Creato da: MICHELEALESSANDRO il 15/07/2012
PREISTORIA UMANA E TRADIZIONALISMO INTEGRALE

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LA RAZZA ROSSA – PARTE 2

Post n°37 pubblicato il 30 Giugno 2013 da MICHELEALESSANDRO
 

 

A nostro avviso anche Frithjof Schuon sembra muoversi sulla stessa linea quando segnala un “elemento atlantico forse anteriore alle grandi differenziazioni razziali”, avallando quindi l’idea che possa essere stata proprio la razza rossa quella base unitaria dalla quale sarebbe poi iniziato il processo di differenziamento di tutti i successivi gruppi umani del mondo.  

Julius Evola, inoltre, ricorda come la “stirpe di Kronos” si sarebbe anticamente mescolata, in una terra boreale, con quella di Eracle; quest’ultima è probabilmente riconducibile ad una fase eroica e relativamente meno antica, mentre la stirpe del titano Kronos per Evola è esplicitamente quella che residua dal ciclo primordiale. Renè Guenon menziona un evento in parte analogo (entrambi verranno approfonditi in seguito), che si trova accennato nella vicenda dell’Avatara Parashu Rama, come di una fusione avvenuta tra razza rossa e razza bianca; siccome sembra più calzante correlare le figure titaniche alla razza rossa (anche, ad esempio, nell’episodio della titanomachia, dove qualche ricercatore l’ha vista rappresentata da Atlante, capo della sua fazione nella guerra contro Zeus) ciò ne confermerebbe indirettamente la primordialità. Ed un ulteriore indizio in tal senso, può esserci fornito anche dal mito ellenico del diluvio legato a Deucalione e Pirra che, per quanto situabile in un momento forse ancora più recente, è probabile riproponga su scala cronologica più bassa eventi verificatisi in periodi molto anteriori (per un meccanismo di trasposizione temporale, segnalato da Guenon, che avevamo già ricordato in precedenza); sotto questa luce, ci sembra quindi di particolare interesse il fatto che il nome di Pirra significhi proprio “la rossa”.  

La razza rossa, tuttavia, sembra costituire un’unità antropologica di non semplice definizione e ciò, riteniamo, proprio a causa del suo collegamento con l’estrema mobilità e plasticità tipica dell’elemento Aria ed anche con il Raja guna; Julius Evola, infatti, ci ricorda come Rajas rappresenti il modo del dinamismo e del divenire, della trasformazione e della mutazione, la spinta continua ad una marcata eterogeneizzazione.

Ne consegue che alcuni ritengano la razza rossa essere stata, già di per sé stessa, un insieme alquanto eterogeneo, con margini di oscillazione morfologica piuttosto ampi, da cui la difficoltà odierna di definirla con precisione; tale ipotesi, peraltro, sembrerebbe coerente con l’interessante teoria della “cosmolisi”, formulata a suo tempo dal paleontologo Aberto Carlo Blanc, secondo la quale all’inizio della sua storia Homo Sapiens dovette presentarsi con popolazioni altamente polimorfe, cioè con campi di variabilità fenotipica assai estesi. Poi, con il tempo, l’enuclearsi delle razze attuali comportò, per ciascuna di esse, lo stabilizzarsi di specifici standard di oscillazione antropometrica; un polimorfismo che, secondo un’altra teoria, potrebbe essere spiegato con l’intervento di varie ibridazioni tra popolazioni diverse (che però andrebbero individuate), ma per Blanc, invece, ciò costituisce un fatto sicuramente primario. Forse anche Frithjof Schuon sembra in parte seguire questa stessa idea quando accenna all’originaria umanità che, pur inizialmente indifferenziata, presentava tuttavia sporadici elementi morfologici che potevano anticipare le caratteristiche delle successive razze.    

Inoltre, quello che a nostro avviso ha rappresentato un altro tratto saliente, ovvero la sua marcata ecumenicità (ricordiamo il precedente “Krita viaggia ed erra”), ha portato a far emergere un po’ ovunque nel mondo quelle caratteristiche antropologiche “di base”, già segnalate nei post precedenti, con il risultato che la razza rossa non è stata colta come un vero e proprio raggruppamento a sé stante rispetto a quelli bianchi-gialli-neri, invece riconosciuti con una certa sicurezza dall’antropologia classica. Non sono quindi ben chiare le specificità tipologiche che avrebbero connotato la razza rossa, in quanto il colore ad essa tradizionalmente attribuito viene posto in connessione, a seconda degli autori, ora con la pigmentazione cutanea (che quindi risulterebbe di tonalità più intensa rispetto a quella degli attuali popoli nordici), ora anche con il rutilismo (che però al giorno d’oggi si accompagna soprattutto a pigmentazioni cutanee poco pronunciate): a tal proposito, notiamo di sfuggita come, nel mito, Lilith venga descritta proprio con i capelli rossi, dettaglio che ci sembra particolarmente significativo.    

Quest’ultimo elemento, infatti, più che una mutazione estemporanea e senza particolari significati filogenetici, può essere interpretato invece come un preciso carattere razziale (tesi ad esempio sostenuta da Topinard ed Hervè) posseduto da una popolazione antica ed ora presente nel mondo in quantità residuale a seguito dei vari meticciamenti intervenuti; qualcuno ha dedotto che possa aver rappresentato un tratto tipico delle popolazioni Cro-Magnon, o in generale che fosse una caratteristica occidentale ed atlantidea, se non direttamente iperborea. Simile a tale ipotesi potrebbe essere quella – ricalcata sulle narrazioni platoniche riguardanti l’antico peregrinare nel mondo di dei e di maestri – che ricorda l’arcaica diffusione nelle più svariate aree (Europa, Egitto, India) di popolazioni di razza rossa, probabilmente sacerdoti e guerrieri dai capelli rossi. Elemento fenotipico che, pur sporadicamente, sembra comparire su un’area piuttosto estesa, se consideriamo ad esempio il caso dei Lapponi, tra i quali non sono infrequenti, o quello degli estinti Guanci delle isole Canarie, per arrivare fino in Cina; qui, infatti, alcune leggende ricordano un antico popolo dai capelli rossi, che non è chiaro se possa essere ricondotto ai resti, segnalati da Evola, di una precedente civiltà affine a quella maya. I tratti demetrico-atlantidei presentati da questa potrebbero forse collegarla ad una razza di ceppo rosso analoga a quelle mesoamericane, dal momento che anche altri autori segnalano in zone attigue (ad esempio, sull’altipiano del Tibet) la presenza di popolazioni “rosse”.  

 

 
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