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« Di pagare le mie rate.Questo è il momento. »

Di un piccolo mondo che invecchia.

Post n°139 pubblicato il 25 Febbraio 2010 da gizzoragno

 Sono cose come la mia prima chitarra, rimasta sola senza il suo re, con il manico venato, silenziosa e paziente, in serate di metà settimana che mi riportano li con voi. E' la mia prima amata chitarra, naturalmente niente di eccezionale, solo uno dei miei primi investimenti verso una piccola felicità personale fatta di spazi privati ed emozioni traboccanti.

Che non chiede nulla.

Se la vedo così mi vengono le lacrime agli occhi.

Gli oggetti che ci appartengono sono in qualche modo memoria di noi, Contengono tracce di chi siamo stati, raccontano la nostra storia, a tratti.

Guido la mia macchina da quasi undici anni, metto in fila le memorie per sommi capitoli, e mi impressiona pensare a quanta vita è legata anche a lei.

Mi ha portato dappertutto. Se ci penso provo una vertigine.

Se penso a tutti i centoquarantamila chilometri che ci ho fatto, con ogni tempo, in ogni condizione meteorologica, fisica, spirituale, economica, sentimentale non mi sembra vero di poter essere ancora li dentro, a respirare l'aria dell'abitacolo della mia vita così piena di ricordi.

I miei fumetti, la mia piccola collezione incastrata dentro le celle della libreria della mia camera, davanti a me, che racconta di pomeriggi dopo la scuola a tornare dal campetto dei preti e a leggere sul letto, e di affetto sincero per quegli eroi di carta, per i loro guai di inchiostro. Anche loro con me, con i miei pensieri di quegli anni a ridere e studiare e mangiare e giocare.

Il mio vecchio stereo, con tutta la collezione di cassette dei Queen, con mio padre, una sua frase dolcissima buttata là mi aveva confermato che erano sicuramente quattro tipi simpatici. E l'immagine di me e lui a frugare tra gli scaffali del negozio di musica del quartiere, con quell'odore di strumenti musicali, legno, lacche, moquette.

Imparando l'amore, il rispetto e la devozione per la musica.

I miei libri, quelli già letti, e quelli sopravvissuti agli scambi o rimasti intonsi e tristi ad ingiallire dopo anni di soggiorno e disinteresse, Li, sdraiati e pigiati, come confezioni dentro un armadio di medicinali che quando lo guardi ricordi a quale scatola associare una sensazione, un problema, un sorriso.

Un dolore.

Il mio gatto, bianco come sempre, vispo e antipatico dalla nascita, che corre, mangia e ci manda poi affanculo gratuitamente perchè in fondo lui è sempre un persiano, ed è bene che ce lo ricordiamo, noialtri. Se lo può permettere, In qualche modo si è sempre preso questo diritto.

La mia stanza che ascolta le parole dette, che raccoglie le frasi di tutta la mia vita, scambiate tra noi.

Che senso ha tutta questa tristezza che sento?

Perchè sento un movimento di lacrime che sale quando vi scrivo di queste sensazioni come parlassi di un mondo che invecchia e che io, oggi, da qui vedo con quale velocità orrenda lo sta facendo?

Perchè non riesco ad usare altri occhi per vivere e riempirmi di gioia stasera che siamo stati insieme, invece di sentirmi in colpa e terrorizzato per il tempo che passa e per il naturale epilogo di ogni cosa?
Invecchio pure io evidentemente, ma i vantaggi della senescenza ancora non mi appartengono.

Rimango solo con le mie paure, con l'ansia di guardare se camminate ancora bene. Tra una risata e l'altra cerco di sbirciare le vostre movenze, cerco tracce di un allarme, anche minimo.

Registro con apprensione ogni rallentamento eventuale, ogni sguardo non luminoso, ogni incertezza nella voce.

E annoto.

E scrivo il mio diario di appunti, e non vi racconto nulla, perchè questa malattia è solo mia. Perchè questa distanza fisica ci appartiene come la lunghezza delle nostre braccia: non ci possiamo fare nulla, siamo sempre stati legati ma non come un pacchetto di mischia di rugby.

Forse è per questo che non ci vediamo così spesso, questo moto di ricordi oggi è finalmente nitido, e praticamente insopportabile. Devo cominciare a gestirlo, allontanare il panico.

Siamo alla svolta.

Non più noia e fastidio per i limiti di una casa in disordine, per gli orari tardi dei pasti, per l'odore vago di chiuso.

Oggi mi resta il terrore di guardare tutti insieme quali carte tirerà su il destino per noi, e soprattutto di come le giocherò, queste vostre carte.

Oggi mi chiedo quanto tempo riuscirò a star seduto al vostro tavolino, e se sono intanto pronto, a sedermi per giocare. Prima di aver detto proprio tutto, alzarci, uscire.

E salutarci.

 

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Commenti al Post:
gilio2
gilio2 il 10/03/10 alle 22:04 via WEB
Ho tardato,non ho scritto,oggi lo faccio perchè parlarne emoziona,e finiamo per non farlo. I tasti del pc,prendono un potere unico di "nascondiglio esposto palesemente"..è un bel compromesso,e mi espongo mantenedo i sentimenti al riparo. .."di un piccolo mondo che invecchia,o i ricordi di una vita che invecchia",chiamalo come vuoi se devi usare la parola invecchiare,è paura di tutti noi.Piu la viviamo,piu la facciamo vicina. Cio che vedo,è un amore incondizionato tra un genitore ed il figlio proprio.ed è quello che và consumato con gioia oggi come fai stasera,e ben sai fare.Accarezza i ricordi,ma non dare piu spazio di cio che realmente abbiano.guarda il domani,ma lascia che venga da se,come verrò io da te. P.s:passa da me..buonanotte. G2
 
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