Creato da: MICHELEALESSANDRO il 15/07/2012
PREISTORIA UMANA E TRADIZIONALISMO INTEGRALE

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« LA SECONDA RAZZA ESIODEATRICKSTER, ANTENATI MITI... »

FIGURE AMBIVALENTI

Post n°49 pubblicato il 29 Novembre 2013 da MICHELEALESSANDRO
 

 

Queste entità “sottili”, corrispondenti alla razza argentea di Esiodo, non tardano ad entrare in stretto rapporto con l'umanità che nel frattempo è venuta ad assumere una veste corporea secondo i percorsi descritti in precedenza, e lo fanno attraverso una modalità che, significativamente, può essere colta in termini ambivalenti; ciò, del resto, pare coerente con la doppia valorizzazione che, come avevamo già visto, è possibile attribuire all’ambito cosmologicamente intermedio al quale esse appartengono.   

L’ambiguità di tali figure si evidenzia nel fatto che possano, di volta in volta e con vari accenti, rivestire fondamentalmente un ruolo doppio, ovvero quello di “reggenti” divine dell'età paradisiaca, ma anche quello di prime civilizzatrici/fondatrici delle culture umane, e spesso anche di uno specifico gruppo etnico.    

Sotto l’aspetto della “reggenza dell'età paradisiaca”, la visuale può apparire più statica, luminosa ed incentrata soprattutto attorno al tema dell’esistenza beata della prima umanità, che in parte si svolge ancora in una dimensione mitica, in quanto a stretto contatto con forze sovrumane colte come benevole e protettrici: prospettiva che pare intuitivo implicare una loro valorizzazione in chiave “solare”.     

D’altro lato, sotto l’aspetto che invece tende a sottolineare il ruolo definito, in termini etnologici, come “Eroe culturale / Antenato mitico”, la prospettiva sembra esprimersi secondo una modalità forse più dinamica ed articolata, attraverso personaggi che forniscono all’umanità, pur se ancora in tempi primordiali, i primi rudimenti di un'esistenza che si sta già allontanando dal piano divino per volgersi a quello terreno, spesso anche dando inizio alla stirpe che li ricorda; è una visuale che sembra prevalentemente connessa alla valorizzazione in chiave “lunare” del piano sottile.      

Questo duplice aspetto, per certi versi, può apparire analogo a quello evidenziato dalla figura del Demiurgo e che avevamo già incontrato in precedenza. Ora, però, tale ambivalenza si estrinseca su di un livello diverso da quello precedente, e cioè in relazione ad un’umanità corporeizzata che, dopo essere sorta, viene adesso “plasmata”: ma non più in senso morfologico, bensì in chiave soprattutto culturale, completandola cioè con tutti gli elementi conoscitivi atti a garantirne, su questo piano, una vita degna e lontana dalla bassa animalità.

Si riscontrano quindi figure mitiche che, per opera di questa doppia visuale, possono essere considerate in maniera anche diametralmente opposta, come ad esempio i già citati Tuatha de Danann, che non a caso una fonte celtica definisce ad un tempo “dèi e falsi dèi”, mentre altri testi cristianizzati non esitano a marchiarli addirittura come “demoni”; ma tale valorizzazione, in termini più generali, e scremata da accenti di carattere morale, va analizzata anche alla luce di quanto segnalatoci dallo storico delle religioni Ugo Bianchi, il quale ricorda come colui che, in ambito etnologico, riveste il ruolo di “demiurgo-trickster”, non debba necessariamente essere confuso o ridotto al livello di un’entità meramente distruttrice e diabolica, trattandosi invece, al netto dei vari processi di “demonizzazione” (che di frequente subisce ad opera degli strati culturali successivi), di una figura che, piuttosto, presenta complessi aspetti “prometeico-epimeteici” sui quali avremo modo di tornare più avanti.     

Nel loro aspetto soprattutto solare e positivo (che tuttavia, come dicevamo, non è l’unico possibile), la tradizione bibica, ad esempio, ci tramanda figure quali i “figli di Dio”, o “figli di Elohim”; in questo contesto interpretativo, certa letteratura siriaco-ebraica li identifica anche con gli enigmatici “Veglianti”, che Evola ricollega alla razza argentea, mentre altrove il pensatore romano pone in relazione con coloro che anticamente erano stati “uomini gloriosi”, interpretando tale fase “gloriosa” come quella aurea-androginica e quindi confermandone una discendenza diretta dal momento autenticamente indistinto e primordiale (la prima metà del Satya Yuga). In quest’ottica, nel mito greco, è in particolare la figura di Kronos che spicca nettamente, apparendo nella veste del reggente aureo per eccellenza, divinità indiscussa della serenità e dell’abbondanza.   

Ma, analogamente a quanto accennato sopra in termini più generali, anche per il caso specifico di Kronos è stato rilevato come esso tradisca un problematico rapporto di opposizione-identità con il Sole, e l'incorporazione nella stessa figura del doppio ruolo di reggente aureo e di eroe culturale/civilizzatore (fattore che spesso emerge in vari contesti), costituisca una contraddizione funzionale piuttosto palese: è chiaro che il paradosso appare irrisolvibile solamente se presupponiamo un ruolo che per forza debba escludere l’altro. In quest’ottica è degno di nota il rilievo che individua la comune radice “sat” nelle parole Saturno, Satana e Satya Yuga, ed anche la chiara similitudine che è stata rimarcata fra Kronos ed altre figure “demoniche”, quali il nordico Loki, il greco Prometeo ed il cristiano Lucifero. Ma, opportunamente, Guenon sottolinea come non sia corretto enfatizzare in Kronos gli elementi apparentemente negativi, essendo molto probabile che il suo lato “malefico” sia anche una conseguenza dalla scomparsa del mondo iperboreo, del quale egli era indiscusso sovrano, e ciò in virtù del fenomeno di inversione semantica che in genere tramuta in una “terra dei morti” ogni “terra degli dèi” che le circostanze cosmiche portano all’occultamento; su questa stessa linea, è stato inoltre notato come lo stesso Nord abbia, nel corso del tempo, rappresentato in diverse tradizioni il segno cardinale legato al male ed alla negatività, in quanto luogo dove Lucifero/Satana ebbe a proclamare la sua ribellione a Dio.         

Purtuttavia nell’entità saturnina sono stati riscontrati anche aspetti che, oltre a quelli ignei/solari, lo pongono effettivamente in una certa relazione con la stessa Luna – come Kerenyi evidenziò per il suo utilizzo della falce – arrivando fino a delineare un’analogia con la sua fase più oscura, la “Luna nera” Lilith (che, nella Cabala ebraica, viene fatta corrispondere alla decima, e più bassa, Sephirah, ovvero Malkuth).

 

 

 
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