ROMA CAPVT MVNDI

Forse non tutti sanno che la prima squadra italiana a vincere un trofeo europeo fu l'A.S.Roma: l'11 ottobre 1961 Giacomo Losi alza sotto il cielo di Roma e di fronte a 50'000 spettatori la Coppa delle Fiere a seguito del 2-0 nella finale di ritorno contro il Birminghan City, (reti di Farmer [autogol] e Pestrin [andata 2-2, doppietta di Manfredini]). La storia siamo noi, onore alla magica Roma! Questi gli "undici" che in quel glorioso giorno scrissero la storia: Cudicini, Fontana, Corsini, Pestrin, Losi, Carpanesi, Orlando, Lojacono, Manfredini, Angelillo, Menichelli. Onore a loro ed alla loro gloria immortale! Facendo mie le parole del compianto presidente Dino Viola, aggiungo questa frase, che ogni tifoso, per il fatto stesso di onorare questa maglia, deve portare dentro di se, nel calcio così come nella vita: "La Roma non ha mai pianto e mai piangerà: perché piange il debole, i forti non piangono mai"

 

FRANCO SENSI


 

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Il dito e la luna

Post n°164 pubblicato il 01 Ottobre 2010 da giulian.82

Quella del dito e della luna è la classica metafora che si utilizza quando si vuole usare il concetto in cui si rende partecipe l'interlocutore del fatto che spesso ci si concentra su cose insignificanti (il dito) e non si vedono quelle più palesi (la luna) solamente perchè si osservano le cose da un punto di vista non consono. Il problema però non risiede tanto nel fatto che non si riesca a vedere una cosa enorme e luminosa come la luna, quanto piuttosto nel fatto che ci si domanda se si metta di proposito il dito.

Perchè questo preambolo? Perchè a volte, quando cerco di essere distaccato ed oggettivo, cerco di pormi delle domande che non abbiano necessariamente una risposta retorica, e nel farlo, in totale ed assoluta buona fede, chiedo a me stesso se le persone "ci siano", ed allora quel dito proprio non riescono a scansarlo, o "ci facciano", ed allora quel dito ce lo mettono apposta.Il dito in questione è il deferimento per Rosella Sensi e l'A.S.Roma in seguito alle dichiarazioni del Presidente rilasciate dopo Brescia-Roma nei confronti dell'arbitro Russo e dei suoi collaboratori (in particolar modo Ayroldi). In particolare, se andiamo a leggere le motivazioni di questo provvedimento, notiamo è stato preso “per avere espresso, nel corso di dichiarazioni pubblicate da organi di informazione, giudizi e rilievi lesivi della reputazione della classe arbitrale, in particolare del sig. Carmine Russo, arbitro della gara Brescia – Roma, disputatasi il 22.09.2010 e delle Istituzioni Federali nel loro complesso nonché per aver adombrato dubbi sull’imparzialità e sulla buona fede degli ufficiali di gara e sulla regolarità del campionato a causa dell’operato degli arbitri". Che nel Paese e nel suo sistema calcio ci sia qualcosa che proprio non quadra, è più che evidente, e quasi non vorrei mettermi di nuovo qui ad elencare quanto accaduto ed ancora oggi accade, però è quantomeno paradossale, che in Italia esistano più pesi e più misure, anche se va riconosciuto che tali pesi e tali misure sono coerentemente usate ad  hoc, non tanto contro il fatto che si contravviene ad un regolamento, quanto piuttosto contro "chi" lo fa. Così facendo decade il principio su cui si basa la parola giustizia, ovvero che la legge sia uguale per tutti, ed allora, tanto vale alzare le mani, riconoscere che le parole su cui si basa la democrazia di questo Stato con l'andare del tempo si sono indebolite e svuotate, e vivacchiare evitando di arrabbiarsi per i torti e le ingiustizie, e divenendo parte del sistema piuttosto che continuare a combatterlo.
Per dirne una su tutte, perchè continuare ad indignarsi quando un ministro della Repubblica Italiana può dare del porco a me ed a tutti i cittadini romani e non succede nulla, mentre se Totti da un calcio in una partita di pallone a Balotelli interviene il Presidente della Repubblica?

Il giorno in cui queste ingiustizie non mi faranno più bollire il sangue e come molti già fanno, farò spallucce e smetterò di indignarmi, avrò perso io ma avremo perso tutti, perchè parafrasando una delle frasi più celebri del film "In nome del popolo sovrano" di Luigi Magni, la verità è una ed indiscutibile:

"...il servo che non si ribella è peggio del padrone che lo comanda..."

 

Giuliano Quattrini

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