Creato da: MICHELEALESSANDRO il 15/07/2012
PREISTORIA UMANA E TRADIZIONALISMO INTEGRALE

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« UN NUOVO ADAMOLA LUNA E LILITH »

EVA NORDATLANTICA ?


Nel post precedente ricordavamo come Julius Evola operi un chiaro avvicinamento tra il sorgere della terra di Atlantide e quello della figura femminile nel suo differenziarsi dal precedente stato di unità androginica; il riferimento ad Eva, che nasce durante il Satya Yuga, ci sembra quindi piuttosto palese, come anche la corrispondenza di questo centro “occidentale” con l’albero della Luna, sito in posizione diversa da quello di matrice solare ed ancorato all’Oriente.

Pur non dimenticando l’importante segnalazione di Renè Guenon, secondo il quale “la stessa Atlantide settentrionale non aveva nulla di iperboreo”, è comunque stato rilevato che la terra nordica primordiale, intesa in senso ampio, dovette essere molto estesa sia in latitudine (dal Polo Nord a quello che, dopo l’avvento delle stagioni, sarebbe stato il Circolo Polare Artico) sia in longitudine (dalla Groenlandia a tutta la porzione settentrionale dell’Eurasia, arrivando quindi fino alla Beringia); probabilmente coprì un territorio nemmeno in continuità geografica, identificandosi forse con un arcipelago costituito dalle “quattro isole a Nord del mondo” più una quinta terra posta al centro, ovvero la Tula iperborea.    

Non è da escludere che possa essere messa in rapporto a tale situazione anche la nota di Ugo Bianchi, secondo la quale Adamo ed Eva vivevano in due parti distinte del Paradiso Terrestre.

Ricordiamo, oltretutto, che nella mitologia indù vengono segnalati i due antichi continenti Ilavrita (polare-artico e sicuramente primordiale) ed il successivo Uttarakuru (una “terra settentrionale” che però è semplicemente boreale, legata piuttosto al nord-ovest) le cui caratteristiche, nel corso del tempo, furono oggetto di numerose reciproche sovrapposizioni; se Ilavrita sembra essere collegato soprattutto al primo grande anno del Manvantara, riteniamo probabile che possa essersi verificata, nel secondo grande anno, una fase intermedia “circumpolare” e di coesistenza Ilavrita-Uttarakuru poi seguita, dopo la fine del Satya Yuga, da un periodo contraddistinto dall’esistenza solo di quest’ultimo.  

Quindi un “passaggio” dall’una all’altra terra che potrebbe forse spiegare, nei ricordi atavici (e forse anche, in una certa misura, nell’interpretazione evoliana), la frequentissima sovrapposizione operata tra le due.                

D’altro canto, l’ipotesi di una corrispondenza tra Uttarakuru e l’Atlantide classica, potrebbe probabilmente trovare una conferma nella nota in cui Julius Evola accenna al fatto che l’arrivo delle popolazioni iperboree nel mitico continente occidentale non avvenne subito, all’atto della prima migrazione da Nord, ma dopo qualche tempo; nel suo quadro cronologico, non è chiaro se l’evento vada collocato prima o dopo della fine dell’età aurea, dato che in alcuni accenni Evola pare collegare tale popolamento al momento della “solarizzazione” di Adamo – successivo a quello uranico/androginico della fase precedente – e quindi, nella nostra interpretazione, ponendolo indirettamente ancora nel Krita Yuga. In qualche altro sporadico passaggio, il pensatore romano, oltretutto, accenna ad un “secondo ciclo” della stessa età aurea, nella quale evidenzia l’enuclearsi di due diverse componenti spirituali-antropologiche, una boreale ed una atlantica. E’, questo, un punto che ci sembra significativamente concordare anche con l’ipotesi, formulata da Gaston Georgel, di un “polo” sorto in zona Nordatlantico-Groenlandia meridionale già a partire da circa 43.000 anni fa e che potrebbe testimoniare il concentrarsi in quell’area di popolazioni correlabili alla figura di Eva già a partire dalla seconda metà del secondo grande anno (ovvero, nell’ultimo quarto del Satya Yuga).    

All’incirca in quel periodo, dal punto di vista paleoclimatologico, avevamo già in precedenza accennato alla fase di Peyrards, posta tra 44.000 e 42.000 anni fa, la quale sembra corrispondere all’oscillazione termica di Laufen e che potrebbe aver favorito la circolazione di popolazioni appartenenti ad un ceppo boreale unitario in aree ancora emerse (perché ci troviamo sempre nel Wurm, e quindi in presenza di vaste calotte polari che tenevano basso il livello marino) ma probabilmente non più glacializzate (perché in un interstadio relativamente temperato); un macro-gruppo di genti – forse corrispondenti alla razza “paleoartica” ipotizzata da Wiklund e nella quale sarebbero stati presenti sia caratteri paleoasiatici che paleoeuropei (oggi quasi del tutto estinta e rappresentata solo da popolazioni residuali quali i Lapponi) – rimaste alle alte latitudini dopo lo sviluppo della primissima migrazione verso sud e che ora, da una zona nucleare nordorientale (probabilmente la Beringia) iniziò ad estendere alcune sue propaggini verso aree più occidentali del pianeta (Europa settentrionale ? Nord-Atlantide ?).  

Questa Eva atlantica, quindi, sembra porsi in una posizione in qualche modo “mediana” tra l’Adamo nordorientale e le popolazioni più australi staccatesi dal tronco comune alcuni millenni prima (e sulle quali torneremo più avanti), simboleggiando la formazione di un raggruppamento etnico che potrebbe essere stato molto esteso in senso trasversale Est-Ovest: quasi una “costola” fuoriuscita dallo stesso Adamo. La nostra interpretazione è che tale fascia, oggi, sia rappresentata dai residui frammentati della superfamiglia linguistica “sino-denè-caucasica” citata da Merritt Ruhlen (la quale, tra l’altro, comprende anche l’enigmatico idioma basco e che anche per Cavalli Sforza si sarebbe originata nell’oriente eurasiatico), superfamiglia che, negli alberi filogenetici proposti dal glottologo, appare proprio come un ramo staccatosi precocemente da quell’ampio raggruppamento di quasi tutte le altre lingue eurasiatiche ed amerindie (“Adamo boreale”) definito da altri linguisti con il termine di “Nostratico”, sul quale torneremo più avanti; comunque la superfamiglia “sino-denè-caucasica” si diffuse in Eurasia ed in America, rappresentando una componente importante nel popolamento sia del “Vecchio” che del “Nuovo” Mondo.

In quest’ottica, le genti nordatlantiche sembrano quindi aver assunto una funzione di interposizione / mediazione tra il Nord ed il Sud del mondo: ciò a causa della loro relativa vicinanza antropologica ai gruppi più settentrionali (per essersene separate in tempi meno remoti rispetto a quelli meridionali) e, contemporaneamente, del comune terreno spirituale con le popolazioni australi assieme alle quali, come vedremo, venne condivisa, seppure in gradi diversi, una comune matrice prevalentemente lunare di riferimento “sottile”.

Non è infatti un caso che il titano Atlante venga ricordato come colui che “tenne separati il cielo e la terra”: “cielo” e “terra” che, in un’interpretazione di carattere più geografico-antropologico che cosmologico (ma, come sappiamo, le due chiavi di lettura possono benissimo coesistere), a nostro avviso, potrebbero stare a simboleggiare il Nord ed il Sud del Mondo e dell’Umanità.  

 

 

 
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