Come promesso ecco qui la prima parte del nuovo racconto...buona lettura!
Appoggiato con le spalle al quadro comando, il comune di prima classe Miceli, attendeva che da un momento all’altro arrivasse l’ordine d’assetto Charlie, l’assetto da combattimento. Quello in cui il cannone era finalmente in grado di diventare un’arma e non solo un agglomerato di metallo inanimato. Da qualche minuto il rollio della nave si era fatto più leggero e dalla sala macchine, le vibrazioni erano via via diminuite. Il caccia torpediniere Mimbelli, un’unità nuovissima, fiore all’occhiello della marina militare, navigava ora a non più di sei, sette nodi. Da quel cubo di metallo che era la camera d’accesso al cannone Oto Melara da 76 millimetri posto pochi metri sopra di lui, Miceli attendeva. Insieme al sottocapo Carta, nel pomeriggio, aveva caricato la giostrina di rifornimento con i proiettili prelevati dalla così detta Santa Barbara della nave, il deposito armi, ed ora era lì, da solo, in attesa dell’ordine. L’esercitazione prevedeva dei tiri contro costa notturni per testare i nuovi sistemi di puntamento radar, montati un mese prima, nell’arsenale di Taranto. La radio si decise ad emettere un suono e Miceli rispose.
- 32 da ADT-
- 32, avanti –
- Per esercitazione passare ad assetto charlie –
- Charlie 32 – rispose spostando la manopola del quadro verso destra.
Da subito il cannone iniziò a muoversi, guidato dall’Apparato Direzione Tiro e parve essere fatto di carta, leggero, silenzioso quasi elegante nel suo brandeggio. Felitto osservava in silenzio i vari aggiustamenti di mira che precedevano il tiro.
All’improvviso sentì alle sue spalle un ronzio ritmico, una specie di “ Zuum..Zuum…Zuum”, un rumore mai avvertito prima, si voltò. Quella specie di sibilo proveniva dalla paratia esterna proprio sotto la linea di galleggiamento. Il cannone di colpo si fermò. Era il momento. Miceli sapeva che da lì a poco si sarebbero sentiti gli spari. Si abbassò leggermente per avere una visuale migliore al di sotto della giostrina di rifornimento, poi di colpo il primo proiettile fu spinto verso l’interno. Il braccio servitore, così era chiamato una specie di mezzaluna in metallo, afferrò l’ogiva e la sospinse in alto all’interno della cupola in fibra di carbonio. Miceli senti l’otturatore chiudersi e subito dopo in una sequenza sempre più rapida i dodici colpi furono sparati. Ad ogni tiro, il locale rimbombava all’inverosimile. Poi il silenzio. L’odore di fumo era leggero ma avvertibile.
- Qual è la situazione 32? – Gracchiò la radio.
Felitto si avvicinò al cilindro metallico, controllò che i proiettili fossero terminati poi raggiunse la radio.
- Qui 32, tiro eseguito, anima libera - disse riferendosi all’anima della canna.
- Roger, passa ad assetto bravo e posizione di navigazione –
- Ricevuto, assetto bravo e posizione navigazione, passo e chiudo –
Armeggiò con i tasti che comandavano il brandeggio e l’alzo della canna, fino a che su display comparvero le coordinate esatte. Durante la navigazione, la canna doveva essere puntata all’esterno perpendicolare rispetto lo scafo.
- è andata – pensò staccando l’alimentazione al quadro comandi. Ora aveva bisogno di una sigaretta. Si avvicinò al portello, girò la leva ed uscì. Si ritrovò nello stretto corridoio dal pavimento blu. Sorrise pensando che appena di rientro al porto, avrebbe dovuto ridipingerlo nuovamente, come da consuetudine. Si diresse a sinistra, verso la prua della nave, qualche metro più avanti vi era una specie di bivio, li in quello spazio era possibile fumare senza correre il rischio di saltare in aria.
Fumò tranquillo, sedendosi sulla scaletta che portava verso il ponte esterno. Ripensò alle operazioni di tiro e si congratulò con se stesso. L’ultima volta un proiettile si era incastrato a metà dell’otturatore e dovette sudare per far riprendere il tiro.
Spense la sigaretta in un dei posacenere d’acciaio di cui tutta la nave era disseminata e fece ritorno verso la camera di lancio. Appena entrato e richiuso il portello alle sue spalle, si accorse che il sibilo che prima aveva attirato la sua attenzione c’era ancora. Si avvicinò alla paratia, vi appoggiò una mano. Niente, nessuna vibrazione a parte quella, classica, trasmessa dalla sala macchine. Eppure quel ronzio continuava, a tratti sembrava farsi più intenso. Si allontanò di qualche passo e si fermò ad osservare il pannello, cercando di individuare da quale punto avesse origine quel rumore. Fu allora che la notò. A circa un metro dalla parete che divideva il locale dalla sala radio, la paratia sembrava essersi gonfiata verso l’interno. Un bozzo di un metro e mezzo, forse più. Ma come era possibile? Si avvicinò per osservare meglio e in quell’istante tutta la paratia fu scossa, come un’onda, si sollevò improvvisamente per poi ritornare piana. Era come se tutto ad un tratto quel muro d’acciaio spesso ben sette millimetri fosse diventato di gomma. Era lì e continuava ad ondeggiare, sembrava una vela gonfiata dal vento. Il ronzio fece più intenso, le orecchie incominciavano a far male. Miceli si sentì come se mille spilli lo stessero colpendo. Cercò di allontanarsi dirigendosi verso il portello di uscita ma il corpo non rispondeva, la testa gli faceva un male cane, sentì un caldo penetrargli dentro, le vibrazioni stavano scuotendo ogni centimetro del suo corpo. Poi tutto terminò. Il locale ritornò ad essere quello che era stato pochi minuti prima. Niente faceva pensare che si fosse verificato una qualsiasi cosa. Niente, a parte il corpo del comune di prima classe Miceli a terra, ridotto ad una massa annerita e fumante, come arsa da un fuoco che non c’era stato…..
Inviato da: cp2471967
il 19/07/2021 alle 14:48
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il 30/12/2008 alle 15:14
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il 21/03/2008 alle 10:42
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il 31/12/2007 alle 09:36
Inviato da: Oniricas
il 22/10/2007 alle 13:31