Giglio Tigrato
la principessa dell'Isola che non c'èE già....dopo anni di lotta per liberarli...di lettere bellissime che ci siamo scambiati....posso abbracciare e conoscere Antonio Guerrero, uno dei Cinque cubani che erano prigionieri politici dell'imperialismo. Non mi sembra vero....a volte mi sembra un sogno.....W Cuba!!! HASTA LA VICTORIA SIEMPRE!!!!
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Che bello! Ritrasmetteranno un'altra volta alla televisione, ora al fine d’anno, il concerto di Silvio con e per i nostri Cinque Eroi nel canale Cubavision.
Per quelli che dubitino che esiste il “reale meraviglioso” ed il “realismo magico”, inventati da Alejo Carpentier e Garcia Marquez, rispettivamente, hanno avuto la dimostrazione assoluta, la prova di fede, nel 62°concerto di Silvio Rodriguez nei quartieri, questa volta insieme ai Cinque Eroi: Gerardo, Antonio e Ramon, tornati in patria il 17 dicembre, con Fernando e Renè già in Cuba, dopo aver compiuto le loro condanne. È necessario reiterarlo, perché i fatti di questi giorni sono parte fondamentale della storia di Cuba e dell'America.
La relazione dei Cinque con “L'era”, canzone di Silvio scritta nel 1967, quando quasi tutti loro erano bambini o adolescenti, è stata magari l'aneddoto più trascendentale della notte riferito da Tony: come lui ha raccontato, la cantavano nei momenti più difficili, appena imprigionati. Questa canzone, i cubani la conoscono cantata da Omara Portuondo; è stata filmata per un documentario di Santiago Alvarez in giorni convulsi negli Stati Uniti, in mezzo alla lotta per i Diritti Civili, parallelamente alla guerra del Vietnam, ed ad un anno dalla morte del Che Guevara.
Allora Silvio era un ragazzino cantautore, magrolino e pallido, ma la cui voce calda commuoveva quasi tutti quelli che lo ascoltavano. Ho avuto la fortuna di ascoltarlo, per la prima volta, in compagnia di Haydée Santamaria. C'erano vari bravi cantautori ed ho fatto alcuni commenti, su di loro. In quanto a lui, ho detto : “ma che magro è, e la sua voce…” Lei mi ha zittito rapidamente: “Ma questo è la bandiera”. Ed io ho capito: Haydée normalmente si pronunciava, molte volte, metaforicamente. Ho pensato proprio a questo aneddoto, quando ho cominciato ad ascoltarlo nel 62° concerto, tanto singolare ed impensabile, coi Cinque Eroi, cantando emozionati insieme ai loro familiari, questa ed altre canzoni, ed aumentando la bella drammaticità di questo concerto singolare ed unico.
Le migliaia di giovani ed il popolo in generale che hanno riempito il parcheggio dello Stadio Latinoamericano od hanno visto per televisione l'appassionante episodio in diretta o nella sua ritrasmissione, senza alcun dubbio, sono stati testimoni ed attori di un altro momento impressionante della Storia di Cuba: l'annuncio di Raul che confermava quello che alcuni anni fa aveva assicurato Fidel, riferendosi ai Cinque Eroi: “Ritorneranno.”
Sono state fortunate le generazioni di cubani che hanno potuto vivere questo momento, che è rimasto registrato per quelli che non sono ancora nati, come Gemma, la futura figlia di Adriana e Gerardo–un altro episodio del realismo magico–e molti altri bambini.
Certamente: “L'era sta partorendo un cuore. / Non ne può più, muore di dolore, / e bisogna soccorrerla correndo / perché si sta perdendo il futuro (…)”.
Poeticamente torna a prevalere il senso della canzone degli anni sessanta ed il popolo cubano ha dimostrato, in questo concerto così spontaneo, in circostanze cruciali del mondo, il rispetto che ha verso il presidente Obama, ma anche un’enorme fiducia nel nostro futuro.
di Marta Rojas
da Cubadebate
foto: Ladyrene Perez
traduzione di Ida Garberi
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“Se mi ammazzano, tirerò fuori le braccia dalla tomba e sarò più forte”. Con questa frase, l'attivista dominicana Minerva Mirabal rispondeva agli inizi della decade degli anni 60 a chi le faceva notare quello che allora sembrava un segreto di Pulcinella: il regime del presidente Rafael Leonidas Trujillo (1930-1961) l’avrebbe ammazzata.
Il 25 novembre 1960, il suo corpo apparve brutalmente colpito in fondo ad un burrone, all'interno di una jeep insieme a due delle sue sorelle, Patria e Maria Teresa, e l'autista del veicolo, Rufino de la Cruz.
Più di mezzo secolo dopo, la promessa di Minerva ci sembra che si sia compiuta: la sua morte e quella delle sue sorelle per colpa della polizia segreta dominicana, è considerata da molti uno dei principali fattori che portò alla sconfitta del regime di Trujillo.
Ed il nome delle Mirabal si è trasformato nel simbolo mondiale della lotta della donna.
Questo martedì, come ogni 25 novembre, la forza di Minerva, Patria e Maria Teresa si farà sentire specialmente con motivo del Giorno Internazionale per Eliminare la Violenza contro la Donna che è stato dichiarato dall'ONU in onore delle sorelle dominicane.
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Il quotidiano statunitense The New York Times ha pubblicato sei editoriali su Cuba in sei settimane consecutive, tutti nelle sue edizioni di fine settimana, tutti in inglese ed in spagnolo.
Credo che il tema più importante è il riconoscimento fatto all’isola per il combattimento contro l’Ebola, con il titolo “L’impressionante contribuzione di Cuba nella lotta contro l’Ebola”, l’influente giornale spiega che il panico che ha generato l’epidemia attorno al mondo non ha prodotto una risposta adeguata da parte delle nazioni che hanno la capacità di appoggiare.
Il quotidiano risalta che il Governo cubano ha abilitato 460 medici ed infermieri in quanto alle strette precauzioni che sono necessarie per curare i pazienti che soffrono un virus altamente contagioso e che un primo gruppo, conformato da 165 professionisti, è arrivato a Sierra Leone nei giorni scorsi. Perfino John Kerry ha lodato gli sforzi di Cuba, trattando il tema del virus mortale.
Negli articoli, gli editorialisti chiedono che gli Stati Uniti mettano fine al bloqueo che mantiene dal 1960, ritiri l'isola della sua lista di paesi patrocinatori del terrorismo, smetta gli sforzi nascosti per abbattere il governo a L'Avana, restauri le relazioni diplomatiche di più alto livello, assenti dal 1961, non si dedichi più a rubare i cervelli cubani, soprattutto i medici in missioni all’estero con false promesse di ricchezza.
Inoltre il giornale difende l'idea di uno scambio di carcerati che permetta la liberazione del subappaltatore governativo statunitense Alan Gross, detenuto in Cuba da quasi cinque anni, per attività destabilizzanti contro la sicurezza nazionale, in cambio di tre dei Cinque cubani, che sono ancora prigionieri politici negli USA, colpevoli solo di infiltrare i gruppi terroristi di Miami, che hanno provocato più di 3000 morti a Cuba. Questi prigionieri politici sono sostenuti da un movimento molto grande a livello mondiale, da 10 premi Nobel e molti presidenti della repubblica, soprattutto latinoamericani.
Non sappiamo quanto possano influire tutti questi articoli nella Casa Bianca, sicuramente fanno l’eco alla voce del popolo statunitense, dove il 60% reclama la normalizzazione delle relazioni diplomatiche.
Inoltre, il The New York Times è il più influente dei giornali nordamericani, i temi da lui trattati vengono discussi nei centri politici più importanti di Washington e soprattutto il tema del bloqueo sappiamo essere totalmente obsoleto.
Riusciranno, gli yankee, a rendersi conto, che negli ultimi anni sono loro gli isolati, che America Latina appoggia Cuba e che per avere un cortile di sudditi, hanno dovuto rivolgersi all’Europa?
di Ida Garberi
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Il Muro di Berlino era la notizia tutti i giorni. Dalla mattina alla notte leggevamo, vedevamo, ascoltavamo: il Muro della Vergogna, il Muro dell'Infamia, la Cortina di Ferro…
Finalmente, quel muro, che meritava cadere, è caduto. Ma altri muri hanno germogliato, e continuano a germogliare, nel mondo. Benché siano molto più grandi di quello di Berlino, di loro si parla poco o nulla.
Poco si parla del muro che gli Stati Uniti stanno alzando nella frontiera messicana, e poco si parla dei reticolati di Ceuta e Mellilla.
Quasi niente si parla del Muro di Cisgiordania che perpetua l'occupazione israeliana di terre palestinesi e sarà quindici volte più lungo che il Muro di Berlino, e nulla, nulla, di nulla, si parla del Muro del Marocco che perpetua il furto della patria saharawi da parte del regno marocchino e misura sessanta volte in più che il Muro di Berlino.
Perché sarà che ci sono muri tanto altisonanti e muri tanto muti?
(Preso del libro di Eduardo Galeano, Espejos)
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