Giulia InterrottaDiario d'emozioni vissute. |
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...Vorrei imparare a sognare serenamente...
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La foto che ho inserito nel riquadro accanto al titolo appartiene a Confusedvision, sotto licenza creative commons.
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Una poltrona vuota
per ricordarmi delle assenze.
By Iguana Jo
Licenza Creative Commons
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Camminare da sola non è mai facile.
Foto by faerie-corpse69
http://faerie-corpse69.deviantart.com/
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Io sono così. Un po' angelo. Un po' demone.
Foto by MykalBinds
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Sono giorni difficili questi. Sono giorni difficili e complicati. Perché le persone si divertono a fare del male agli altri? E dov’è finito l’eticamente lecito? Io ho sempre cercato di comportarmi bene, rispettando chi mi stava vicino, anche quando avrei dovuto ripagare l’offesa con altrettanta offesa. Papà mi diceva che ero troppo buona per stare a questo mondo. Mel mi ripeteva d’imparare a fare la cattiva se non volevo finire schiacciata da piedi impuri. Avrei dovuto ascoltarli. Avrei dovuto corazzarmi per battere i pugni contro tutte le facce stolte incontrate. Se solo fossi stata meno accomodante con Laura, se avessi evitato di ripeterle nell’arco di questi mesi di smetterla di tacere con me e di capire il motivo per cui avevo rivelato a Roberto la verità su di lei, ci saremmo potute avvicinare. Non m’illudevo di costruire un’amicizia, ma un rapporto civile credo sia qualcosa da concedere a chiunque viva sotto il tuo stesso tetto. Siamo o non siamo quasi sorelle? Siamo o non siamo tutte e due figlie? Io non potevo restare zitta mentre si faceva di droga. Ho visto morire Ele senza poter muovere un dito per salvarla. Ho calpestato il suo sangue. Sentito l’odore della morte appestare l’aria, mentre sua sorella se la stringeva al petto nella speranza di trattenerla insieme a noi. È per questo che mi è stato impossibile fare finta di niente. Continuare la mia vita indifferentemente calma. Dovevo impedirle di finire dentro a una fossa, di proseguire a ingoiare quella merda. Non mi sento in colpa. Non ce né motivo. Ma lei non se l’è mai scordato. Anzi, credo aspettasse il momento giusto per restituirmi il “favore”. Foto di grace-note |
So di peccare. So di sbagliare. So che probabilmente cammino su tizzoni ardenti. Ma anche se so non riesco a smettere di stare con entrambi. Mel è lontana adesso. Così dannatamente lontana che mi manca come il respiro quando mi trovo in ambienti troppo pieni di gente. E Federico. Federico è il mio quasi fratello. O forse ora non dovrei più chiamarlo così visto che per intere notti condividiamo lo stesso letto di nascosto dalla famiglia. Di nascosto a sguardi che potrebbero spedirmi in collegio se solo sapessero la verità. Lui non ha paura d'affrontare mamma e il suo papà. Ma parla in questo modo in nome dell'inconsapevolezza di essere l'amore della mia vita e anche l'altro. Di occupare mezzo cuore mio. Di spartire le sensazioni insieme a lei. A lei che mi scrive messaggi di forte sentimento incontrollabile. Leggo la lettera di papà quasi ogni giorno e quasi ogni giorno raccolgo possibili notizie su dove possa trovarsi. Chiedo a mamma di darmi tutti quanti i suoi messaggi ma li ha nascosti e allora devo imparare a cercare meglio dentro questo appartamento. Ci sono riuscita una volta, ci riuscirò anche la seconda. Fede mi aiuta in questa mia estenuante ricerca. La sua vicinanza mi fa pensare positivo, mi fa pensare che prima o poi riabbraccerò il mio uomo dagli occhi blu e tutta quanta la mia vita tornerà ad essere a posto. Tornerà ad essere la vita che avrebbe dovuto essere e che non è stata più. Foto di Sweet_October |
Quando si torna nella casa vecchia, quando si torna nella vecchia città, quando si torna a Tivoli, è complicato dosare le emozioni provate. Spiegare al cuore, alle orecchie, all'anima (che non ha mai sede dove stanno i battiti), alla bocca e al naso quanto si è percepito. Non appena ho messo piede là dentro, nella grande sala, con il pavimento inondato di polvere ma sempre avana, le porte bianche e le finestre con ancora appiccicati sopra i miei disegni d'improvvisata stupida pittrice, mi sono sentita svenire. Non so come spiegarlo. Quando ho fatto le valigie e sono partita ero piena di rabbia dentro perché pensavo ardentemente d'essere stata ingiustamente abbandonata da chi amavo in totalità. Ero svuotata. E per quanto fosse stato penoso allontanarsi dal mio presente e dal mio passato, in fondo al cuore forse ero un po' sollevata dal potermi ricostruire da capo. Solo che me ne sono resa conto adesso. Adesso CHE SO. Adesso che so che il mio uomo dagli occhi blu non è mai sparito spontaneamente dalla mia vita. Mamma non era d'accordo che scendessi con Federico, ma quando le ho ricordato la sua innegabile colpa, è stata zitta e non si è opposta. Neanche Roberto ha avuto più parole ignobili da sprecare. Tutto è stato avvolto da uno strano silenzio. Un silenzio che si è perpetrato fin dentro le mura di una villetta vuota. Solitaria. In ATTESA. Si. Io so che era in attesa di qualcosa. Un gesto. Una novità. Una maniera per risorgere dalle ceneri e sottrarsi all'odiosa, inaccettabile possibilità di finire negli artigli d'estranei. “Non devi dimenticare mai che in qualunque posto saremo nel mondo, io arriverò in tuo soccorso. Sarà sufficiente pronunciare il mio nome” Allora il suo nome bellissimo ha occupato tutte le ore successive. Chissà se lo sa. Foto di Trinket |
Eleonora amava molto la festa di Halloween. Anche quando in Italia non si era ancora affermata pienamente, io, lei e Mel c'incontravamo e trascorrevamo la notte insieme raccontando storie spaventose. Sembra passato un secolo da allora. Sembra passato un secolo da quando la vedevo ballare in palestra con quelle sue perfette movenze, simile a una fata su un tappeto di rose. Il tempo trascorre inesorabile e alle volte capita di cambiare, di diventare più cattivi o d'intristirsi spegnendosi come carta vecchia. Carta da buttare. Foto by Salgada |
Testa piena, pensieri vuoti. O forse è l'incontrario? Non lo so. Ho tanta rabbia dentro. Ho tanto rancore. Tanto di tutto. Ho distrutto, letteralmente distrutto, un pezzo dell'armadio, quello dove avevo scritto il nome mio e di papà, per non dimenticarlo. Non so nemmeno dove l'ho trovata la forza per farlo. So solo di aver preso un grosso martello e di averlo iniziato a picchiare forte contro l'anta fino a quando le schegge di legno non sono volate addosso a me e sul pavimento, formando una specie di stupido e inutile tappeto. Roberto ha detto furioso che non lo fa aggiustare e io neanche gli ho risposto. Io che faccio lo sciopero del silenzio. Io che non ne voglio sapere più niente di mamma, di lui, di entrambi! Bastardi bugiardi senza pudore! Non me ne frega niente di tenere la camera rotta, fosse per me avrei fatto le valigie da un pezzo e me ne sarei andata! Anzi l'avrei fatto, l'avrei proprio fatto se Federico non mi avesse trattenuta. Forse è solo per questo mio non fratello che sto ancora qui ad ascoltare milioni di stronzate e di altre invenzioni idiote. Mio padre. Mio padre che se n'era andato senza dirmi niente. Mio padre che mi manca quanto la stessa aria che non respiro. Mio padre con i suoi meravigliosi occhi blu. Mio padre. Io non ce la faccio a non piangere. Detesto lasciarmi andare così al dolore, ma non posso evitarlo. Mi sento talmente cretina. Cretina totale. L'ho sul serio odiato per quello che mi aveva fatto, per avermi abbandonata da un giorno all'altro senza dare spiegazione alcuna. Ma mi sbagliavo. Mi sbagliavo moltissimo. E io non lo sapevo. Io L'HO CAPITO SOLO POCHI GIORNI FA. Non sarei dovuta entrare in camera di mamma, ma volevo tanto mettere il suo maglione nero, così ho frugato nei cassetti. Chi se lo immaginava che al posto di quello avrei trovato la scatola. E dentro la scatola le lettere. Le lettere che il mio uomo dolcissimo ha scritto fino all'anno scorso per raccontarmi di lui, come faceva quando abitavamo insieme. Lettere di un padre a sua figlia. Lettere di un padre che PROMETTEVA a sua figlia di portarla via con sè appena le condizioni economiche gli avrebbero permesso di farlo. Lettere MAI RECAPITATE. Persino quando lasciò la nostra Tivoli non lo fece nel silenzio. Come ho potuto pensare che potesse essere capace di un simile atto di vigliaccheria? Mi diceva sempre ogni cosa. Sempre. Sempre. Se allora tacque mettendolo per iscritto fu solo perchè le parole gli erano morte nella gola per la sofferenza. La sofferenza di doversene andare. Questo era stato stabilito dalla legge. Questo doveva fare. La bambina sta con la madre. Il padre la vedrà nei fine settimana. Ma lui non sopportava di dover quantificare le ore da passare con me. Ecco perchè si trasferì. Per trovarsi un lavoro più decente di quello perso, farsi una posizione e prendermi con sè. Con sè. Con sè. Non lo sto sognando. Ce l'ha impresso nero su bianco su quei fogli un pò ingialliti. "Giulia, aspettami. Verrò a prenderti e torneremo a stare insieme". Non so se il giudice gli avrebbe mai dato il mio affidamento, però anche se lo negava, adesso ci sarei potuta stare perchè sono maggiorenne. In cinque anni ha tentato, credo disperatamente da quanto ho intuito, di entrare in comunicazione con me. Ha persino mandato una cartolina a Roberto dove gli chiedeva di farmi rispondere al telefono, di dargli il mio cellulare, i suoi messaggi. Ma nessuno di loro lo ha mai accontentato. Nessuno di loro si è degnato d'ascoltarlo. E ora non so dove sia. Le ultime notizie comunicavano che stava a Torino. Ma risalgono a un anno fa. Quando ho domandato spiegazioni mia madre si è limitata a sostenere che l'ha fatto per il mio bene, perchè voleva proteggermi, perchè era un fallito e mi avrebbe trascinata nel fango. Ma l'unico fango in cui annaspo è quello in cui sono adesso. Foto by UKtara |
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