Gocce di Vita

gocce di vita, frammenti di pensieri...

 

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A un amico rimasto solo

Post n°72 pubblicato il 22 Luglio 2007 da azazel63

Sapevi da tempo che sarebbe accaduto
chiuso nel dolore non capivi,
non hai mai capito
come potesse lei affrontare tanta sofferenza
non capivi, ma non hai mollato
sei stato sempre li', vicino a lei.

Stretto nella morsa di fantasmi sconosciuti
atterrito dalla prospettiva
di un futuro interrotto,
troppo scuro e insondabile
da accettare.

E ora che lei ha deciso per tutti e due
ti senti svuotato, impotente
ma non sentirti colpevole.

Tu sei riuscito a starle accanto
anche quando chiunque sarebbe fuggito via
le hai fatto sentire l'amore
il calore e l'affetto sincero.

E l'hai accompagnata fino all'ultima porta
che separa la sofferenza dall'eternita'.

Ti senti solo ora, ma non lo sei
se giri lo sguardo intorno
oltre le lacrime e il dolore
troverai sempre qualcuno che ti ascolta
qualcuno che ti stima e che capisce
quando un uomo e' un uomo.

Al mio amico G. che non leggera' queste righe, ma mi avra' al suo fianco.

M.

 
 
 

Guarda verso me...

Post n°71 pubblicato il 19 Luglio 2007 da azazel63

fai in modo
che la vedetta del tuo cuore
non scelga un ramo troppo alto

fai in modo
di poterla sempre sentire
quando ti avvertira'

fai in modo
che i suoi richiami
ti giungano nitidi e chiari

e se vuoi
quando il momento e' quello giusto
dille di guardare verso la mia direzione

e non ti stupirai
di aver sempre saputo
quanto ero vicino

M.

[video] John Lennon, look at me (1970)

 
 
 

Because you are gorgeous...

Post n°70 pubblicato il 18 Luglio 2007 da azazel63


... Because you're gorgeous I'd do anything for you.
Because you're gorgeous our love will see us through.
Because you're gorgeous I'd do anything for you.
Because you're gorgeous I know you'll get me through...

(babybird, 1997) [VIDEO]


 
 
 

Parole perdute

Post n°69 pubblicato il 17 Luglio 2007 da azazel63

[VIDEO]

Ho perso le parole
eppure ce le avevo qua un attimo fa,
dovevo dire cose
cose che sai,
che ti dovevo
che ti dovrei.
Ho perso le parole
può darsi che abbia perso solo le mie bugie,
si son nascoste bene
forse però,
semplicemente
non eran mie.

Credi
credici un po'
metti insieme un cuore e prova a sentire e dopo
credi
credici un po' di più di più davvero.

Ho perso le parole
e vorrei che ti bastasse solo quello che ho,
io mi farò capire
anche da te,
se ascolti bene se ascolti un po'.
Sei bella che fai male
sei bella che si balla solo come vuoi tu
non servono parole
so che lo sai
le mie parole non servon più.

Credi
credici un po' sei su radiofreccia guardati in faccia e dopo
credi
credici un po' di più di più davvero.

Ho perso le parole
oppure sono loro che perdono me,
io so che dovrei dire
cose che sa,
che ti dovevo, che ti dovrei.
Ma ho perso le parole
che bello se bastasse solo quello che ho,
mi posso far capire
anche da te,
se ascolti bene
se ascolti un po'.

Credi
credici un po'
metti insieme un cuore e prova a sentire e dopo
credi
credici un po' di più di più davvero.
Credi
credici un po' sei su radiofreccia guardati in faccia e dopo
credi
credici un po' di più di più davvero.

(Ligabue)

 
 
 

Autostrada deserta...

Post n°68 pubblicato il 15 Luglio 2007 da azazel63

[video]

Lo squillo del cellulare poggiato sul sedile del passeggero lo scosse dal torpore leggermente ipnotico in cui si era rifugiato negli ultimi dieci secondi... focalizzo' la sua attenzione verso il volante e la strada superando la distrazione momentanea. Ma mantenne sul volto il sorriso quasi malinconico che era affiorato poco prima.
Si era distratto su quel tratto di autostrada che, da anni, quotidianamente percorreva per raggiungere il suo posto di lavoro. Era facile annoiarsi, su quel breve ma monotono nastro d'asfalto che aveva sopportato migliaia di volte le sue ruote roventi. E proprio per non annoiarsi, lui si era creato degli schemi codificati da seguire per rimanere in sintonia con la strada... sapeva dove si trovavano le piazzole di sosta, le colonnine d'emergenza, la stazione di servizio, le indicazioni per la prossima uscita, il casotto dell'autovelox ormai in disuso... e sfogliando questa sequenza di dettagli, arrivava alla sua uscita puntuale e senza sbavature.
Ma quel giorno era stato distratto da un bizzarro, anomalo dettaglio.
Nel vasto campo di grano ormai mietuto che costeggiava la carreggiata, c'era una macchina... stranamente ferma in pieno sole, proprio li' in mezzo. E dentro quella macchina aveva visto molto chiaramente, con quasi quaranta gradi all'ombra, una coppia di ragazzi che facevano l'amore! Ma quanto ci si deve amare, quanto... per farlo in macchina sotto il sole di luglio? Questo pensava, quando prese il cellulare.
Sbircio' il numero che lo stava chiamando e rispose, con la giusta impostazione professionale che richiedeva la circostanza. 
Parlando al telefono, mentre si lasciava alle spalle il campo di grano mietuto, l'automobile al sole e i due ragazzi abbracciati, gli capito' di imbattersi nel suo stesso sguardo, attraverso il retrovisore. Inspiegabilmente... i suoi occhi gli sembrarono pervasi di nostalgia e rimpianto.

 M. 

 
 
 

Africa

Post n°67 pubblicato il 15 Luglio 2007 da azazel63

Risentita stasera, dopo tanto tempo....

I hear the drums echoing tonight
But she hears only whispers of some quiet conversation
She's coming in twelve-thirty flight
Her moonlit wings reflect the stars that guide me towards salvation
I stopped an old man along the way
Hoping to find some old forgotten words or ancient melodies
He turned to me as if to say: "Hurry boy, it's waiting there for you"

It's gonna take a lot to drag me away from you
There's nothing that a hundred men or more could ever do
I bless the rains down in Africa
Gonna take some time to do the things we never had

The wild dogs cry out in the night
As they grow restless longing for some solitary company
I know that I must do what's right
Sure as Kilimanjaro rises like Olympus above the Serengeti
I seek to cure what's deep inside, frightened of this thing that I've become

Hurry boy, she's waiting there for you

(Toto) [video]

 
 
 

No Words

Post n°66 pubblicato il 12 Luglio 2007 da azazel63

 
 
 

Dentro Marilyn

Post n°65 pubblicato il 11 Luglio 2007 da azazel63

Una bellissima canzone degli Afterhours, che ho avuto modo di ascoltare anche in una versione cantata da Mina.

Lei è qua, falsità come, radioattività
Che mentre c'è da osare
Uccide lo spettacolo carnale
E l'anima brucia più di quanto illumini
Ma è un addestramento mentre attendo

Che io m'accorga che so respirare
Che sei il mio sovversivo
Mio sovversivo amore
Non c'è torto o ragione
E' il naturale processo di eliminazione

Forse se, forse se, porta ad esitare
Io vengo dall'errore, uno solo
Del tutto inadatto al volo
E anche se vedo il buio, così chiaramente
Io penso la bugia affascinante

E non mi accorgo che so respirare
Che sei il mio sovversivo
Mio sovversivo amore
Non c'è torto o ragione
E' il naturale processo di eliminazione

Lei è qua, lei è qua come, radioattività
Che mentre c'è da osare,
Uccide lo spettacolo carnale
Cinque pianeti, tutti nel tuo segno
Il fallimento è un grembo e io ti attendo

Mentre ti scordi che puoi respirare
Che sono il sovversivo
Tuo sovversivo amore
Non c'è torto o ragione
E' il naturale processo di eliminazione

 
 
 

Dolori senza nome

Post n°64 pubblicato il 11 Luglio 2007 da azazel63

Esistono dolori senza nome.

Li riconosci da lontano
girano la testa
quando si sentono osservati.

Li riconosci dal colore
scuro, ma sbiadito.

Li riconosci
dalla voce troppo alta
mentre negano
la loro esistenza
o, spesso,
dal loro silenzio infinito.

Li riconosci dall'odore
cosi' fragrante di ricordi perduti

E se sei fortunato
e se riesci a sostenerne lo sguardo
li riconosci dal viso
perche' e' il tuo.

M.


 
 
 

Walk with me like lovers do

Post n°63 pubblicato il 10 Luglio 2007 da azazel63

Here comes the rain again
Falling on my head like a memory
Falling on my head like a new emotion
I want to walk in the open wind
I want to talk like lovers do
I want to dive into your ocean
Is it raining with you

So baby talk to me
Like lovers do
Walk with me
Like lovers do
Talk to me
Like lovers do

Here comes the rain again
Raining in my head like a tragedy
Tearing me apart like a new emotion
Oooooh
I want to breathe in the open wind
I want to kiss like lovers do
I want to dive into your ocean
Is it raining with you

So baby talk to me
Like lovers do

Here comes the rain again
Falling on my head like a memory
Falling on my head like a new emotion
(here it comes again, here it comes again)
I want to walk in the open wind
I want to talk like lovers do
I want dive into your ocean
Is it raining with you
(Eurythmics) [VIDEO]
...

 
 
 

La ballata delle madri

Post n°62 pubblicato il 09 Luglio 2007 da azazel63

Mi domando che madri avete avuto.
Se ora vi vedessero al lavoro
in un mondo a loro sconosciuto,
presi in un giro mai compiuto
d'esperienze così diverse dalle loro,
che sguardo avrebbero negli occhi?
Se fossero lì, mentre voi scrivete
il vostro pezzo, conformisti e barocchi,
o lo passate, a redattori rotti
a ogni compromesso, capirebbero chi siete?
 
Madri vili, con nel viso il timore
antico, quello che come un male
deforma i lineamenti in un biancore
che li annebbia, li allontana dal cuore,
li chiude nel vecchio rifiuto morale.
Madri vili, poverine, preoccupate
che i figli conoscano la viltà
per chiedere un posto, per essere pratici,
per non offendere anime privilegiate,
per difendersi da ogni pietà.
 
Madri mediocri, che hanno imparato
con umiltà di bambine, di noi,
un unico, nudo significato,
con anime in cui il mondo è dannato
a non dare né dolore né gioia.
Madri mediocri, che non hanno avuto
per voi mai una parola d'amore,
se non d'un amore sordidamente muto
di bestia, e in esso v'hanno cresciuto,
impotenti ai reali richiami del cuore.
 
Madri servili, abituate da secoli
a chinare senza amore la testa,
a trasmettere al loro feto
l'antico, vergognoso segreto
d'accontentarsi dei resti della festa.
Madri servili, che vi hanno insegnato
come il servo può essere felice
odiando chi è, come lui, legato,
come può essere, tradendo, beato,
e sicuro, facendo ciò che non dice.
 
Madri feroci, intente a difendere
quel poco che, borghesi, possiedono,
la normalità e lo stipendio,
quasi con rabbia di chi si vendichi
o sia stretto da un assurdo assedio.
Madri feroci, che vi hanno detto:
Sopravvivete! Pensate a voi!
Non provate mai pietà o rispetto
per nessuno, covate nel petto
la vostra integrità di avvoltoi!
 
Ecco, vili, mediocri, servi,
feroci, le vostre povere madri!
Che non hanno vergogna a sapervi
- nel vostro odio - addirittura superbi,
se non è questa che una valle di lacrime.
E' così che vi appartiene questo mondo:
fatti fratelli nelle opposte passioni,
o le patrie nemiche, dal rifiuto profondo
a essere diversi: a rispondere
del selvaggio dolore di esser uomini.

 
 
 

Le "MIE" cinque manie.

Post n°61 pubblicato il 06 Luglio 2007 da azazel63

Il ciclone Bippy mi ha coinvolto in questo gioco al massacro, e solo la mia smisurata tolleranza mi ha impedito di sottrarmi ad esso.

Enuncero' qui' di seguito le mie piccole cinque manie, come da regolarmento depositato presso l'ideatrice dell'iniziativa!

1)  Quando salgo in automobile, prima di allacciarmi la cintura devo necessariamente assumere DUE  gomme da masticare, che tengo sotto il bracciolo. (una e' troppo poco... il problema e' che compro confezioni da 75 confetti e l'ultima dose e' sempre dimezata)

2) quando mi faccio la barba ho la tendenza a rivolgermi domande esistenziali, alle quali difficilmente sono in grado di rispondere. Dovrei togliermi il saluto, ma sono l'unica persona che stimo veramente, quindi...

3) Davanti alla televisione, non sono fisicamente in grado di guardare un film se non posso vederlo dal principio. Se perdo  l'inizio rinuncio a vederlo! ( sarebbe come leggere Dante partendo dal IV canto del purgatorio!) 

4) Difficilmente accetto di essere passeggero quando mi sposto con gli amici, preferisco sempre essere io a portare gli altri, a costo di faticare di piu'. E non e' per  paura o mancanza di fiducia, ma amo avere il controllo dei miei spostamenti. Strano? Per me no!

5) non riesco a "buttare" qualcosa se solo penso ad una remotissima possibilita' di averne bisogno in futuro. Questo contribuisce a rendere il casotto in giardino la succursale del rigattiere piu' grande di Roma.

 

Dopo questo outing, spero che qualcuno segua il mio esempio e si apra alla comunita'.

:))

Regolamento: il primo giocatore di questo gioco inizia il suo messaggio con il titolo "cinque tue strane abitudini", e le persone che sono invitate a scrivere un messaggio sul loro blog a proposito delle loro strane abitudini devono anche indicare chiaramente questo regolamento. Alla fine dovrete scegliere 5 nuove persone da indicare e linkare il loro blog non dimenticate di lasciare un commento nel loro blog "sei stato scelto" (se accettano commenti) e ditegli di leggere il vostro....

 

 
 
 

Tommasino

Post n°60 pubblicato il 09 Febbraio 2007 da azazel63

 Quando era piccolo, a volte i suoi compagni di scuola lo prendevano in giro, dicendo che era senza madre. Ma apparentemente lui non ne soffriva, si girava a guardare il cielo e sorrideva, con una luce particolare nel viso, quasi sognante.
Tommasino era stato un bambino mite, tutti in paese lo conoscevano. Anche mentre ancora andava a scuola, in quell'Italia dell primo dopoguerra quando la vita era davvero dura, come raccontano i vecchi... era un bimbo timido e gentile, con quei suoi capelli neri e crespi, gli occhi grandi e vivaci che scoprivano i misteri del mondo. E la maestra, la signorina Maria era sempre paziente e disponibile, sorrideva sempre quando spiegava. Tommasino la ricordava sempre cosi', sorridente e bellissima, con quei suoi nastri colorati tra i capelli e la gonna lunga, austera, la camicetta immacolata. Era incuriosito dal cielo, voleva sapere tutto sulle stelle, la luna.. le comete.
A scuola ci ando' poco, purtroppo, come molti bambini di quel tempo. Nonna Elisa era andata via, gli avevano detto. Nonna Elisa, che era stata tutta la sua famiglia, che lo aveva cresciuto da quando era in fasce. Lui, bambino, non capiva il perche'. Si ricordava delle discussioni tra paesani. Il parroco, il signor sindaco... tutte quelle persone che parlavano fitto. Cercavano una soluzione ad un problema troppo grande da capire, troppo difficile... troppo difficile...
In realta' Nonna Elisa non era la sua vera nonna, ma a lui questo non importava. Lo aveva trovato una famiglia di sfollati, dopo una notte di bombardamenti incessanti. Era avvolto in un fagotto lurido che doveva essere stato un lenzuolo, in mezzo alle macerie di un casolare distrutto dalle cannonate Americane. Erano brutti giorni, allora gli Alleati ercavano di colpire le postazioni Tedesche di Monte Cassino. E lui era nudo, magro e spaventato con le braccine sporche illuminate dai primi raggi di sole... e piangeva, piangeva forte con gli occhi spalancati verso il cielo...
Della sua famiglia non rimaneva nulla, niente nome, niente provenienza... solo poveri stracci intorno a corpi straziati e sangue che impregnava il terreno torturato.
Nessuno chiede di nascere, succede e basta. Nessuno, uomo o animale che sia vorrebbe mai nascere se solo fosse consapevole del dolore che lo aspetta.
Nasciamo tutti piangendo, dicono i vecchi. Ma il pianto di Tommasino era qualcosa di piu' profondo, che graffiava l'anima di chi lo ascoltava. Si percepivano la paura e l'impotenza racchiuse nelle grida di quella creaturina sfortunata. "Povero figlio", dicevano tutti... "senza nessuno che possa occuparsi di lui".
Era stato allora che Nonna Elisa l'aveva preso in braccio per la prima volta, e non l'aveva piu' lasciato. Nonna Elisa, che aveva perso i suoi due figli in Albania. Lo accolse come fosse suo, gli dono' l'amore che poteva, l'amore che solo una madre e' in grado di dare. Lo porto' nella sua casetta, appena fuori del paese. Niente di che, una piccola stalla rabberciata e ripulita alla meglio all'ombra di una piccola collina, ma per quei tempi di terrore e tormento era piu' di una reggia. Lo curo', giorno dopo giorno, finche' quel pianto disperato divenne solo un richiamo d'attenzione, subito seguito da enormi sorrisi quando la vedeva. L'amore, la migliore medicina del mondo.
Lei non si curava delle chiacchiere del paese sul suo bambino “strano” che guardava il cielo. I dottori, quei pochi che aveva potuto consultare, dicevano che si trattava di un trauma, colpa delle bombe... che il bambino non sarebbe mai stato del tutto normale, nemmeno crescendo. E infatti, Tommasino fu sempre il suo bimbo speciale, finche' una polmonite decise di portarsela via.
E Tommasino fu solo. Solo ad affrontare il mondo.. e non aveva ancora dodici anni. Visse per qualche tempo ospite della parrocchia, aiutando in tutti i servizi che un bambino della sua eta' potesse svolgere.
Ma trovava sempre il tempo per correre in cima alla collinetta, guardando ad est, le braccia dritte verso il sole come per chiamarlo a se... quel posto era come un paradiso per lui. Amava il sole sul viso, gli ricordava le carezze calde ed affettuose di Nonna Elisa.
Alcuni paesani di buon cuore gli diedero una mano, offrendogli lavoretti semplici ma dignitosi, che gli permisero di tirare avanti, fino a quando fu abbastanza grande da poter badare da solo alla casa della Nonna.
Era bella quella casa: bella per i suoi occhi, intendiamoci. E poi c'era la collinetta, e ad est la valle si perdeva nella foschia del giorno. Ci passava intere ore... amava perdersi nei suoi pensieri guardando le nuvole cambiare forma nell'azzurro. Tendeva le braccia al cielo e rideva, rideva, rideva...

L'uomo col furgone passava ogni settimana in paese, a mezzogiorno del venerdi'. Tommasino era sempre ad aspettarlo, con i suoi cesti intrecciati ed i mazzetti di lavanda, raccolti nelle sue passeggiate sulla collinetta. Piccole cose, ma gli davano da vivere e a lui bastava. Era felice, passavano gli anni e lui era contentissimo della sua vita. Aveva tutto quello che gli serviva: il cielo, un tetto, qualche soldino per le sue spese. Ed aveva una grande responsabilita'. Infatti da anni era lui che tutte le mattine doveva far nascere il Sole. Tutto il paese dipendeva da lui... i paesani lo fermavano in strada e gli dicevano, "Tommasi' domani mi raccomando eh' fai uscire un bel sole! ", e lui inorgoglito, li rassicurava ampiamente che avrebbe fatto di tutto. Si alzava sempre prestissimo, infilava gli scarponi raggiungeva veloce la sommita' della collinetta e iniziava il rituale. Si volgeva verso est, le braccia protese verso il cielo, e aspettava speranzoso. Puntualmente, dalla grigia foschia dell'orizzonte, cominciavano a distinguersi i bagliori rosati del nuovo, giovanissimo Sole, che fino alla sera avrebbe brillato luminoso. E ancora una volta per merito suo. Tutti in paese lo sapevano, che era merito suo. E le feste che gli facevano... chi gli regalava del vino, chi del pane, a volte anche delle ottime uova... E quando non ci riusciva, pazienza. Gli dicevano “grazie lo stesso, Tommasi', prenditi un bicchiere di vino” e sorridevano, consolandolo. Solo il parroco, ogni tanto, gli diceva cose incomprensibili, parlava di “peccati”, di “superbia”, tutte cose strane che lui non capiva molto bene. Ma era sicuramente in malafede o invidioso. Infatti, pensava, era l'unico che non si complimentava mai. Nemmeno una volta.
Ma Tommasino sapeva benissimo che far nascere il Sole era compito suo, e di nessun altro. Lo svolgeva con dedizione e precisione matematica, esattamente come doveva essere per un incarico cosi' delicato ed essenziale.
Certo, al passar degli anni, Tommasino dovette alzarsi sempre piu' presto per arrivare in cima alla collina. Con l'avanzare del grigiore nei suoi capelli, la cosa gli richiedeva sforzi sempre maggiori, tanto che in un paio di occasioni rischio' quasi di non fare in tempo, con gran preoccupazione di tutto il paese! Figurarsi, sprecare una bella giornata per qualche minuto di ritardo, quello si che sarebbe stato un vero peccato, un vero peccato...
E il fiume della vita scorse tranquillo per lui, con le sue albe e le sue passeggiate finche' una mattina, una come tante, apri' gli occhi e stranamente senti' un peso opprimente sul petto. Doveva alzarsi, ma non ce la faceva. -beh, altri cinque minuti, penso'. -poi devo andare! Devo assolutamente!

Ma i minuti passavano e lui non si sentiva affatto meglio, anzi il peso si tramuto' gradualmente in dolore, un dolore strano, che lo stringeva e lo soffocava, sempre piu' forte, sempre piu' fitto.
Provo' a sedersi, ma le braccia non risposero e rimasero inerti, mentre sentiva l'aria entrare e uscire a fatica dai suoi polmoni...
Guardo' fuori della finestra, ad est... e vide solo il buio.
-altri cinque minuti... altri cinque minuti... altri cin...

In quella cupa mattina , la gente che usciva per andare nei campi rimase molto meravigliata che non albeggiasse ancora. Lo stupore generale aumento' quando la torre del municipio rintocco' per sette volte, mentre la sua mole si stagliava nel cielo piu' nero e senza stelle che fosse mai stato visto a memoria d'uomo.
Alle otto e mezzo, i contadini visibilmente preoccupati ed increduli, fecero ritorno alle loro case brancolando nel buio della notte profondissima, e vi rimasero per tutta la giornata... alcuni pregavano,alcuni semplicemente guardavano con occhi sgranati il nero orizzonte che non schiariva.
E ancora oggi, nessuno ha mai avuto il coraggio di dirlo, ma e' certo che in molti pensarono al vecchietto un po' pazzo che dormiva nella piccola stalla rattoppata ai piedi della collinetta.
Ma io lo so che in quelle ore senza sole, molti pensarono a lui, a Tommasino "il matto" che quel mattino non aveva pututo alzare le vecchie braccia verso il cielo.

M.

 
 
 

Rompi un bicchiere...

Post n°59 pubblicato il 01 Febbraio 2007 da azazel63

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...Ho liberato una mano, ho preso un bicchiere e l'ho spostato sul bordo del tavolo.
"Cadrà" ha detto lui.
"Esatto. Voglio che tu lo faccia cadere."
"Rompere un bicchiere?"
Sì, rompere un bicchiere. Un gesto in apparenza semplice, ma che implica terrori che non giungeremo mai a comprendere appieno. Che cosa c'è di sbagliato nel rompere un bicchiere di poco valore, quando tutti noi, senza volerlo, abbiamo già fatto la stessa cosa nella vita?
"Rompere un bicchiere? " ha ripetuto. "Per quale motivo?"
"Posso spiegartelo, " ho risposto "ma, in verità, è solo così, per romperlo."
"Per te?"
"No, è chiaro".
Lui guardava il bicchiere sul bordo del tavolo, preoccupato che cadesse.
"È un rito di passaggio, come dici tu stesso" avrei voluto spiegargli. "È la cosa proibita. Non si rompono i bicchieri di proposito. In un ristorante, o nelle nostre case, ci preoccupiamo che i bicchieri non finiscano sul bordo del tavolo. Il nostro universo esige attenzione, affinché i bicchieri non cadano per terrà."
"Eppure," pensavo ancora, "quando li rompiamo senza volerlo, ci accorgiamo che non è poi tanto grave. Il cameriere ci dice: "Non ha importanza", ed io non ho mai visto includere un bicchiere rotto nel conto di un ristorante. Rompere bicchieri fa parte del caso della vita e non provoca alcun danno reale: né a noi né al ristorante né al prossimo".
Ho dato uno scossone al tavolo. Il bicchiere ha ondeggiato, ma non è caduto.
"Attenta!" ha detto lui, d'istinto.
"Rompi quel bicchiere" ho insistito io.
"Rompi quel bicchiere," pensavo, "perché è un gesto simbolico. Cerca di capire che io, dentro di me, ho rotto cose ben più importanti di un bicchiere e ne sono felice. Pensa alla lotta che divampa dentro di te e rompi questo bicchiere. Perché i nostri genitori ci hanno insegnato a fare attenzione con i bicchieri e coi i corpi. Rompi questo bicchiere, per favore, e liberaci da questi maledetti preconcetti, dalla mania che sia necessario spiegare tutto e fare solo quello che gli altri approvano."
"Rompi questo bicchiere" gli ho ripetuto.
Mi ha fissato negli occhi. Poi, lentamente, ha fatto scivolare la mano sul piano del tavolo, fino a toccare il bicchiere.
Con un movimento rapido, lo ha spinto giù.

Il rumore del vetro infranto ha richiamato l'attenzione di tutti. Invece di mascherare il gesto chiedendo scusa, lui mi ha guardato sorridendo e io ho ricambiato il gesto.
"Non ha importanza" ha esclamato il ragazzo che serviva ai tavoli.
Ma lui non lo ascoltava. Si è alzato e, mettendomi le mani tra i capelli, mi ha baciato.

(P. Coehlo)

 
 
 

Otto anni sono passati, ciao Fabrizio...

Post n°58 pubblicato il 11 Gennaio 2007 da azazel63

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Io dedico questa canzone
ad ogni donna pensata come amore
in un attimo di libertà
a quella conosciuta appena
non c'era tempo e valeva la pena
di perderci un secolo in più.

A quella quasi da immaginare
tanto di fretta l'hai vista passare
dal balcone a un segreto più in là
e ti piace ricordarne il sorriso
che non ti ha fatto e che tu le hai deciso
in un vuoto di felicità.

Alla compagna di viaggio
i suoi occhi il più bel paesaggio
fan sembrare più corto il cammino
e magari sei l'unico a capirla
e la fai scendere senza seguirla
senza averle sfiorato la mano.

A quelle che sono già prese
e che vivendo delle ore deluse
con un uomo ormai troppo cambiato
ti hanno lasciato, inutile pazzia,
vedere il fondo della malinconia
di un avvenire disperato.

Immagini care per qualche istante
sarete presto una folla distante
scavalcate da un ricordo più vicino
per poco che la felicità ritorni
è molto raro che ci si ricordi
degli episodi del cammino.

Ma se la vita smette di aiutarti
è più difficile dimenticarti
di quelle felicità intraviste
dei baci che non si è osato dare
delle occasioni lasciate ad aspettare
degli occhi mai più rivisti.

Allora nei momenti di solitudine
quando il rimpianto diventa abitudine,
una maniera di viversi insieme,
si piangono le labbra assenti
di tutte le belle passanti
che non siamo riusciti a trattenere.

(Fabrizio De Andre', 1940 - 1999)

 
 
 
 
 

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