Giornalista per caso

Articoli e pensieri sparsi di una mente libera...magari poco efficiente...ma libera...ho aperto questo blog per creare un contatto con chi mi legge su Il Messaggero e Tuttosport...qui trovate i miei articoli...scrivo di calcio...e sport in generale...non prendiamoci quindi troppo sul serio... P.S. Mi trovate anche su Twitter: https://twitter.com/stecar74

Creato da stefano.carina il 01/05/2009

 

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ROSSI E LUIS ENRIQUE: DUELLO SPACCA ROMA

Post n°862 pubblicato il 03 Dicembre 2011 da stefano.carina
 
Foto di stefano.carina

ROMA. Delio e Lucho: così diversi, così innamorati del calcio e per uno scherzo del destino così bravi a dividere Roma e la Roma. Già, perché non è un mistero che Rossi in estate rappresentasse il prototipo del tecnico al quale affidare l'ambizioso progetto Usa. Fosse dipeso esclusivamente dal ds Sabatini, non ci sarebbero stati dubbi: uomo di campo, bravo a lavorare con i giovani (per informazioni chiedere a Vucinic, Bojinov, Kolarov, Pandev, Ilicic e Pastore, ndc) capace di proporre un gioco offensivo ma non scriteriato, l'allenatore romagnolo avrebbe rappresentato l'optimum per il nuovo corso giallorosso. C'è però un condizionale di troppo che pesa come un macigno e che nemmeno la rivoluzione culturale che si sta cercando di introdurre a Trigoria avrebbe potuto rimuovere. Trattasi del famoso tuffo al Fontanone del Gianicolo, quando per una notte Delio emulò Anita Ekberg per una promessa fatta a Suor Paola (nota tifosa laziale, ndc) nel caso in cui la Lazio avesse vinto il derby. Il successo arrivò – addirittura per 3-0 - e Rossi non  esitò a sfoggiare in pieno inverno il suo costume, immortalato dai fotografi per «un voto ad una religiosa» come amò definirlo il tecnico riminese  «che doveva rimanere segreto». Un tuffo che nonostante le smentite che ci sono state già in estate (e probabilmente continueranno ad esserci anche in futuro) gli è costato la panchina della Roma. Perché sul suo passato laziale si poteva anche passare sopra ma su quello che la tifoseria ha considerato una sorta di dileggio, assolutamente no. E così è passata la linea di Franco Baldini, colpito da Luis Enrique «non sul piano tecnico ma dalla persona che era. Luis mi è piaciuto, l’ho adorato subito come persona – ha spiegato in passato il dg - I fatti mi hanno dato ragione. Ho bisogno dell’utopia, l’uomo ne ha bisogno, non è detto che faccia male. Come dice Luis Enrique, citando Coelho, è più importante il percorso, il cammino, che la meta. Durante quel percorso, come canta Fiorella Mannoia uno quando impara a sognare non smette più. Si vuole sempre di più».
CONFRONTI IMPARI. Su questo piano, Rossi non poteva che uscire sconfitto dal confronto con l'asturiano. Lui, riminese doc e dall'intercalare curioso, non amante delle citazioni di Coelho e propenso a volte a gaffes, proprio in tema di citazioni (memorabile l'ultima, nel giorno della presentazione alla Fiorentina: «Anche Gesù ci ha messo sette giorni per costruire il mondo»), che quando allenava a Formello si presentava in conferenza stampa con le ciabatte da doccia anziché sfoggiando un fisico da iron-man, con un passato nella Forlimpopoli, nel Cattolica e nel Foggia anziché nel Barcellona o nel Real Madrid, che quando deve annotare qualche appunto sugli allenamenti lo fa in semplici quadernoni e non sull'i-pad, sarebbe stato difficile da far accettare ad una piazza che sogna l'utopia del Barcellona. STE CAR

ARTICOLO PUBBLICATO SU TUTTOSPORT IL 03-12-11

 
 
 
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