Creato da: MICHELEALESSANDRO il 15/07/2012
PREISTORIA UMANA E TRADIZIONALISMO INTEGRALE

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« LE ENTITA’ DELLA DIMENSI...UN NUOVO ADAMO »

IL DOPPIO CENTRO

Diversi elementi mitici suggeriscono, comunque, la necessità di integrare la sopra accennata ottica “verticale/principiale” della ri-bipolarizzazione maschio-femmina con un’ulteriore prospettiva, che per comodità definiremo “orizzontale/correlativa”; è, questa, una visuale che sembra piuttosto porre in luce il tema della doppia valorizzazione lunare/solare implicita nella manifestazione sottile, aspetto sul quale riteniamo opportuno soffermarci per qualche specifico approfondimento.

In termini ermetico/alchemici l’Anima Mundi viene infatti accostata al principio mercuriale, il quale notoriamente può avere una doppia caratterizzazione, ovvero acqueo-femminea se in movimento e sotto il segno della Luna, oppure ignificata e maschile se fissata e sotto il segno del Sole. Anche Julius Evola ci ricorda il “doppio segno” del mercurio, inteso come “Ruach” o soffio, segnalando inoltre come questo venga spesso raffigurato anche sotto forma di un albero che, in varie saghe europee, spesso si sdoppia in un’albero del Sole, orientale, ed in un’albero della Luna, occidentale. E’ una simbologia che riteniamo richiami palesemente l’immagine, presente nella tradizione indù, dei due uccelli rappresentanti le due entità animiche: Jivatma, passiva e legata al corpo, sul ramo di sinistra, ed Atma, attiva e distaccata, sul ramo di destra. Ci sembra interessante rilevare come nell’interpretazione di Valsan – e qui ritorniamo alla polivalenza dei simboli tradizionali – queste due figure siano entrambe maschili, mentre invece in altri autori, come ad esempio Bohme (per il quale il fuoco è chiaramente virile, mentre l’acqua è femminile) Jivatma viene considerata di segno femminile.   

La duplicazione mercuriale è stata avvicinata anche a quella insita nell’Albero della conoscenza del bene e del male, che Schuon ci ricorda rappresentare la potenza manifestante o cosmogonica; sotto questo aspetto, quindi, la pianta mitica sembrerebbe tutta di segno femminile (riteniamo, allo stesso modo in cui l’Adamo psichico viene denominato anche Eva) ma la cui natura duplice sembra evidente nel nome stesso. La sua funzione, è stato notato, viene rappresentata anche nel simbolo della Scala, sotto forma dei due staggi verticali, nessuno dei due veramente assiale ma unificati dai gradini, comparabili alla colonna del centro (ed al momento ancora unitario relativo alla fase androginica precedente); ciò emerge anche da un'altra raffigurazione simbolica estremamente significativa tramandataci dalla Kabbalah, ovvero le due colonne dell’albero sefirotico. Infatti, se lo osserviamo attentamente e consideriamo la sephirah Tiphereth, che rappresenta il nucleo centrale analogo al Sole (ma, a nostro avviso, quello primordiale ed unificante, verso il quale, infatti, converge l’etere indifferenziato), vediamo che questa sephirah si scinde in altri due elementi, Daath (Consapevolezza) e Yesod (Psichismo-senso dell’oggettività, legata al mondo sublunare ed alla cerebralità); sappiamo che la coscienza dell’uomo ordinario non riesce a seguire Daath e viene trascinata in basso da Yesod, rimanendo così coinvolta nello psichismo formale e ritenendo di assumere qui la sua vera identità. Daath risulta tuttavia strettamente allacciata al Centro-Tiphereth, assume caratteristiche solari ed infatti è proprio attraverso Daath che si rivela il trascendente; in qualche modo tale sephirah è connessa al concetto di fuoco (“fuoco sacro”, “fuoco di vesta”) e di “Veglia”, termine significativamente analogo ai già incontrati “Veglianti”, le enigmatiche entità del mondo intermedio che in questo caso sono interpretabili sotto l’aspetto solare e “positivo”. In tale modo, da un cerchio con centro in Tiphereth, viene così a crearsi un’ellisse con due fuochi (Daath in alto e Yesod in basso), raffigurazione che, lo notiamo di passata, venne utilizzata anche da Jakob Bohme, che immaginò il Dio vivente non come un cerchio, dotato di un solo centro, bensì proprio come un’ellisse con due fuochi, e per questo ambivalente e bipolare; i due centri per Bohme rinviano rispettivamente ad una “volontà dello spirito” (lato paterno) e ad una “volontà della natura” (lato materno). Ma anche a mantenere il simbolo del cerchio, significativamente Coomaraswamy evidenzia come la semplice ruota, dove il centro corrisponde all’essenza e la circonferenza alla natura, comunque propone tra questi due un zona mediana (antariksa, akasa), dove trovano spazio le coppie bene-male, luce-ombra, nascita-morte, portatrici anch’esse del concetto di ambivalenza, idea che invece nell’ellisse viene suggerita dalla presenza del doppio centro. Lo sdoppiamento di Tiphereth viene messo in relazione all’analoga duplicazione della coscienza umana, concetto che nella tradizione indù si trova espresso dall’immagine di Ida e Pingala, i due canali psichici (rispettivamente femminile e maschile) che sono laterali in rapporto all’Axis Mundi centrale; Guenon infatti ci ricorda che Ida corrisponde alla Luna, Pingala al Sole ed entrambi rappresentano i due occhi di Vaishwanara, entità analoga all’Uomo Universale, mentre il canale mediano, Sushumna, corrisponde all’occhio frontale di Shiva, identico a quello di Giano bifronte.

Ma la duplicazione del centro primigenio potrebbe essere suggerita anche da diverse altre raffigurazioni.

Ricordiamo ad esempio il triplo perno centrale (nabhi) che, nel mito indù, viene menzionato da Coomaraswamy come mozzo della ruota del carro solare, intesa anche come ruota della vita e del mondo; ma anche, nel corpus ellenico, la coppia di fratelli Apollo-Artemide, forse simboleggianti rispettivamente il centro solare-maschile e quello lunare-femminile, e, secondo una tradizione, figli di Latona, o Leto, che si narra fosse stata la prima donna del mondo (quindi assimilabile ad Eva, nella misura in cui si sovrappone all’Adamo psichico ?). Donna che, significativamente, si dice fosse nata nell’Iperboreo.

Ma anche la simbologia montana fornisce spunti interessanti, come, sempre nel mito greco, la sede dei Titani che viene posta sul monte Otri, situato di fronte all’Olimpo ed entrambi rappresentanti “le due cime del mondo”; o il mito di Ermafrodito (frutto dell’unione di Ermes e Afrodite) che viene fatto corrispondere al Parnaso, la montagna dalla doppia vetta, fino alla probabile similarità con Mashu “il monte dei Gemelli”, presente nella saga dell’eroe caldeo Gilgamesh. Idee e rappresentazioni mitico-geografiche che probabilmente resistettero “sottotraccia” fino a tempi molto recenti, se interpretiamo in tal senso anche la mappa di Zeno del 1380 la quale, oltre a mostrare una grande isola ad est della Groenlandia (che però non corrisponde all’Islanda) evidenzia alcune incongruenze cartografiche le quali, è stato rilevato, possono essere spiegate solo considerando la presenza di due diversi nord geografici.  

Ovviamente il tema dello sdoppiamento del centro trova un suo riscontro anche nell’ottica della già incontrata differenziazione delle prime due caste, sebbene secondo una visuale in parte diversa da quella “verticale/principiale”; ora, cioè, facendo gravitare le due entità, originariamente unitarie, in corrispondenza dei due centri così enucleatisi, si pongono le premesse per la maturazione, nel corso del tempo, di quel disallineamento polare che infine porterà all’aperto antagonismo tra il Cinghiale e l’Orsa (questa, non a caso, di sesso  femminile). Tale evento, secondo l’interpretazione guenoniana, rappresenterà la rivolta guerriero-femminile verso la funzione maschile-sacerdotale, conducendo in ultima analisi alla “Caduta dell’Uomo” ed alla perdita della condizione edenica.

 

 
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