Creato da single_sound il 30/03/2015

Verso il Fronte

Alla ricerca della linea del fronte

AREA PERSONALE

 

FACEBOOK

 
 
Citazioni nei Blog Amici: 1
 

ULTIME VISITE AL BLOG

clausmorganabertrand4acer.250m12ps12single_soundMarion20cupidotscassetta2marabertownavighetortempoiltuocognatino1silvano.minoliprefazione09igor_2007giovanni80_7
 

ULTIMI COMMENTI

Una storia di eroismo e sacrificio che non conoscevo. Grazie
Inviato da: Marion20
il 08/09/2023 alle 01:18
 
Bello leggere ancora di partigiani. Grazie
Inviato da: marabertow
il 12/05/2023 alle 22:20
 
Il mondo č pieno di ciechi dagli occhi aperti.
Inviato da: cassetta2
il 21/05/2019 alle 14:01
 
Possono segnalarsi molti altri brani dei Jam veramente...
Inviato da: Igor
il 13/11/2016 alle 17:24
 
Ottimo post. complimenti da Artecreo
Inviato da: minarossi82
il 11/11/2016 alle 20:08
 
 

CHI PUň SCRIVERE SUL BLOG

Solo l'autore puň pubblicare messaggi in questo Blog e tutti possono pubblicare commenti.
 
RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 
 

 

« Alcuni interventi di Ric...Un'intepretazione degli... »

Tito e i suoi compagni

Post n°116 pubblicato il 04 Settembre 2016 da single_sound
 
Foto di single_sound

Il libro di Jože Pirjevec "Tito e i suoi compagni", uscito lo scorso anno per Einaudi (copertina nella foto di questo post), merita sicuramente di essere letto.

I libri di Jože Pirjevec valgono sempre la pena perché riescono a portarci in un mondo a noi così vicino come quello della ex Jugoslavia ma, in definitiva, sempre molto misconosciuto nonostante la prossimità geografica.

Il libro su Tito è oltremodo complesso e svariati sarebbero i temi di discussione. Un primo elemento di complessità riguarda l'intreccio tra la vita di Tito (e dei suoi compagni) e la storia della Jugoslavia. Si tratta di un intreccio non semplice, neanche nella trattazione di Jože Pirjevec, in particolare nella parte concernente la seconda guerra mondiale perché nel libro non sono presenti cartine del territorio jugoslavo e quindi seguire tutti gli spostamenti di fronte non è agevole. Né è agevole, per l'appunto, capire l'intreccio di cui si diceva, giacché il libro ha un'impronta principalmente biografica e dunque non può fare menzione ampia della storia dello Stato indipendente croato di Pavelic e delle tensioni serbo-croate durante la seconda guerra mondiale in quello Stato, se non si dispone altrimenti di mezzi notevoli di conoscenza della storia jugoslava, storia che dopo la seconda guerra mondiale si complica ulteriormente per i difficili rapporti tra Jugoslavia e URSS e per l'appartenenza della Jugoslavia al movimento dei non allineati.

Ora, il punto che però si vuole mettere in evidenza non riguarda tutti gli aspetti problematici che possono risultare dal volume in questione. Ciò che si vuole evidenziare è invece la questione del potere, tema più generale che attraversa tuttavia buona parte del volume di Jože Pirjevec. In effetti, questo autore dedica pochissime parole, in conclusione, al giudizio su Tito, che in buona parte riassume nel detto balcanico, con cui il libro si chiude, che Tito amava più di ogni altro: "in moschea ci sono stato, ma non mi sono mai genuflesso".

Il detto citato è molto significativo e riflette senza ombra di dubbio l'atteggiamento di Tito, rispetto alla sua "moschea" di appartenenza. 

Cosa può dirsi a questo riguardo? Due considerazioni almeno:

1. La moschea non va necessariamente intesa oggigiorno come moschea nel senso della chiesa islamica, bensì come chiesa pura e semplice. L'appartenenza a una chiesa e oggi si potrebbe dire a una famiglia politico-ideologica non comporta necessariamente una sottomissione al credo di questa famiglia. Ognuno ragiona con la sua testa e mantenere autonomia di pensiero sarebbe indispensabile affinché la chiesa stessa possa svilupparsi e, soprattutto, mantenere una visione realistica e aggiornata del mondo che ci circonda;

2. Come usare il potere, ma specialmente come viverlo? Qui ci sono alcuni aspetti che mette conto segnalare. Uno riguarda il godimento dei privilegi che spettano per via dell'esercizio di una funzione. L'esercizio di una funzione di vertice comporta giocoforza, piaccia o meno, per come è organizzato il potere, la totalizzazione dell'esistenza all'esercizio della funzione (di qui il fatto, anche, che chi sta al vertice chieda che si prolunghi l'età pensionabile, quasi fino a creare delle "monarchie" al vertice, perché se si passa il tempo in questo modo, concentrando la propria esistenza al solo esercizio della funzione, una volta giunti alla pensione non si sa più cosa fare). In questa prospettiva, in disparte ogni considerazione protocollare, è normale che chi eserciti una funzione di vertice sia garantito da una serie di privilegi. La linea di discrimine, in questo sistema, allora, è tra chi esercita questi privilegi nel modo più sobrio possibile solamente quando ciò sia indispensabile all'esercizio della funzione e chi, per contro, non ha il senso del limite e li esercita mosso da cupidigia e da brama di riconoscimenti. In questo contesto, non necessariamente bisogna essere "asceti", basta tenere la giusta misura, giusta misura che però si possiede a condizione di disporre di alcuni mezzi culturali di fondo. Il secondo aspetto riguarda la "contraddizione", che si ricollega al punto n.1, insita nel volere appartenere a una chiesa rimanendone nel contempo almeno autonomo e poi nel pretendere che all'interno della propria sub o micro chiesa gli altri, coloro che ti stanno intorno, facciano sempre atto di genuflessione. Certo, potrebbe obiettarsi che la lotta è legittima contro coloro che non vogliono mantenere l'autonomia della sub o micro chiesa, volendo piuttosto allinearla interamente alle posizioni della macro chiesa. Ma quando si sta al potere, al centro del potere, e si possono criticare le deviazioni tanto di destra quanto di sinistra e il potere lo si esercita brutalmente sia nei confronti di quelli che vogliono il riallineamento sia nei confronti di quelli che vogliono maggiore autonomia, e ciò lo si fa per rimanere al centro, al centro del potere, ebbene qualche dubbio sorge a proposito della sincerità di intenti del detentore del potere. Cioè sorge il dubbio che egli stia operando per il proprio fine personale e non per il bene politico collettivo di tutti.

Il libro di Jože Pirjevec può essere letto tenendo a mente proprio questa chiave di lettura generale.

Buona lettura.


 
 
 
Vai alla Home Page del blog
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963