Creato da Essenza_Nera il 08/08/2009

BLACK DIAMOND

Percezioni e graffiti di un' Anima

 

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L' Anima di Vetro

Post n°16 pubblicato il 09 Maggio 2010 da Essenza_Nera

 

 

 







Una storia di fantasia in cui amore e morte danzano in note di pianoforte e violini.
Una storia per il giorno in cui le barriere tra i mondi sono sottili veli di nebbia. Valicabili
.


”Accadde due anni fa. Era un mattino d’estate. Forse fu per un amore finito, o più probabilmente per quel bisogno d’amore mai soddisfatto, non lo sappiamo. Ha lasciato solo una lettera, ma nessuno ne ha mai letto il contenuto. Almeno fino ad ora.”

Monica ascoltò la triste storia di una vita che prematuramente aveva deciso di spezzarsi con l’interesse e la comprensione che la sua anima prestava naturalmente, per inclinazione, alle storie tristi.
non la stupiva che quei due ragazzi conosciuti per caso la sera prima le stessero raccontando quella storia.
Monica possedeva infatti quella dote di ascoltare le storie tristi aprendo il cuore alla compassione che traspare dagli occhi. Non era insolito che anche degli estranei le raccontassero eventi dolorosi, spinti con ogni probabilità da una profonda comprensione dell’anima che sapeva leggere lo sguardo.
E così, senza porre domande, tutto il suo essere ascoltava.

”C’è una cosa che devi vedere. Per favore, fidati. Vieni con noi. E’ importante.”
La richiesta scosse i pensieri di Monica in un attimo di incertezza. Non aveva mai visto nulla delle storie tristi che fino ad allora le erano state raccontate. Aveva solo ascoltato fissando riflessi di racconti filtrare attraverso gli occhi dei suoi interlocutori che parlavano al suo cuore. Non aveva mai visto nulla, se non quei riflessi negli occhi.
Fu una luce di autentica e accorata richiesta negli sguardi di quei due ragazzi a spingerla a fidarsi. E seguendo quegli occhi si alzò e salì sulla macchina.
Era il primo di novembre.
L’ombra della sera lentamente iniziava ad avanzare avvolta nel suo manto di nebbia.
Dany compose un numero col cellulare.
”Chiara, stiamo venendo da te. Lei è con noi.”
”Devi essere forte, Chiara.
Lo so, sembra incredibile anche a me. Ma tra pochi minuti vedrai di persona”.
Monica comprese che non sarebbe stata l’unica a vedere.


”E’ bellissima. Questa notte l’ho vista.
Aveva i lunghi capelli neri che spettinati le ricadevano sul viso mentre i suoi occhi si abbandonavano lascivi alla musica seguendo, socchiusi, l’andamento delle lunghe dita sul pianoforte.
indossava una lunga gonna nera ed un maglioncino di lana leggera.
Ad un tratto, inaspettatamente, si è girata, e con un sorriso che era pura dolcezza, mi ha guardato con i suoi occhi grandi e pieni di comprensione.”


L’auto svoltò in una strada privata, in salita. Percorse un breve tratto verso la sommità della collina e terminò la sua corsa davanti all’ingresso della villa.
Solo una luce, fioca, si intuiva all’interno della casa. Nessuno parlava. Era come se il buio della notte che stava per arrivare avesse stretto i cuori in una morsa di freddo.
L’aria era immobile nell’atmosfera tesa. Monica e i suoi accompagnatori si muovevano lentamente camminando con leggerezza, quasi non osassero fare alcun rumore.

”Ma l’hai vista o l’hai sognata?”
”L’ho vista. Lei esiste. Ed è bella come un sogno.”


Entrarono nella casa. Una signora sui cinquantacinque anni si lasciò cadere con un gemito sul divano, come entrarono in casa. Era Chiara. Suo marito si tese in volto: “Non è possibile”, disse con un filo di voce.


”Eppure io so che non la potrò mai avere. L’amo ma non l’avrò. E il giorno in cui danzeremo insieme, io non potrò stringerla a me. Queste mie mani non sfioreranno mai i contorni del suo profilo, né queste labbra assaggeranno il sapore delle sue. Quando lei verrà a me, sarà troppo tardi”.


Monica non capiva.
Intuiva che in qualche modo era la sua presenza a turbare tanto i padroni di casa, ma non riusciva a comprendere. E, quasi a nascondersi, si ritirò dietro le spalle di Dany e Ale, a cercare un senso di protezione. Forse era la sua anima a intuire. Era l’istinto che vede oltre gli occhi a presagire il senso di pericolo. Ma fu il cuore, che tutto sa e conosce, a impedirle di andare via.
”Deve vedere. Deve sapere” disse Ale, spezzando quel silenzio imbastito di velluto.
Chiara alzò lo sguardo mostrando gli occhi lucidi colmi di lacrime. Fece un cenno col capo. Con un leggero movimento della testa disse “sì”.


”Vorrei averla, ma non so dov’è. So che arriverà. Ma davvero, credetemi, sarà troppo tardi. Non sono pazzo. Lo so che sembra strano. Non ditemi ancora che la mia è una scusa per non amare qualcuno. Perché io amo qualcuno che vive. Ma non è qui, ora. Arriverà. Presto o tardi arriverà. Ma io non potrò averla.”

 

In fila indiana si avviarono su per le scale.
 Monica chiudeva la piccola processione. Chiara aprì una porta chiusa a chiave ed entrarono in quella che era stata la stanza di un ragazzo, un ragazzo giovane amante della musica che suonava il violino. Un amante dei libri e delle poesie. Di Leonardo e della musica classica. Amante degli abiti eleganti e curato nell’aspetto. La sua presenza riempiva la stanza. Come se fosse lì.
Appoggiato ad una parete stava un pannello ricoperto da un drappo viola.
Chiara strappò via il drappo con un gesto enfatico, forzato, evidentemente doloroso.
Monica spalancò gli occhi e smise di respirare. Non respirava. E i secondi passavano. Ma lei non respirava più.
Furono gli occhi i primi a respirare in lacrime silenziose che le sgorgarono dal cuore. Fu il cuore, che tutto conosce a capire che ciò che stava vedendo era perduto.
E gli occhi guardavano quella tela vedendo Monica come riflessa in uno specchio.
Contro la parete c’era un’immagine di Monica come in uno specchio. La gonna nera lunga, il maglioncino di lana leggera. I capelli sciolti e un po’ spettinati, gli occhi pieni di comprensione e la piccola cicatrice sulla tempia destra. Ma nel quadro sorrideva. Fuori dal quadro Monica piangeva.


”Lei verrà, infine.
Ma sarà troppo tardi per me.
L’unica donna che mai ho amato. E io non la potrò avere.”


”Sei arrivata, infine. Ma è troppo tardi per lui. L’unica donna che ha mai amato. Aveva ragione lui.”
A rompere il silenzio fu Chiara. La madre di quel ragazzo che nell’estate di due anni prima per un motivo sconosciuto aveva deciso di porre fine alla sua vita. La madre di quel ragazzo che fece un ritratto di quella donna che amava nel profondo del cuore e che, in qualche modo, sapeva che non avrebbe mai potuto stringere a sé.
”Ha lasciato questa per te”
Chiara si avvicinò a Monica porgendole una busta ancora chiusa.
Alla donna che amo.
Una scrittura curata. Un gesto meditato.
Monica attraverso la nebbia di lacrime lesse il contenuto dei due fogli.

”Sei arrivata, infine. Ma io non posso averti. Eppure devi sapere una cosa.
Io ti amo, ti ho sempre amata e per sempre ti amerò”


Nel secondo foglio uno spartito per pianoforte e violino.
Monica respirò l’aria densa di sentimenti e si avviò sicura. Ora sapeva cosa fare.
Con passo sicuro scese la scala fino al grande salone dai divani di velluto rosso.
Si sedette al piano, sistemò lo spartito e iniziò a suonare.

Monica aveva i lunghi capelli neri che spettinati le ricadevano sul viso mentre i suoi occhi si abbandonavano lascivi alla musica seguendo, socchiusi, l’andamento delle lunghe dita sul pianoforte.
indossava una lunga gonna nera ed un maglioncino di lana leggera.
Ad un tratto, inaspettatamente, si girò, e con un sorriso che era pura dolcezza, posò gli occhi grandi e pieni di comprensione lì vicino.
L’aria vibrava della musica di pianoforte.
Oltrepassando il confine fra i mondi una musica di violino si unì alle armonie delle note nella casa.
Monica vide.
Un giovane uomo, elegante e curato, bellissimo, suonava accanto a lei il suo violino e la guardava con occhi pieni di amore.
E nello spazio di una dolce melodia Amore danzò con la Morte. In una notte in cui le barriere tra i mondi sono sottili veli di nebbia.
Valicabili.

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