Bazoli, Presidente cds Intesa Sanpaolo)

Il presidente del consiglio di sorveglianza di Intesa Sanpaolo, Giovanni Bazoli e l’ex amministratore delegato della banca ed ex ministro del governo Monti, Corrado Passera, sono indagati dalla procura di Trani nell’ambito di un’indagine su una serie di strumenti finanziari collocati sul mercato da Banca Intesa.

MUTUO DA CONTRATTI DERIVATI. L’inchiesta, è partita dalla denuncia di un imprenditore di Barletta ritenutosi danneggiato dalla filiale di Banca Intesa Mediocredito cui aveva chiesto un mutuo, poi rivelatosi oltremodo gravoso perché legato a cosiddetti contratti derivati. Contratti che, secondo l’accusa, avrebbero avuto natura speculativa,scommesse sui tassi, sempre sbilanciata in favore della Banca». Sotto la lente degli investigatori sono finiti i prodotti finanziari «Interest Rate Swap» (Irs) commercializzati, secondo l’accusa, in modo truffaldino a danno dell’imprenditore.

ACCUSA DI TRUFFA AGGRAVATA. Le accuse nei confronti degli indagati, a vario titolo e a seconda delle presunte rispettive responsabilità, sono truffa pluriaggravata e continuata e concorso in abusivismo finanziario continuato. I fatti contestati vanno dal 2004 al 2008. Secondo l’accusa – a Ruggiero Di Vece, titolare della ditta pugliese Euroalluminio, specializzata nella vendita di materiali per l’edilizia, furono fatti firmare prodotti finanziari gravosi, che aggravarono la sua posizione perché favorivano solo la banca. Per questo i vertici di Intesa San Paolo e della controllata Banca Caboto, ora Banca Imi, sono indagati a Trani.

Il pm inquirente, Michele Ruggiero, ha fatto notificare a 15 indagati un avviso di conclusione delle indagini in cui si contestano i reati di truffa aggravata continuata (ad alcuni funzionari) e di concorso in abusivismo finanziario. Nell’indagine sono finiti nomi noti al mondo bancario e finanziario. Secondo il pm Ruggiero – lo stesso che ha condotto le indagini sulle fluttuazione del tasso Euribor e sulle agenzie di rating – i prodotti finanziari fatti sottoscrivere dalla banca a Di Vece (riservati ad operatori “qualificati”) erano “strutturalmente inadeguati a tale funzione per la loro peculiare natura speculativa (cioè vere e proprie scommesse sui tassi), sempre sbilanciata in favore della banca”. I contratti – secondo quanto riporta la stampa locale – hanno procurato a Banca Intesa un ingiusto profitto patrimoniale stimato in oltre 100mila euro. Ai vertici della banca il magistrato contesta di essere stati “consapevoli che i contratti swap” fatti sottoscrivere all’imprenditore, erano favorevoli solo all’istituto di credito.

 
 
 

Unicredit cede il rischio a Mariner. Portafoglio prestiti in project financing, Valore 910 milioni

Post n°454 pubblicato il 21 Gennaio 2014 da francescozizzi

UniCredit ha raggiunto con Mariner Investment Group, asset manager statunitense specializzato in credito e infrastrutture, un accordo per la cessione del rischio junior/mezzanino relativo a un portafoglio del valore di 910 milioni di euro di prestiti in project finance erogati in Italia.

L’obiettivo dell’operazione è ottimizzare ulteriormente l’allocazione del capitale, in linea con la strategia perseguita di migliorare la profittabilità ponderata per il rischio. Il capitale che verrà reso disponibile a seguito dell’operazione, spiega Unicredit, sarà reimpiegato nello sviluppo di nuovo business.

Il rischio (le ‘junior credit linked notes’) è stato acquistato da due fondi gestiti da Mariner: International Infrastructure Finance Company Fund e Mariner Breakwater. L’operazione è stata strutturata da UniCredit Bank AG con la consulenza legale di Riolo Calderaro Crisostomo e Dla Piper.

Freshfields ha invece assistito gli acquirenti. ”L’operazione rappresenta una leva per rilasciare capitale a favore di nuovi prestiti – sottolinea l’istituto – una strada che UniCredit percorre, a supporto dell’economia italiana, anche tramite accordi con enti sovranazionali e pubblici che forniscono garanzie attenuando in tal modo il rischio. E’ anche la testimonianza di un accresciuto appetito degli investitori stranieri per strumenti finanziari italiani meno tradizionali”.

 
 
 

Viola (Mps) parla del derivato Alexandria

Post n°453 pubblicato il 03 Dicembre 2013 da francescozizzi

(Fabrizio Viola, Amministratore Delegato Montepaschi Siena)

E' durata tre ore e mezzo la deposizione dell'ad di Mps, Fabrizio Viola, nell'udienza di questa mattina sulla ristrutturazione del derivato Alexandria. La parte su cui si è principalmente focalizzato il dibattito ha riguardato il ritrovamento della copia originale del "mandate agreement" per la ristrutturazione del derivato sottoscritto nell'estate del 2009 da Rocca Salimbeni e Banca Nomura. Il documento era conservato nella cassaforte dell'ex direttore generale di Mps, Antonio Vigni, sotto processo per aver ostacolato l'attività di vigilanza di Banca d'Italia assieme all'ex presidente, Giuseppe Mussari, e all'ex responsabile dell'area finanza, Gianluca Baldassarri.

Il documento fu poi inviato alle autorità di vigilanza, che ignoravano la sua esistenza, mentre erano già avviate le indagini sulla gestione della banca. La ristrutturazione del derivato servì all'istituto senese, secondo l'accusa, ad occultare le perdite che avrebbero dovuto essere contabilizzate nel bilancio del 2009. La prova è proprio il mandate agreement scoperto solo nel settembre del 2012. Secondo quanto riferito oggi da Viola, sottoposto alle domande dei difensori dei tre imputati, i top manager di Mps avevano dei dubbi sull'operazione Alexandria ma non avevano prove del suo collegamento con altre operazioni di finanziamento. "C'erano dei dubbi ma l'esatta contezza della modalità di contabilizzazione l'abbiamo avuta solo dopo il ritrovamento del mandate", ha ricordato l'ad sottolineando che i costi di tale operazione, poi riammessi nel bilancio della banca, ammontarono a circa 300 milioni, una cifra che comportò l'aumento del Monti Bond da 1,5 miliardi a 2 miliardi.

Viola ha poi rimarcato che il danno è stato soprattutto reputazionale sia in seguito ai downgrade del titolo sia perché il restatement del bilancio non era atteso da nessuno. L'attuale ad ha inoltre riferito che Baldassarri ha ricevuto una buonuscita di 830 mila euro da Rocca Salimbeni e una lettera d'encomio firmata da Mussari. Per quanto riguarda i motivi che già un mese dopo il suo arrivo in banca portarono alla risoluzione del rapporto di lavoro con l'ex manager, Viola ha citato una controparte della banca che lavorava con Baldassari, Enigma sim, "che non era di elevato standing".

 
 
 

Carige vende 600 milioni di Cassa Depositi e Prestiti.

Post n°452 pubblicato il 03 Dicembre 2013 da francescozizzi

Il consiglio di amministrazione di Fondazione Carige ha deciso di non vendere nell’immediato azioni di Banca Carige per far fronte a necessità di liquidità ma di procedere prima con la vendita di 600 mila azioni di Cassa Depositi e Prestiti deliberata in una precedente riunione. Il ricavato servirà da un lato per affrontare una serie di oneri come le spese ordinarie, le tasse, gli interessi passivi, e dall’altro le erogazioni 2013 e 2014. La vendita, che dovrebbe produrre ricavi per 37-38 milioni, servirà in particolare per formare una riserva per pagare a giugno 2014 una tranche da 30 milioni del debito con Mediobanca. Confermando la delibera precedente, il Cda ha dunque modificato le modalità riguardanti la vendita di azioni di Banca Carige, che, è stato deciso, verranno vendute solo in una fase successiva e solo se sarà strettamente necessario. Prima, Fondazione potrebbe infatti vendere, se necessario, altre azioni di Cassa Depositi e Prestiti. Si è riunito anche il Consiglio di Indirizzo che ha valutato in modo positivo le scelte del Cda. Il prossimo tre dicembre nuova riunione del Cdi per l’elezione del nuovo presidente e del Cda della Fondazione.

 
 
 

Ligresti aveva dato il via alla cessione di Fonsai a Unipol. Operazione da 60 milioni di euro.

Post n°451 pubblicato il 04 Ottobre 2013 da francescozizzi

(da sinistra: Paolo,Jonella,Salvatore,Giulia Ligresti)

60 milioni di euro compresi vitalizi e benefit come l’utilizzo di ville, uso di autisti e segretarie. Così i Ligresti hanno negoziato con Mediobanca il nulla osta a Unipol per la cessione di Fonsai. Il testo, scritto su carta semplice da Jonella Ligresti, è inequivocabile sulle condizioni consegnate il 17 maggio 2012 dal padre Salvatore ad Alberto Nagel, amministratore delegato di Mediobanca. Il documento s'intitola “Accordi tra famiglia e Nagel, Pagliaro, Cimbri, Ghizzoni”, che richiama i vertici di Piazzetta Cuccia, di Unipol e Unicredit.

L’accordo prevede 45 milioni per il 30% di Premafin, ai quali vanno aggiunti gli emolumenti personali per Salvatore, Jonella, e gli altri figli, Paolo e Giulia, indicati nel papello con la iniziali del nome: «700 mila euro all’anno per cinque anni a testa». Inoltre: «J. buona uscita per la carica; G. buona uscita più consulenza in Compagnie Monegasque; P. buona uscita o dirigenza nella società svizzera; Ing. contratto con Hines». L’Ing è Salvatore Ligresti, mentre Hines è la società di Manfredi Catella, partecipata da Fonsai e prima candidata all’acquisto degli immobili delle due holding dei Ligresti in bancarotta: Imco e Sinergia.

Notevoli anche i benefit garantiti anche dopo l’uscita della famiglia da Fonsai: «Uso gratuito per cinque anni degli uffici di Milano» con «segreterie attuali, autisti attuali, foresterie Milano e Roma, auto attualmente utilizzate».

In calce al documento c’è la firma di Nagel, «per presa visione», perché «Mediobanca poteva impegnarsi solo per la consulenza alla signora Giulia Ligresti». Per l’accusa, però, si tratta di un accordo segreto per evitare l’intervento della Consob e del suo presidente Giuseppe Vegas che aveva vietato vantaggi ai Ligresti nell’ambito dell’affare. Ghizzoni, numero uno di Unicredit, si è discolpato nell’interrogatorio dell’8 marzo 2013, negando «di aver mai concluso nessun tipo di accordo» e dicendosi «estraneo a quanto riportato nel testo scritto, nonostante compaia il mio nome». Nagel invece è indagato per ostacolo alle autorità di vigilanza.

 
 
 

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