Qualcuno, nella veste delle istituzioni, ha pensato di fare sottrarre il figlio appena nato alla rispettiva madre, colpevole di avere menomato il volto di un uomo con l'acido: atto gravissimo, indubbiamente, quello commesso dalla donna in questione, ma mi domando, e vorreri chiedere alla psicanalista Simonetta Bonfiglio, che afferma "se la madre provasse empatia autentica, e cioè fosse in grado di pensare ai bisogni del figlio invece che ai propri, sarebbe lei stessa a chiedere l'adottabilità immediata", cosa pensi, invece, di quelle "madri" che, col benestare di quelle stesse istituzioni, decidono di abortire il bambino nel loro ventre per poi tornare a fare le madri dei figli già presenti, oppure di quelli che successivamente potrebbero "ripresentarsi" per mutate condizioni economiche, per esempio, o per altri cento, duecento, trecento motivi? Ai bambini abortiti non si riconosce alcun "bisogno" da anteporre a quello della madre? Per i bambini che soltanto perché stanno ancora nella pancia non c'é uno psicanalista che li sostenga e li difenda e li proponga come adottabili da altri genitori? Quale "empatia autentica" riesce a rilevare la psicanalista Bonfiglio nelle madri "abortiste"?
Per casi del genere mi pento di non avere studiato "psicanalisi degli psicanalisti".
Sono invece molto più propenso ad accettare la seguente posizione di un altro professionista del settore - vedi l'articolo da cui ho preso lo spunto - http://milano.corriere.it/notizie/cronaca/15_agosto_14/nato-achille-figlio-martina-alex-coppia-diabolica-dell-acido-cb18a090-428a-11e5-ab47-312038e9e7e2.shtml?refresh_ce-cp - che sostiene che "Nel valutare la competenza e la responsabilità genitoriale, non ci si dovrebbe basare troppo sulle anomalie della condotta sociale. Capita di vedere donne con elevato tasso di sociopatia che con il figlio piccolo dimostrano una capacità di accudimento anche maggiore rispetto a mamme dalla condotta irreprensibile".
Se volessimo valutare il grado di affidabilità di tutte le madri esistenti oggi, col metodo della signora Bonfiglio, quante di queste potrebbero continuare a farlo?
Lo ammetto, sono sbigottito.
La fanno franca?
Come tu ben dici, spesso il ravvedimento può giungere col tempo, perciò, secondo la logica della psicanalista, a quella donna dovrebbe essere tolta, per il momento, la "patente" di madre fino alla futura maturazione, da valutare chissà secondo quali criteri.
Sono convinto anch'io che la sottrazione di quel neonato sia un atto di vendetta, dettato chissà da quale "sottile analisi": aggiungiamo all'elenco di "madri" assassine e di quelle abortiste, un certo numero di altre che non esitano ad imbracciare armi da guerra per combattere non si sa mai bene quale nemico - non raramente più o meno inventato - o pilotare aerei dai quali sganciare arsenali di bombe su altre madri, padri, nonni, e figli di altre madri forse molto migliori di loro. Ritengo che una distinzione fondamentale sia necessaria ragionando di queste cose: sono d'accordo con l'idea che sostiene che una madre non possa uccidere un proprio figlio, mentre una donna si; per conseguente logica, una madre non dovrebbe essere in grado di uccidere in assoluto nessuno mentre, ancora, una donna si. In questo momento non ricordo chi disse che mentre esisteranno madri che uccidono, il mondo non potrà mai meravigliarsi che esistano figli che fanno la guerra. Perciò, ribadisco che quella decisione mi sembra una semplice vendetta: una sentenza fatta espiare ad un'unica persona per colpe sociali contro le quali non si ha il coraggio di alzare la voce come converrebbe.
Grazie. :)
Riguardo al fatto di cronaca di cui parli, credo che, laddove esistano prove lampanti di un disagio come quello di cui si tratta, il legislatore non possa assolutamente esimersi dal prendere i dovuti provvedimenti.
Diverso è il discorso che riguarda situazioni simili o addirittura peggiori che, al contrario, non sono divenute pubbliche il più delle volte per una forma di omertà di familiari e/o conoscenti di donne, o uomini, implicati in atti di violenza fisica o psicologica a danno dei propri figli.
La coscienza di ognuno di noi dovrebbe essere il metro esatto con cui stabilire ogni forma di relazione e comportamento: laddove manchi, è indispensabile che venga sopperita da altri sulla base di ideologie quantomeno coerenti.
Chi rifiuta l'aborto nonché ogni forma di contraccezione, a mio avviso dovrebbe agire secondo il principio che pretende di professare e diffondere e non, come nel caso dei religiosi, praticando la forma più estrema di controllo delle nascite com'è la castità.
Personalmente non ho dubbi sul fatto che un aborto corrisponda ad un omicidio, come non ho dubbi sul fatto che molte posizioni "ufficiali" cattoliche vadano riviste per la loro inadeguatezza morale, non rispetto alla cultura contemporanea, ma dal punto di vista puramente storico: particolari indicazioni in questo senso stanno arrivando quotidianamente dalle decisioni e dal comportamento dell'attuale Papa.
Grazie, Gabri.
Il bambino dovrebbe crescere in presenza della madre, in locali adeguatamente attrezzati, dalle sembianze di un'abitazione normale, e con un appoggio esterno al carcere (una famiglia di parenti o persone scelte).
Purtroppo, qui in Italia certe cose appaiono come lussi insostenibili.
Ciao, scienziato. :)