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CRISI GENERALIZZATA, INSTABILITA' POLITICA, ECONOMIA, DESTRA, SINISTRA, PENSIERO UNICO GLOBALE,

Post n°103 pubblicato il 25 Novembre 2010 da luigiarusso

Ormai in crisi il pensiero unico globalista

 

La crisi della finanza internazionale ha seriamente messo in questione il pensiero unico globalista, rilanciando le tesi fondate su «Think global, act local», sintesi tra il pensiero globale, ispirato dalle dinamiche planetarie di interrelazione tra i popoli, le loro culture e i loro mercati e l'agire locale, che tiene conto delle peculiarità e delle particolarità storiche del territorio in cui si vuole operare. È la Glocalisation, termine introdotto dal teorico della «società liquida» Zygmunt Baumann, che ha sviluppato a sua volta le elaborazioni del sociologo inglese Roland Robertson per un nuovo equilibrio tra globale e locale, in grado di ripristinare la sovranità politica messa in questione dalla globalizzazione in una diversa prospettiva degli Stati-Nazione, più ancorata alle radici storiche e culturali e alle peculiarità territoriali.
Tornano alla memoria le pagine di un intellettuale francese il cui pensiero politico si è sviluppato lungo un arco temporale che dagli anni '30 arriva sino al 1996, anno della sua scomparsa, appartenente alla schiera dei non conformisti e per questo pressoché rimosso dal dibattito culturale, come Bernard Charbonneau, sulla ricerca di una concreta alternativa tra capitalismo e collettivismo, con la critica alla modernità liberal-liberista e alla sua pretesa di avere attraverso il pensiero unico consumistico la ricetta per tutti i problemi dell'umanità, avendo compreso la direttrice della Storia in cui tutti devono incamminarsi, come nel caso dell'apologetico libro, The end of hystory, sul mercato globalizzato scritto nel 1992 dopo il crollo dei regimi comunisti, dal politologo nippoamericano Francis Fukuyama. E la critica di Charbonneau al pensiero unico, prodromo del «Nuovo ordine mondiale», è efficacemente definta nell'opera del 1990 Il sistema e il caos: il sistema espresso dalla pianificazione capitalistica, sempre più pervasiva delle nostre vite, avendo reciso le radici con il mondo tradizionale; il caos conseguente ai conflitti che divampano a causa dell'assenza di norme prescrittive in grado di garantire la pace e l'autodeterminazione dei popoli.
Scrive Charbonneau «è venuto per noi il momento di rigettare al contempo Destra e Sinistra, per riconciliarle in noi nella tensione delle loro aspirazioni fondamentali. Di realizzare questo scandalo: un senso dell'universale che sia esperienza della pluralità delle patrie, una fede nell'uomo tale da poter indurre a vedere l'uomo in faccia, un amore così grande per la libertà che nessuna determinazione potrebbe vincere la sua lucidità».
Da queste premesse Charbonneau elabora un'alternativa, politica ed istituzionale, ai blocchi ideologici del '900, quella di un federalismo basato sulle Regioni, sulla difesa dell'ambiente e sul comunitarismo, con alla base l'idea della democrazia partecipativa e del socialismo cooperativo e mutualistico, un federalismo non di Stati ma di «uomini e società libere e viventi». Un'alternativa federalista fondata sui valori, in primo luogo di socialità, e sulle radici storiche della nostra civiltà che appare di grande attualità.
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