Maurizio Acerbo: in Italia ora governa una grande delusione e la spoliticizzazione del popolo

Post n°298 pubblicato il 03 Novembre 2015 da tigrilla37
 

Mauri

 

 

Ida Garberi*

"Mi sono convinto che anche quando tutto è, o pare perduto, bisogna rimettersi tranquillamente all’opera, ricominciando dall’inizio". Antonio Gramsci- lettera del 12 settembre 1927 

Agli inizi del mese di ottobre, è venuta a Cuba una delegazione del Partito della Sinistra Europea, su invito del Partito Comunista Cubano (PCC). Nel gruppo della sinistra radicale erano presenti Maite Mola, vicepresidenta del Partito della Sinistra Europea (Partido de la Izquierda Europea, Spagna), Renato Soeiro (Bloco de Ezquierda, Portogallo),Yiannis Bournous (responsabile esteri Syriza, Grecia) Obey Ament (Partito Comunista Francese), e Maurizio Acerbo (della segreteria nazionale del Partito Rifondazione Comunista, Italia). Per me è stato un vero piacere conoscere il compagno Maurizio e poter scambiare due chiacchiere sul nostro triste paese d’origine, nella bellissima Piazza San Francisco, ne L’Avana Vecchia.

Il mio grande dubbio, che manifesto a Maurizio, la mia grande preoccupazione sulla nostra penisola, è che gli italiani di sinistra sembrano avere perso la bussola e la coscienza politica e continuano a considerare il Partito Democratico (PD) un partito a sinistra. “C’è stato un lungo processo di mutazione genetica della maggioranza dell’ex Partito Comunista, dove gli stessi ex comunisti sono diventati la minoranza ed a dirigere il partito adesso c’è Matteo Renzi, che non è mai stato neanche di sinistra, né comunista, era democristiano! Il fatto più impressionante è che il partito di Renzi è riuscito a portare avanti le politiche neoliberali di destra con un’efficacia che il centro-destra non aveva mai ottenuto”. “Questo succede perché l’unificazione dei gruppi capitalistici nazionali ed europei permette un’egemonia nel campo mediatico in appoggio a Renzi, crea difficoltà nei sindacati e nelle organizzazioni sociali nel fare un’opposizione efficace quando al governo risulta esserci ‘la sinistra’, crea confusione e provoca una delusione profonda nel popolo, ormai spoliticizzato e deluso”. “Purtroppo il grande assenteismo elettorale è da attribuirsi agli elettori di sinistra. E questo non è un problema per i gruppi capitalisti, perché le leggi elettorali che si stanno approvando con il governo Renzi ricordano quelle in vigore durante il fascismo di Mussolini, cioè consentono con una minoranza di voti di avere la maggioranza nel Parlamento, se arrivi primo alle elezioni tra tutti i partiti. Il nostro compito è ragionare sul fatto che, nonostante l’impoverimento della società, i tagli drastici sull’educazione e sulla sanità, un tasso altissimo di disoccupazione non aumenta l’adesione a sinistra”. “Infatti, esistono due problemi fondamentali: uno è lo spaesamento creato dal fatto che al governo ci dovrebbe essere una supposta ‘sinistra’ e l’altro è che esiste un’egemonia tra centro-destra e centro-sinistra nell’ideologia neoliberista tra le masse popolari”.

“Per ribellarti deve avere la coscienza che una cosa è ingiusta, non ci si può ribellare contro la pioggia: se ti convincono che certe riforme sono corrette, tecniche, quasi naturali non poi sentirti tradito. Poi, oltretutto, grazie ad un pesante lavoro mediatico, lo scontento popolare, sia in Italia che in altri paesi europei, non è più diretto contro il potere dei ricchi o il capitale, ma viene spostato verso gli immigranti stranieri. Si crea così un meccanismo di guerra tra poveri, il malcontento generale non è più opera del governo o delle manovre assassine del debito europeo che continuiamo a pagare più e più volte, ma dall’arrivo di troppi immigranti”.

“Però non sarebbe onesto non citare che la colpa di questa situazione è dovuta anche alla frammentazione della sinistra, non esiste una forza consistente per poter creare un’alternativa a sinistra del PD. Come Rifondazione Comunista (RC), stiamo cercando di portare avanti al massimo un’attitudine unitaria, dialogando sia con le formazioni politiche più radicali (che purtroppo a volte sono così settarie che non consentono l’unità, occupate in una gara per vedere chi è il più rivoluzionario) sia con i compagni che si sono staccati da noi cercando un’alleanza con il PD ed il centro-sinistra, perché ritornino con noi, in un soggetto unitario e plurale, dove possa esserci tutta la sinistra anti-liberista”. “Da qui, potremmo costruire un punto di riferimento per il popolo italiano che abbia una credibilità per presentare un’alternativa reale alle politiche capitaliste. Nel 1991, come Rifondazione Comunista, ci siamo battuti per il NON scioglimento del Partito Comunista Italiano ed i fatti oggi ci stanno dando ragione”. “Dal cambiamento del nome, siamo arrivati oggi fino al PD, come diceva la buona anima di Ingrao, che non può nemmeno essere considerato una formazione di sinistra social democratica”. “E’ un partito neoliberista, che ha lo stesso programma dei conservatori britannici, ha portato l’Italia ad una situazione simile a quella degli USA: sulle principali questioni di politica economica ed internazionale non c’è differenza tra repubblicani e democratici. Un esempio può essere l’aggressione contro Gheddafi: mentre Berlusconi era titubante sul fatto di appoggiare la NATO per assalire la Libia, il PD criticava il centro-destra per la sua timidezza. Questo perché i partiti capitalisti del sud del mondo non sono assolutamente attratti dalle politiche di interesse nazionale, vogliono solo legittimarsi presso l’Impero, sono ansiosi di dimostrare che sanno fare bene i compiti che assegnano loro i padroni del Nord”.

Cambiando tema, chiedo a Maurizio, che è per la prima volta a Cuba, cosa ne pensa di questa isola caraibica, come è stato l’incontro con i compagni cubani. “Per me è stata un’esperienza assolutamente soddisfacente e non lo dico per rapporti diplomatici. Cuba, per molti italiani, è un pezzo di cuore, abbiamo con lei un legame fortissimo e noi di RC non abbiamo mai assimilato Cuba alle esperienze di socialismo importato dall’esterno di vari paesi dell’Est europeo. Stimiamo molto il PCC per l’onestà dei suoi dirigenti e per l’originalità della sua Rivoluzione, dovuto al suo radicamento popolare, nell’esperienza concreta del popolo cubano”.

“In questa settimana di incontri i miei pensieri positivi su Cuba si sono confermati: infatti ho potuto ascoltare sia funzionari, che dirigenti sia del partito che delle organizzazioni sociali che ho considerato molto sinceri nell’esporre i problemi e le difficoltà e molto determinati nella lotta per salvaguardare l’esperienza della Rivoluzione cubana, farla progredire, sviluppare ed attualizzare, per non darla vinta all’Impero e prepararla quando succederà l’inevitabile sostituzione della dirigenza storica della Rivoluzione”.

“Mi è molto interessata la preparazione politica dei funzionari del PCC, che hanno una visione molto chiara dei loro compiti a Cuba ed anche nello scenario internazionale. Noi abbiamo potuto spiegare le nostre orientazioni come Partito della Sinistra Europea, ricordare che il nostro progetto è figlio di quello che Cuba ha fatto nel continente latinoamericano, costruendo un fronte ampio, combattendo su base nazionale ed anche unendo, con una prospettiva continentale tutta la sinistra dell’America Latina”. “Mi ricordo una visita in America Centrale nel 1990, in Salvador c’era ancora la guerra civile ed in Guatemala una repressione orribile: come potevamo immaginare che nel 2015 un guerrigliero potesse essere presidente della repubblica in Salvador e che in Guatemala il popolo potesse esigere il carcere per un presidente corrotto?”.

“Chi avrebbe potuto pensare, negli anni ’90, ad un’unione così grande in America Latina di tanti governi progressisti?”.

“Ci siamo impegnati con i compagni cubani a ritornare in Europa ed a batterci per la caduta del bloqueo genocida che gli Stati Uniti esercitano contro Cuba, smentire la propaganda dei mass media capitalisti europei che vuole far credere che il nuovo allacciamento dei rapporti diplomatici, annunciato il 17 dicembre 2014, abbia fatto cadere tutte le proibizioni assurde contro l’isola. Sappiamo invece che tutti i divieti continuano in piedi e ringraziamo i compagni del PCC che ci hanno fornito alcune informazioni fondamentali per implementare il lavoro politico in sostegno di Cuba e di tutti gli altri paesi latinoamericani, che attualmente sono investiti dalla forza capitalista con una campagna violenta mediatica di menzogne dell’estrema destra, finanziata dagli Stati Uniti”.

Devo ammettere che mi fa piacere ascoltare Maurizio, le sue parole accendono una fiammella di speranza dentro di me per questa povera Italia mia.

Anche l’ultima votazione all’ONU contro il bloqueo è motivo di allegria e conferma che di fronte al mondo quelli che sono rimasti soli sono i due paesi più genocidi del mondo: gli Stati Uniti ed Israele.

E pensando a quello che mi commentava Maurizio sull’unità della sinistra, sul settarismo politico, concludo con le parole di Antonio Guiteras, cubano, e secondo il Che Guevara, “il più grande lottatore antimperialista”: “Solo la forza dell'unione di tutti gli uomini —anche se possiedono differenti tendenze politiche—avvolti nella lotta, per ottenere un regime di libertà e giustizia, potrebbe conseguire il trionfo di una vera Rivoluzione.”

*corrispondente a Cuba del sito web Cubainformacion.tv

 

   

 

 
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L'America Latina non vive un'epoca di cambiamenti, bensì un cambiamento di epoca

Post n°297 pubblicato il 21 Agosto 2015 da tigrilla37
 

di Ida Garberi * 

 

“Nella storia degli uomini ogni atto di distruzione trova la sua risposta, presto o tardi, in un atto di creazione”.  

Eduardo Galeano 

Correa Obama 

La famosa frase del titolo, enunciato del presidente ecuadoriano Rafael Correa, oggigiorno, non è oramai qualcosa di profetico, bensì una realtà invariabile. 

 

Stava pensando proprio questo mentre osservava John Kerry parlando nel cortile della nuova ambasciata statunitense a L'Avana. Lui stesso ha dovuto ammettere: “Prima di terminare voglio, sinceramente, ringraziare i leader delle Americhe, che hanno spronato gli Stati Uniti e Cuba per molto tempo affinché allacciassero di nuovo i loro lacci diplomatici normali”. 

 

Questa dichiarazione ammette che il popolo cubano ha sconfitto il vicino del Nord. 

 

Dal trionfo della Rivoluzione nel 1959, Cuba rappresentò un raggio di luce nel continente: però poi, ha dovuto pagare molto caro la sua disubbidienza. Il suo nemico, a sole 90 miglia, che tentò isolarla dall'America Latina (nel 1962 l'OSA - Organizzazione degli Stati Americani - ruppe le relazioni diplomatiche con l'isola), la condannò ad un bloqueo genocida, ancora vigente.  

 

Dopo l'espulsione dall'OSA, il popolo di Cuba ha emesso la “Seconda Dichiarazione de L'Avana”, un appello a tutti i popoli dell'America Latina e del mondo dove rivendica il lascito martiano e segnala il principale nemico dell'indipendenza e della sovranità del continente: il potere imperialista di Washington. 

 

Questa dichiarazione costituisce un appello all'insubordinazione ed alla disubbidienza di tutte le nazioni contro un potere egemonico che vuole schiacciare le aspirazioni di libertà, uguaglianza e giustizia sociale degli umili e dei poveri della terra americana. 

 

Penso che questo testo, pilastro dei distinti processi di integrazione e resistenza agli appetiti imperiali degli USA, sia una delle fonti di ispirazione dei nuovi leader progressisti dell'America Latina. Chavez, Correa, Morales sono arrivati al potere nel momento in cui l'America Latina già non era più un fuoco insorgente, le armi non risultarono essere la soluzione per vincere il “Norte revuelto y brutal”; il socialismo del XXI secolo è l'evoluzione del progetto emancipatore del XIX secolo di Josè Martì e Simon Bolivar, ed i popoli latinoamericani hanno capito che  dovevano creare una federazione di tutte le forze progressiste con un piano di integrazione regionale basato nella solidarietà, nella reciprocità, nella giustizia sociale e nella preservazione della cultura per vincere, nell'unità.  

 

Un'altra volta, Cuba, col suo Comandante in capo Fidel Castro, è stata il faro che, con Hugo Chavez, ha creato nel 2004 l'Alternativa Bolivariana per le Americhe, ora Alleanza Bolivariana per i Popoli della Nostra America, e che volle realizzare un'integrazione basata nella cooperazione, nella solidarietà e nella volontà comune per soddisfare le necessità e gli aneliti dei popoli latinoamericani e caraibici e, allo stesso modo, preservare la sua indipendenza, sovranità ed identità. Sorsero in seguito progetti come Petrocaribe, fino alla CELAC (Comunità degli Stati Latinoamericani e Caraibici), organizzazione regionale intergovernamentale che riunisce i paesi dell'America Latina e dei Caraibi, senza l'ingerenza degli Stati Uniti e del Canada. 

 

Il suo Vertice di fondazione è stato il 2 ed il 3 dicembre 2011 a Caracas con la presenza dei Presidenti e dei Capi di Governo di 33 paesi latinoamericani e caraibici, presieduta dal nostro scomparso Comandante Eterno, Hugo Chavez. 

 

Tra i governi progressisti del XXI secolo, la Rivoluzione Cittadina di Rafael Correa presiede questo anno la strategica organizzazione e lo stesso presidente affermò che “la CELAC dovrebbe sostituire l'OSA, che è sempre stato uno strumento di dominazione del governo statunitense”. “La nostra agenda di lavoro avrà 4 assi: la pianificazione dell'integrazione per far scomparire la povertà estrema; la nuova architettura finanziaria regionale; la regolazione del capitale multinazionale ed, in maniera fondamentale, la garanzia dei diritti umani”.    

 

E come sicurezza che per Correa la solidarietà non è solo una parola, possiamo ricordare il suo appoggio incondizionato a Cuba dal suo arrivo al potere nel 2006: contribuì sempre con appoggio materiale in seguito ai danni degli uragani che hanno colpito l'Isola e nel 2012 istituì la Missione di Appoggio alla Riabilitazione ed alla Costruzione Ecuador-Cuba Eloy Alfaro che edificò 1600 soluzioni domiciliari in Santiago di Cuba; nella lotta politica fu il primo presidente che ebbe il coraggio di chiedere agli USA la liberazione dei Cinque cubani nel Vertice dell'OSA di Trinidad e Tobago con Obama fisicamente presente nel forum; nel campo diplomatico fu il primo presidente che ha avuto l’idea di disertare i Vertici delle Americhe fino a che Cuba non fosse ammessa di nuovo. Ed in tutte queste sfide chi ha vinto è stato Rafael Correa, con l'appoggio di Nostra America.  

 

L'Ecuador è ora chi ha bisogno di solidarietà poiché è minacciato da “un golpe soave” come parte della restaurazione conservatrice di settori di destra che persero il potere. Cuba è pronta per offrire il suo appoggio incondizionato. Si sono emesse dichiarazioni dell'Assemblea Nazionale cubana e perfino lo stesso popolo ha inviato il suo spirito di Resistenza a Rafael Correa ed alla Rivoluzione Cittadina ecuadoriana.

 

Un'altra volta, per concludere, incontro alcune parole di Fidel Castro che possono servire per riflettere, sia per Cuba che per l’Ecuador, due paesi che affrontano momenti determinanti. Alla sua entrata a L'Avana a Ciudad Libertad l’8 gennaio 1959, affermò: “Credo che sia questo un momento decisivo della nostra storia: la tirannia è stata abbattuta. L'allegria è immensa. E tuttavia, rimane molto da fare, ancora. Non dobbiamo farci illusioni credendo che, da adesso, tutto sarà facile; magari, da adesso, tutto sarà più difficile”. 

*corrispondente di Cubainformacion a Cuba   

 

 
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“Las palabras como armas”: Antonio Guerrero a Milano

Post n°296 pubblicato il 29 Maggio 2015 da tigrilla37
 

Tony1

Il periodo di riflusso politico che ebbe inizio negli anni Novanta del secolo passato, dopo il crollo dell’URSS e della maggior parte dei paesi socialisti, fu anche lo scenario di emergenza da parte di Cuba di fronte all’implementarsi delle azioni di destabilizzazione della Rivoluzione cubana da parte degli Stati Uniti del Nord America, la cui virulenza rese necessario che il popolo cubano e il suo governo aumentassero la propria vigilanza rivoluzionaria infiltrando i propri agenti della sicurezza di Stato in seno a quelle organizzazioni terroriste anticastriste con sede a Miami.

 

E’ da qui che nasce l’eroica storia dei Cinque eroi cubani, che misero da parte i propri affetti e la propria vita personale per difendere il proprio Paese da siffatte azioni terroriste organizzate dalla mafia cubano americana, e che per questo dovettero patire - inoltre - le sofferenze e le privazioni del duro regime carcerario statunitense.

 

Un aspetto centrale di questa esperienza è il processo di costruzione dell’identità rivoluzionaria, fattore che ha reso possibile la Resistenza soggettiva alla barbarie carcerarie, come ha raccontato Tony Guerrero durante il suo incontro in un’aula piena di studenti dell’Università degli Studi di Milano. 

 

Questo processo interiore, come quello inerente alla costruzione di un’identità collettiva, include la necessità di farsi proprio un universo di referenze capaci di dinamizzare la volontà, di materializzare sensazioni, di contrarrestare quelle forze centrifughe della soggettività individuale e che Tony Guerrero - rinchiuso in isolamento carcerario per 17 mesi consecutivi durante i 16 anni che ha dovuto scontare - è riuscito a trasmettere attraverso i suoi “versos sencillos”. 

 

Ebbene, nel caso di Tony ciò che si evince dal suo incontro universitario “La palabra como armas” è che la dinamica di Resistenza della sua identità rivoluzionaria (la sua cosmovisione poetica) non è solo la materializzazione di un insieme di formulazioni teorico-ideologiche ma, anche, di una strutturazione di un immaginario politico - teoria e prassi - fortemente intriso di elementi propri di una cultura rivoluzionaria d’innegabile tradizione martiana, facilmente riconoscibile a partire dal trionfo della Rivoluzione cubana (1 gennaio 1959) e da colui che rappresenta - senz’altro - il più degno rappresentante, il comandante in capo di tutti gli umili della terra: Fidel Castro Ruz. 

 

La “parola come arma”, vale a dire la poesia come strumento per interiorizzare le sofferenze delle carceri imperialiste statunitensi, in questo senso, ha rappresentato per Tony un elemento fondamentale tanto della costruzione della propria identità come rivoluzionario - fattore che traspare ascoltandolo narrare siffatta esperienza personale - come dell’esempio che ne viene fuori per tutti, là dove orbene si evince la condotta che deve mostrare un vero rivoluzionario di fronte a chi, dalla sua parte, ha solo la ragione della forza. 

 

Ascoltando le parole di Tony Guerrero, davanti ad una platea di giovani universitari italiani, palesemente trasportati in cielo (come quelle farfalle cubane che diedero dignità alla sua vita carceraria), è impossibile disconoscere che i vincoli tra certe componenti del pensiero martiano e marxista rivoluzionario non sono affatto qualcosa di astratto o immaginario, ma rappresentano la forza della ragione di questi Cinque Eroi Cubani, degni rappresentanti dell’invitto popolo cubano.

 

Da siffatta prospettiva, si deve leggere l’incontro che si è tenuto presso l’università degli studi di Milano, cercando di interpretare al meglio le caratteristiche di una figura chiave dell’universo rivoluzionario cubano: quella di un eroe. La forma in cui questa figura rivoluzionaria si è articolata in un sistema di principi rivoluzionari e che nella interiorizzazione delle sofferenze carcerarie, nella conquista della libertà, costituiscono a loro volta uno degli esempi più alti della vita di un rivoluzionario che ha deciso di dare tutto per una giusta causa come quella della difesa della propria Patria e della propria Rivoluzione, contro le azioni terroriste e sovversive degli Stati Uniti del Nord America. 

 

Gli studenti universitari di Milano non hanno ignorato tale esempio che è riuscito a trasmettergli Antonio Guerrero, oggi le sue poesie, le sue parole di amore alla vita e di indomabile Resistenza, riecheggiano nelle aule di quell’università e prendono il volo verso l’orizzonte, verso quel sol dell’avvenire che oggi, grazie a Tony, grazie ai Cinque eroi cubani, grazie a Fidel e Raul, grazie al comandante eterno Hugo Chavez, è diventato realtà e che si chiama: Patria Grande! 

 

di Alessandro Pagani, scrittore e storico

 

esclusivo per it.cubadebate.cu

 
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Antonio Guerrero: «Chi considera Cuba un piccolo faro, dovrebbe desiderare il cambiamento anche a casa propria»

Post n°295 pubblicato il 26 Maggio 2015 da tigrilla37
 

«Come diceva il nostro eroe  rivoluzionario José Martí: “Un principio giusto, in fondo a una grotta, è più forte di un esercito”; e per un periodo le nostre celle, negli Stati Uniti, erano in pratica dei buchi. Ma noi siamo sempre stati determinati, mai deboli. Anche quando abbiamo pensato che forse saremmo morti in prigione. Non potevamo tradire un popolo che ha resistito a tutte le aggressioni.». Antonio Guerrero, uno dei cinque eroi cubani («los 5»), ingegnere, poeta e pittore, ha raccontato a Roma ad un evento organizzato da Associazione italiana Cuba e l’Ambasciata cubana in Italia, fra gli applausi, la sua lunga prigionia, sulla base di una sentenza di condanna per spionaggio oltremodo ingiusta: i cinque agenti cercavano solo di proteggere Cuba dalle attività terroristiche statunitensi che hanno costellato la storia dei due paesi.

Già, la storia: Antonio, che ha ripetuto di rappresentare i cinque ma di voler essere considerato uno degli undici milioni di cubani, ha spiegato: «la storia del mio paese è piena di eventi importanti, forse quella di noi cinque non è così grande come quella dei nostri medici che in Sierra Leone hanno lottato contro l’Ebola», precisando: «uno di loro mi ha raccontato che i dottori degli altri paesi lasciavano ai cubani le situazioni e i casi più difficili». Del resto «anni fa il presidente nordamericano Barack Obama disse che le decine di migliaia di medici cubani che salvavano vite nelle situazioni più disperate erano fra le carte vincenti di Cuba e perdenti per gli Usa». Tanto che «a soli 90 chilometri dall’impero che minaccia di portare il mondo alla catastrofe, la rivoluzione continua, Cuba resiste e continua a scrivere pagine importanti. E questo dimostra che un mondo migliore è possibile».
La vicenda de «los 5» è servita a sensibilizzare molto le persone. Ma ad esempio gli statunitensi hanno potuto sapere qualcosa dei cinque solo quando loro sostenitori di diversi paesi hanno comprato una pagina a pagamento sul New York Times. Ma questo non basta: «Il popolo statunitense – e non solo –  vive disinformato, vive in un altro mondo. E’ che i grandi media, e le teste “pensanti” in molti posti del mondo cercano, nel loro interesse, di far sì che l’essere umano sia egoista. Ma ancora una volta, ricordiamo José Martí: “La vera persona non guarda a dove si vive meglio ma a dove si trova il proprio dovere”; ecco una delle grandi battaglie dell’umanità. Il nostro eroe diceva anche: “La morte non è vera, quando abbiamo compiuto bene l’opera della vita».
Antonio Guerrero, ringraziando chi ha agito per la liberazione dei cinque agenti antiterroristi («la prima manifestazione di solidarietà pubblica la avemmo al ritorno in cella, dopo la terribile sentenza; tutti i detenuti applaudivano e ci incoraggiavano»), ha esortato i sostenitori di Cuba ad agire per il cambiamento anche a casa propria: «Se vedete Cuba come un piccolo faro che fa la differenza nel mondo, ognuno di voi dovrebbe avere il desiderio che il paese nel quale vive sia diverso. La lotta non può essere in una sola direzione. Noi abbiamo poche risorse, voi ne avete molte di più. Ma la porta della speranza è aperta».
Guerrero ha parlato del presente e del futuro dei cinque nel contesto della Cuba di adesso. «Non so che cosa faremo, l’importante è fare le cose con amore e per il bene di tutti. C’è tanto da fare, non riesco a immaginare come ci siano persone che la mattina si svegliano e non pensano a questo! E sempre per citare Martí: “Dimentica quel che hai fatto, concentrati su quello che devi ancora fare”. E anche “il miglior modo per dire è fare”…ma certo per adesso noi parliamo tanto, dappertutto, fino a quando daremo conferenze?…»
L’attualità è certo piena di dubbi, apparentemente confusa. «Adesso i media occidentali parlano – male – più del Venezuela che di Cuba. Dobbiamo appoggiare la rivoluzione in Venezuela, e studiare il pensiero di Hugo Chávez». I Cinque sono stati invitati a caracas dal presidente bolivariano Nicolás Maduro. Racconta Antonio: «La visita ci ha fatto capire la complessità, le sfide e i successi della rivoluzione avviata nel 1999. Quel paese ha diritto di decidere sul proprio destino, senza ingerenze. Saremo sempre dalla sua parte!». Guerrero ha anche raccontato della visita a un barrio, che prima della svolta bolivariana era come tanti altri in una situazione di totale miseria. Il riscatto è in corso, anche con l’aiuto della missione medica cubana, nel quadro della collaborazione fraterna fra i due paesi. Sull’avvicinamento agli Stati uniti, e sugli eventuali pericoli, rispondendo a una domanda dal pubblico Guerrero è stato chiaro: «Il capitalismo non è la soluzione per i problemi di questo mondo. Noi diciamo che così come finirono gli altri imperi, forse un giorno finirà questo incubo, ma fino a quel momento non sarà possibile una politica totalmente onesta e giusta con Cuba e con gli altri paesi. Per sostenere lo stile di vita degli Stati uniti, questi hanno bisogno per forza di dominare altri paesi. In precedenza, abbiamo visto quello che facevano a Cuba, adesso i meccanismi sono altri. Gli Usa avevano visto che stavano perdendo opportunità. Adesso cercano di inserirsi nella nuova apertura. E secondo me lo stanno facendo con un calcolo ben preciso».  Del resto, lo hanno anche dichiarato, sia Obama sia la Clinton per la quale «nonostante le buone intenzioni, la nostra politica di decenni di isolamento ha solo rafforzato la presa del regime di Castro sul potere». Molto chiaro.
Ma, ha continuato Antonio Guerrero, «noi cubani non siamo idioti Magari qualcuno pensa che i giovani cubani abbiano meno coscienza, meno senso storico. Ma questo vale anche per la gioventù italiana» (avremmo voluto dire ad Antonio: “mille volte di più”), «i tempi sono cambiati, ma io ho incontrato varie volte i giovani cubani e posso dirlo: le giovani generazioni hanno passato a Cuba momenti economici molto difficili – durante il periodo especial – ma continuano a difendere la rivoluzione. Hanno la responsabilità di succedere alla generazione storica della rivoluzione, e saranno loro a difendere il futuro di Cuba. Sono sicuro che loro conoscono il mostro. Siamo preparati. E adesso i nostri giovani sono anche in Nepal ad aiutare le vittime del terremoto. Questa è la gioventù cubana».
Tuttavia, gli abbiamo chiesto per L’AntiDiplomatico e per Radio Habana Cuba, malgrado la tenuta politica e morale dei cubani, non si profila il pericolo di una invasione del consumismo, la seguito di milioni di turisti statunitensi e degli altri aspetti dell’acercamento (avvicinamento) che sta sostituendo il bloqueo? Non sarà il consumismo a sconfiggere gli ideali della rivoluzione martiana, che in questo mondo è anche abbastanza marziana? Antonio, dopo tanti anni di assenza, come ha trovato Cuba? La sua risposta: «in 24 anni il mondo è cambiato. Cuba anche. Il consumismo non c’è a Cuba. Noi abbiamo la sfida di soddisfare i bisogni delle persone, non ha niente a che vedere con il consumismo. Basta stare a Cuba e confrontarla con altri paesi. Dobbiamo dare di più al popolo. Produrre di più. Eliminare la doppia moneta. Nel mondo di oggi nessuno sfugge alla povertà. E chi ha consumismo ha più problemi, ci sono più differenze. Hanno di tutto, incentivano la gente a comprare e la gente si sente sempre più frustrata. Noi cerchiamo di lavorare per migliorare il livello di vita delle persone, dopo il periodo especial.  Cuba non c’è consumismo. Ci sono più possibilità, di mangiare e di altro. E vogliamo che arrivi a tutti. Questo è quel che percepisco, dopo 24 anni di assenza». Quindi nessun pericolo di invasione? «Nessun pericolo, nessun pericolo. No hay peligro. No hay peligro. No hay peligro».
di Marinella Correggia
foto: Associazione Nazionale di Amicizia Italia-Cuba
da www.lantidiplomatico.it
 
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Manifesto per le bambine

Post n°294 pubblicato il 29 Aprile 2015 da tigrilla37
 

biancaneve moderna

1. Non sei e non sarai mai una principessa, a meno che tua madre o tuo padre siano reali o conoscano un principe che ti sposi. Sei una bambina come le altre. Se ti identificherai in qualcuno fa lo stesso che si tratti di principesse, amazzoni, guerriere, artiste o calciatrici.

2. I principi azzurri non esistono. Appartengono alle fiabe che ti raccontano per farti accettare che il tuo ruolo nel mondo è quello di aspettare l’uomo ideale che riesca a liberarti dal peso di essere una donna responsabile e autonoma, che ti salvi dalle fatiche della società e ti trasformi in madre di bambini che dovrebbero completarti come essere umano.

3. Tutti i giochi del mondo vanno bene per te. Non è vero che ci sono cose per maschi e cose per femmine. Ti regaleranno cucine, bambolotti e trucchi per farti abituare a queste attività una volta che sarai grande, anche se studierai all’università e ti appassionerai ad un lavoro. Se vuoi avere più macchinine che bambole va più che bene. Non permettere a nessuno di diritti il contrario.

4. Non ci sono limiti alla tua volontà di essere libera. Il meglio che possa accadere nella vita è scegliere aldilà del tuo genere, senza condizioni, e che le tue scelte siano il frutto dei tuoi desideri.

5. Non accettare che ti dicano “una bambina non fa questo”. Quelli che parlano così vogliono tapparti le ali e segnare il cammino che credono che tu dovresti seguire. Difendi le tue decisioni, cresci sapendo che quelli che sostengono divisioni in base al sesso hanno cervelli piccoli e menti indegne.

6. Arrampicati su tutti gli alberi che vuoi. Questo non significa essere un maschiaccio, significa essere viva e saper giocare. Ricorda che per questo avrai bisogno di vestiti comodi.

7. Nonostante oggi la donna abbia percorso gran parte del suo cammino verso la liberazione totale, troverai discriminazioni da parte di quelli che ti circondano. Ricorda che lo fanno perché hanno paura e sono ignoranti. Se puoi, spiegagli che si sbagliano. Altrimenti, prosegui sulla tua strada: che la tua vita sia la migliore dimostrazione che non sanno cosa dicono.

8. Il mondo è pieno di colori bellissimi, il rosa è solo uno tra i tanti. Che la tua esistenza sia un arcobaleno, non una meringa o una telenovela.

9. Cerca giochi che vadano aldilà di cambiare pannolini, allattare e usare pentole di plastica.

10. Evita le pubblicità. Evita la moda. Evita tutto quello che vogliono importi in televisione, finché non sarai in grado di comprendere quel che realmente ti serve di tutto ciò.

11. La tua amichetta che ha più bambole di te non è più felice.

12. Non smettere mai di chiedere perché le cose sono come sono. Non accettare mai la prima risposta. Non rimanere mai con dubbi. La conoscenza è luminosa e ti apre porte.

13. Fuggi dalla violenza. Non perché sia patrimonio degli uomini, ma perché è lo strumento degli imbecilli.

14. Nessuno ti amerà di più perché sarai magra o avrai tette grandi. Almeno nessuno che valga la pena conoscere.

15. Guardare cartoni animati va bene, ma devi anche leggere. Leggi molto. Leggi fino al punto che ti faranno male gli occhi. Leggi racconti, novelle, storie di pirati, extraterrestri e balene bianche. Anche se al principio non capirai quel che stai leggendo perché sei piccola, qualcosa rimarrà nella tua mente e la aprirà.

16. Non escludere di leggere Cenerentola, ma ricorda che lei e tutte le altre terminarono con un esaurimento nervoso nella parte che viene dopo il “vissero per sempre felici e contenti”.

17. Stesso discorso per la musica. Il mondo non finisce con Shakira. Se puoi, impara a suonare uno strumento, uno qualsiasi.

18. Sposarti ed essere mamma è uno dei tuoi possibili futuri, non è obbligatorio. Il tuo futuro non è scritto su una pietra, è come l’argilla e tu puoi modellarlo.

19. Non sei troppo piccola per capire, il fatto è che spesso noi grandi non sappiamo come spiegarti.

20. Le ragazze che appaiono nude sulle copertine delle riviste e nella televisione lo fanno perché credono che non hanno nient’altro da mostrare. Tu mostra il tuo cervello. A contrario del culo, ogni anno sarà sempre più solido.

da https://noentiendonada.wordpress.com/

traduzione Vincenzo Basile


FOTO di Dina Goldstein

 
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