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Erase and rewind

Post n°51 pubblicato il 11 Settembre 2005 da roberto.VI

A volte penso di scrivere un post, ma la maggior parte delle volte mi fermo, e resto a guardare il blocco notes sempre bianco che mi aspetta. E "il messaggio"? Che fine ha fatto "il messaggio"? Certo, ogni giorno c'è qualcosa che merita di essere raccontato, o almeno così dovrebbe essere, in fondo l'assunzione che fo alla mattina quando mi alzo è che vi sarà un passo verso le sorti progressiste nella vita di Roberto, vale a dire me medisimo.

Qual'è il senso di un diario? Se ci penso non saprei dare una risposta, se non quella del gesto di un pazzo, di uno schizofrenico, che si mette a scrivere lettere ad una persona che non gli risponderà mai.
Come una ragazza che scrive lettere d'amore al fidanzato in guerra, non sapendo che è morto la settimana prima per una mina sotterrata da uno sporco vietcong invasato da idee comuniste. Ma finchè non saprà la verità le sue lettere saranno tutto il senso della sua vita. La pazza invece sarà la madre, che ogni settimana andrà al cimitero, a portargli il suo messaggio in mezzo al mazzo di fiori, perchè pensa che suo figlio lo possa leggere, in qualche modo, da qualche parte.

Quindi sì, il pazzo sono io, ma più di tutti, perchè scrivo a non si sa chi, probabilmente ad un otreboR che mi immagino esista da qualche parte, ed ascolti i miei discorsi.

Stare troppo da soli fa male, lo sò, ma io non riesco a prescindere da questa condizione. Anche quando sono con gli altri, mentre sto parlando, finchè sto abbracciando un vecchio amico non riesco a vedere altro che la bocca dell'altro che ritmicamente si apre e si chiude, due palle con un iride scuro che mi fissano come inebetiti, o corpi che si scaldano a vicenda.

Tre anni fa successe qualcosa, o almeno così ho sentito dire dalla gente che mi sta attorno. Sabato 4 aprile 2002, poco dopo le una del pomeriggio. Ero contento, perchè ero riuscito a prendere il treno per poco e ritornare quindi a casa un'ora prima del previsto. Già, perchè la mattina ero stato a Padova, all'università, per un compito scritto. Quel giorno mi sentivo lucido come poche volte mi capitava, ed avevo consegnato il tema per primo, senza ricontrollarlo, con la certezza che quello scritto mi sarebbe andato bene. Una corsa fuori dalla facoltà per raggiungere la stazione "distante" da lì 20 minuti di marcia da universitario. Arrivo giusto in tempo per la partenza e salgo tutto felice, per come avevo fatto il compito, perchè ero riuscito a prendere il treno e perchè finalmente si tornava a casa e sapevo che mi aspettava il mio piatto di pasta.
Arrivo alla mia fermata, guardo il tempo fuori e vedo che non aveva smesso da tanto di piovere. Vado alla macchina, accendo la radio e giro subito la chiave, la cintura non serviva, il mio rito da pendolare dei gesti da fare nel ritorno "alla tana" non lo prevedeva.
Strada tutta dritta quella del ritorno, una lieve curva a destra, ma poi quello che rimaneva da fare era di tenere il volante fermo immobile fra le mani, con la sicurezza di non pensare ad altro visto che quella era la strada principale, visto che la precedenza sugli altri era per me.
Poi la linearità dei ricordi sparisce, si fonde nel sogno, la realtà diventa liquida, come l'acqua che copriva ancora il manto della strada. Come se avessi immerso la testa nel mare, e provassi a vedere e sentire da lì, le cose si riempiono di sfumature e si confondono a vicenda. Sterzo il volante a destra, poi a sinistra, e di nuovo a destra.. scivolo, la macchina scivola, sta pattinando sulla strada, ma continua la sua corsa, veloce, e non vuole fermarsi da quella stupida danza. Sto ballando sulla strada, che bel modo di chiudere il mio palcoscenico.

"Ciao, come stai?", "Ma.. chi sei?", "Sono tuo papà"

Il giorno dopo mi sveglio in sala di rianimazione, ho paura a chiedermi perchè ero lì, e domandarmi se ero ancora tutto intero.
"Sì, sembra che un testimone abbia visto la scena, un carroattrezzi è sbucato da uno stop senza dargli la precedenza e l'ha fatto andare fuori strada. Dopo l'incidente però non si è neanche fermato a prestargli soccorso ed è scappato via."

Non mi sono rotto niente, neanche un osso, la testa sembra a posto, anche se l'ho sbattuta sulla portiera, cercando di protegermi col braccio. La macchina è stata portata in demolizione, perchè si è scontrata su un platano. Io invece oggi sono qui che scrivo davanti ad un computer, scrivo la storia di un giorno di qualche anno fà, e di un sogno, che un po alla volta ho cercato di ricostruire e dargli un'inizio, una fine ed un senso, come tutto ciò che mi capita. Ma non sono ancora riuscito a farlo, è tutto successo così in fretta, è stato tutto così inaspettato.
Forse è stata quella la mia ultima vera emozione, forse troppo forte per poter sentire anche quelle che mi sono capitate dopo. O forse adesso sono ancora nel coma e lo cose invece sono andate diversamente. Ma se ci penso ancora un pò allora sì che diventerò veramente pazzo, sogno o realtà quello in cui mi trovo adesso, tanto che importanza ha? Anche la madre col figlio morto vive in un sogno, anche la fidanzata finchè scrive, stà spedendo un messaggio ad un sogno, solo che non lo sà, e quindi anch'io, adesso, come loro, sto scrivendo un messaggio, forse anch'io, ad un sogno, ma è l'unica cosa che mi rimane di vero.

 
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