Creato da KurdyM il 22/02/2008

Giacomattanze

Diario di borgo (tipo quando scopri che i capperi non crescono in mare)

 

 

« Lupi & mannari (quandoca...Ciao, Anto' »

Poi brezza, poi vento, poi mai

Post n°31 pubblicato il 13 Giugno 2013 da KurdyM
 
Foto di KurdyM

Succedeva che ogni tanto mi addormentassi, ma era roba di secondi. Nel sonno, repentino, arrivava subito un disagio strano, tipo quell’essere trattenuti per la manica l’attimo prima di cadere nella rupe, e allora sbam, di nuovo occhi apertissimi.
Non volevo che lei mi vedesse dormire. Soccombere al sonno, per come la vedevo io, era un manifesto atto di debolezza, quasi come dire: ecco qua, mi-ti-ci sono travestito da principe azzurro, da supereroe, da condottiero di tutto un esercito ormonale che pare avresti finanche apprezzato, ma non farci il callo. Sotto sotto sono umano come gli altri. Anche qui, anche adesso. Anche dopo una notte insonne e una giornata di riunioni e core business e un esempio sui tizi di billabong che in realtà - senza Google sotto il dito, voglio dire - non ha capito nessuno.
E poi nel sonno non sei cosciente; e da incosciente, in un niente, puoi mandare a puttane tutto quel ben di dio di castello di perfezione e impareggiabilità che magari lei s’è costruita in testa. Ché ci avrà messo una vita, lei, per quella costruzione: e tu, paf, eccoci qua, magari gliela smonti subito col russare o posizionarti strambo, o peggio ancora sbavazzandoti di troppe tennent’s ingurgitate prima dell’appuntamento.
E poi, in verità, che ti volevi dormire: fuori c’era Milano. Magari meno ruspante e aggressiva di poche ore prima, ma anche in questo deserto temporaneo di colori e rumori un semplice sbattere di una portiera di smart sapeva di tutt’altro. Ci indovinavi dietro un manager sparato verso un hangar, e di lì a chiudere l’affare multimilionario a Singapore. O un musicista: di quelli veri, altro che io; magari un turnista del Vasco al fatidico appuntamento al primo autogrill per buttare giù due righe di contratto, e di fianco quell’astuccio Fender scorticato che sapeva di vintage annata ’69 o giù di lì. O uno scrittore, perché no. Uno né straricco né in miseria – ma comunque un nome stampato conosciuto ai più - uso a farsi la traversata in direzione Segrate a portare le cento cartelle trimestrali al suo editor in Mondadori. Qualche migliaio d’euro d’acconto per rimediarci i pranzi più prossimi, pagarsi gin tonic e puttane, rifare le fasce al porsche in avaria.
Milano, in quel breve tragitto smorto che va dalla notte fonda all’alba, è una tigre impallinata a narcotici per farsi il viaggio senza rischi. Dorme con un occhio solo, e il suo respiro affaticato è solo la sommatoria di quei milioni di sottorumori che di giorno passano inosservati.
Mancava mezz’ora, a quella sveglia che avevo voluto mettere per forza pur sapendo che non serviva. Mezz’ora in cui entrambi silenziosi ci dilaniavamo nella paura degli addii. Mezz’ora in cui gli sguardi erano in modalità “fotografa e sviluppa”, quattro pupille stremate a divorarsi reciprocamente ogni lembo di viso e corpo e accatastarselo in un angolo di memoria che di lì in poi avremmo tenuto nascosto e segreto più di un diario nascosto e segreto. Mezz’ora in cui, oltre l’oro tortuoso dei suoi capelli che inondava cuscino e visuale, tutto sapeva d’altro e si distorceva in un chiaroscuro vezzoso. Bolle di una penombra carnivora, affamata di un mio graduale, irrimandabile ritorno alla realtà.
E io, intanto. Io, per come segretamente l’avrei poi pensata e voluta per sempre, mi sentivo la lepre del famoso paradosso di Achille: la felicità lì a un palmo, lenta e appetibile come una tartaruga sorniona, e di mezzo uno sberleffo della logica che mi impediva di raggiungerla. Quello che avrei potuto fare, mi dissi, l’unica cosa tra il folle e il sensato che avrebbe dato colore ai prossimi risvegli, era non smettere di accarezzarla, ripassarle leggero i polpastrelli sulla schiena nuda, ridisegnare passo per passo il contorno delle scapole, il fascio teso dei dorsali, il viaggio armonioso delle vertebre dalla nuca affondata tra i boccoli al capolinea lussureggiante del fondoschiena.
Non era un semplice bisogno di toccarla: era arsura, febbre, egoismo. Era voler anteporre alle sue lacrime presenti i miei rimpianti futuri.
Io non volevo semplicemente ricordare: volevo tatuarmi la sua pelle nelle mani. Per sempre. Prima che, zittiti di passi gommosi i primi sussulti della città al risveglio, affrontato male un barman per uno scotch fuori orario, disperatomi fra i disperati sul marciapiede della metro, emigrato di solo corpo in un treno verso Malpensa, mi sentissi a vita alle spalle l’eco di quella porta chiusa.
Anche se, l’ultima volta, sarebbe stato solo per prendere le sigarette.

 
 
 
Vai alla Home Page del blog

AREA PERSONALE

 

TAG

 

ARCHIVIO MESSAGGI

 
 << Aprile 2024 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
1 2 3 4 5 6 7
8 9 10 11 12 13 14
15 16 17 18 19 20 21
22 23 24 25 26 27 28
29 30          
 
 

CERCA IN QUESTO BLOG

  Trova
 

FACEBOOK

 
 
Citazioni nei Blog Amici: 1
 

ULTIME VISITE AL BLOG

ernesto.giacominoBiLLiE_GD_JoEanmicupramarittimalubopoil_pabloStolen_wordsgryllo73latortaimperfettamarlow17psicologiaforenseLolieMiudeteriora_sequorTheArtIsJapan1pierinolapeste7makavelika
 

ULTIMI COMMENTI

Divertente, molto. Bravo ^_^
Inviato da: makavelika
il 10/08/2016 alle 11:09
 
Grazie, cara Stefania. Averti tra i miei lettori mi lusinga...
Inviato da: KurdyM
il 12/07/2013 alle 01:36
 
.. eppure, sai com'è che ci dice? "è vero amore...
Inviato da: Stefania
il 08/07/2013 alle 11:47
 
http://www.youtube.com/watch?v=hnDuQsT-JRg
Inviato da: lelizabeth
il 06/05/2010 alle 14:51
 
eggià..loro sì che ci sanno fare!
Inviato da: lelizabeth
il 05/05/2010 alle 11:41
 
 

CHI PUÒ SCRIVERE SUL BLOG

Solo l'autore può pubblicare messaggi in questo Blog e tutti possono pubblicare commenti.
 
RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963