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« Messaggio #173 | una piccola goccia di luce » |
ancora benares
Post n°174 pubblicato il 20 Gennaio 2008 da hillmad
Già il primo giorno abbiamo trovato, per la solita serie di coincidenze che sarebbe lungo raccontare solo un’accenno: ci ha mandato là una ragazza americana che in quel momento si occupava dei cani di strada, stava tentando di realizzare un progetto per fare una specie di centro accoglienza cani randagi, e l’ho vista arrivare in una piazza ad Assi Ghat con 15 cuccioli biondi intorno a lei bionda, carina carina anzi bella e piena di luce negli occhi, illuminata dalla sua voglia di fare. Ci dà appuntamento nel piccolo ristorante, gestito da una ragazza italiana sposata ad un malese, Karki è il suo nome e quello del ristorante, dove la sera si ritrovano parecchie persone che vivono lì da tempo o passano diversi mesi là per studiare. Arrivi e trovi una terrazza al primo piano coperta da un piccolo loggiato, tavoli bassi, cuscini per terra, luce che va e viene; perché a Benares l’energia elettrica non è sempre scontato averla la sera se non hai un generatore privato, quindi lume di candela e tanti giovani vestiti in quel classico mix di occidente e indiano, pantaloni larghi , colori naturali per gli uomini, bianco, crema, terra, e viola arancio tutte le sfumature del rosso per le donne. Grandi sciarpe di Pashimina all’uso indiano perché lì ora è inverno, atmosfera intensa densa ……. Tanti musicisti che qualche volta a fine serata fanno una session di tablas, sitar e altri strumenti che non conosco, alcuni sconvoltini che fumano charas, francesi, australiani, americani, tedeschi, italiani una comunità di occidentali che hanno trovato una patria diversa . Un posto tranquillo, con un’aria di condivisione inespressa, un rifugio dal continuo sollecitare i sensi e i pensieri che c’è fuori, un posto alternativo si sarebbe detto 20 anni fa, dove tante cose e persone diverse si fondono in qualcosa che lì forse è l’amore per quella città, per l’India, come simbolo di qualcosa che però non sappiamo o non possiamo dire. Stare lì mi faceva sentire la possibilità di essere quello che sono senza troppe mediazioni e spiegazioni, la possibilità di essere accettati per il fare ma anche il non fare, un luogo senza pregiudizi e senza ambizioni un luogo dove stare, aspettare, con la consapevolezza che qualcosa comunque accadeva, e mi riferisco ai rapporti fra le persone, così difficli ormai nella nostra cultura.
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Inviato da: jamata
il 24/11/2009 alle 14:14
Inviato da: toorresa
il 25/03/2009 alle 09:06
Inviato da: minsterr999
il 25/03/2009 alle 07:13
Inviato da: ctthsoe
il 25/03/2009 alle 07:12
Inviato da: minsterr999
il 25/03/2009 alle 06:46