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« Freddo a luglio.Sogno. »

Un uomo buono?

Post n°146 pubblicato il 19 Febbraio 2012 da gizzoragno
Foto di gizzoragno

Carico, trabocco di immagini ogni pomeriggio, contengo a malapena questi colori. Non dimentico quello che è stato finora, lo porto dentro, ogni pomeriggio lontano da te. Mi hanno detto che c'è bisogno di raccoglimento, per riuscire a scrivere, e forse è proprio così, o forse basta volerlo, come mangiare, come tutte la altre cose della vita. E mentre ascolto questa pioggia, e leggo le tue righe, resto indeciso, tra la paura per domani, l'incoscienza che salva questo presente ancora da cicala, e gli altri sentimenti da formica che mettono ordine al mio tempo, lo scandiscono un mattone sopra l'altro. Un mese che non corro, settimane che ci penso. Prima questa neve, questo freddo a ricordarci di quanto ancora siamo ridicoli, poi un raffreddore, poi un ritmo che cambia... adesso sono pronto, smetto di guardare fuori, mi vesto e vado.

Forse è così che dovrebbe essere.

Si passa buona parte della vita a prepararci, senza semplicemente partire. Non importa se sei allenato, vai col tuo passo. La distanza che copri la mangi solo così. E in tutto questo andare ancora mi meraviglio di un mare sotto i miei occhi, ogni mattina, anche se fugace e inavvicinabile. E immagino una barca, la mia, più semplice e spensierata al timone sotto la mia mano. E immagino che fare di tutto questo cuore, oltre che metterlo tutto intorno a me, anche al lavoro.

Ogni volta che aiuto concretamente mi sento un poco più pieno. In culo a tutti i divieti, in barba a tutti i terrori sparsi come tagliole intorno alla vita di ogni uomo di buona volontà.

Cerco parole, ascolto parole, continuamente, per placare la ricerca di un senso che sfugge come sabbia nelle mie mani.

Anche ora che scrivo, ripenso a tutti coloro le cui parole mi sono entrate dentro, mi hanno toccato, punto, solleticato, fatto male fino alla nausea. E li ringrazio, per quello che mi hanno dato.

Non è finita qui.

Una voce mi conduce all'altra, senza fine.

Questo ho visto non è cambiato mai, questo non lascio, neppure adesso, che mi spalmo sul divano di una comodità cercata fortemente.

Questa esigenza per me è al pari di mangiare, è una fame, laica, di spirito. Continuo a vagare, insisto a cercare anche, se posso, di fronte ad un raffreddore, o ad una sbucciatura, o all'instillazione di qualche goccia di collirio.

Mi bastano un sorriso, o occhi grati, e sono grato anche io per il lavoro che ho scelto.

Questo ho trovato, questo porto a casa. Il resto serve a gonfiare petto e spalle per tirare via le palle dalle mischie della vita.

E tutto quanto è sempre li, singhiozza accanto a te quando penso ai bambini, al domani.

Mi chiedo se già adesso resta un buon odore, di me, come uomo.

Mi chiedo se sono onesto fino in fondo da essere così presuntuoso di essere un uomo buono.

Oppure se sono proprio ridicolo solo per averlo pensato.

Mi chiedo se il dolore mio e del mondo in realtà non impesti già la mia pelle. Se, in fondo, le mie stanze chiuse sono tali perchè ora la vita è finalmente comoda.

Perciò mi faccio le mie domande, perciò guardo a quelli che si sono mescolati, a lungo, nei casini del tempo, nelle guerre, nei problemi. Spero di scoprire un giorno se sono una macchina che ricicla i rifiuti per restituire una piccola sfera migliore, intorno.

Intanto camminando accarezzo le porte chiuse, anzi accostate, per ricordare a loro che io sono qui, e a me che la mia casa la vivo tutta.

E lascio questa pioggia cadere, lascio che righi le mie guance.

 

 
 
 
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