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Justine 2.0, Il cuore è soltanto un muscolo. http://www.inkedizioni.com/
Abbandonata definitivamente l'idea di un'elevazione spirituale, prese a dondolarsi pigramente massaggiandosi le cosce. Eppure quella stanza era così piena di vita e storie, libri e fotografie. Le pareva impossibile, dopo tante esperienze, non essere ancora riuscita a risolvere la situazione e trovare duemila stramaledetti euro per pagare affitto e bollette.
Era in subbuglio. La verità era che il suo pensiero andava di continuo al Signor M. e a quell'incontro cui solo lei avrebbe potuto dare inizio, a una riconnessione voluta e invocata ma che, per un motivo che ancora non vedeva chiaramente, le faceva una gran paura.
Solo all'amica Celest aveva confessato la natura di quell'amore che sì, poteva essere definito e messo su uno scaffale preciso della libreria dei sentimenti che si chiamava "estremo", ma era pur sempre amore. E se l'aveva lasciato andare, se aveva deciso di abdicare a quel tipo di unione, una ragione c'era, ed era grossa quanto l'ombra oscura del palazzo di fronte. Perché quando si pensa al sadomaso, se ne vede solo il glamour, l'effetto ottico più trendy, le scarpe dai tacchi vertiginosi e i bustini correttivi, qualche sculacciata ben assestata e tutte quelle robe lì che solleticano la fantasia della coppia media. Ma le cose non stanno proprio così.
Quel genere di relazione - intrapresa sempre tra persone adulte e consenzienti - era, almeno in quel caso, un impegno totale che non lasciava spazio a nessuna forma di autonomia. Era un darsi completamente all'altro, che non prevedeva stanze private, né permetteva l'autoerotismo, se non controllato o orinato dal Master. Erano sogni raccontati da Justine con dovizia di particolari e che, se non avessero rispettato il volere del partner, sarebbero state passibili di dure punizioni, di notti da trascorrere legata in uno sgabuzzino, al buio, di giorni di digiuno, di water da pulire con la lingua.
Perché il sadomaso non è un gioco di sfumature ma è una chiara linea a mille metri di altezza su cui camminare in equilibrio e senza rete. Non c'è spazio alcuno per l'autonomia di pensiero e d'intenti: è unione estrema e totale, è sintonia che dura nel tempo, è dirsi tutto senza parlare.
Ogni pensiero della submissive Justine sarebbe passato al vaglio del Master, nessuna menzogna sarebbe stata tollerata e anzi, sarebbero state tutte platealmente punite: anche davanti a terzi. L'umiliazione poi, avrebbe preso forma attraverso una costante diminuzione di sé, attraverso cui il Signor M. avrebbe plasmato la compagna fino a farla diventare un'ombra, una piccola e vaga idea di donna totalmente asservita. Il gioco, il bello di questo gioco, stava proprio nel ridurre a poco a poco una donna con una personalità rara e sincera come justine. Una che nasce già servile non sarà mai amata dal Master. Il vero esperto, cerca la forza da piegare, l'esperienza da annullare, un pieno di ricordi inutili e non condivisi da cancellare.
AREA PERSONALE
L'Altoparlante
Si dice che dell'impianto hi-fi, tardi anni '70, ereditato da suo cugino, ormai più di vent'anni fa, Andrea abbia conservato un solo altoparlante: stromento idoneo alla diffusione d'intrattenenti alchimie sonore.
Sembra, però, che tale dispositivo, smarrita presto la propria attrattività, sia a lungo rimasto inoperoso, adagiato su una mensola, seducente polveri dalla stanza.
Si dice, inoltre, che due cavi elettrici pendenti dagli elettrodi dell'altoparlante, animati da una misteriosa tensione magnetica, abbiano trovato agio, di volta in volta, di collegarsi all'antenna della radio, alla presa del telefono - insolenti, capaci per sino di raggiungere il web.
Sembra che sì furbescamente intercettate voci maligne e ingiuriose, chiacchiere e commenti maliziosi, il diffusore acustico, frustrato dal lungo oblio, scuotendo l'annosa polvere dalla propria membrana, abbia cominciato a parlare; riferendogli chiacchiere e pettegolezzi, raccolti via telefono, radio e internet.
Si dice che Andrea, ascoltata la gracchiante voce del vecchio apparecchio, abbia deciso di restituire alla erratica lettura dei blogger la sintesi di tali mormorazioni.
Sembra che in Trastevere, in luogo abitato da voci poetiche, egli stesso le abbia bisbigliate, leggendole per non doverle ricordare.
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Morta parte da me
la mia voce,
per approdare alla deriva
dei sensi scolpiti
nelle candide rocce;
ove il tuo viso m'apparve,
ombra d'un sorriso sterile,
solido velario
d'una scena tragica.
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Quando l'orizzonte di riferimento non è più in ordine a ciò che è "permesso", ma in ordine a ciò che è "possibile", la domanda che si pone alle soglie del vissuto depressivo non è più: "Ho il diritto di compiere quest'azione?", ma "Sono in grado di compiere quest'azione?"
Umberto Galimberti.