Post n°6610 pubblicato il
15 Marzo 2018 da
simona_780car
Alla Casa dei Diritti di Milano, fino al 21 marzo con ingresso libero, per smantellare alcuni stereotipi. Primo tra tutti: l'abbigliamento può spiegare uno stupro
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"La mia amica mi disse, forse lo hai provocato tu?". E' una delle frasi esposta accanto agli abiti - fra magliette a maniche corte, un pigiama, una sciarpa fuxia - scritta da una donna vittima di violenza sessuale. 'Com'eri vestita?' è la mostra-installazione che, realizzata sulla scia dell'originaria americana, inaugurata qualche anno fa in Kansas, espone gli abiti delle sopravvissute a violenze sessuali, nata per accendere i riflettori sulla domanda che viene posta alle vittime, attribuendo loro una responsabilità nella violenza. La mostra, inaugurata alla Casa dei Diritti di Milano in via De Amicis e organizzata dal Centro antiviolenza 'Cerchi d'Acqua', è visitabile fino al 21 marzo (ingresso libero). Molto spesso alle vittime di violenza sessuale viene domandato: "Che cosa indossavi? Com'eri vestita?". Un interrogativo che contiene una sfumatura accusatoria e colpevolizzante, sottintendendo "l'essersela un po' cercata" e ribaltando l'attribuzione della responsabilità non su chi è autore di violenza sessuale, ma su chi la subisce. Cerchi d'Acqua ha voluto riadattare e sviluppare l'idea della mostra americana calandola nella realtà milanese, territorio in cui opera da molti anni, per smantellare alcuni stereotipi: primo tra tutti l'idea che l'abbigliamento possa essere una causa di violenza e che l'atteggiamento della vittima possa provocarla...