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La crisi del 1998

Post n°145 pubblicato il 03 Giugno 2017 da single_sound
 
Foto di single_sound

Lo scontro televisivo di ieri tra D'Alema e Damilano sulla crisi del 1998 del I Governo Prodi (http://video.repubblica.it/politica/d-alema-insulta-damilano-lei-e-uno-stupido-poi-le-scuse-attacco-rude/277514/278111?ref=RHPPBT-BS-I0-C4-P8-S1.4-T1) non ci dice quasi niente di ciò che andrebbe detto e spiegato a proposito di quella vicenda. Potrebbe sembrare un tema che oggi potremmo dare per morto e sepolto. E invece non è così, come vedremo di seguito.

Ora senza entrare in troppi dettagli relativi a quel periodo (come gli incontri riservati tra alcuni esponenti di Rifondazione e qualche personaggio del Governo, i cui contenuti in termini di proposte negoziali non sono mai stati rivelati), per far chiarezza intorno a quella crisi politica per cercare di comprenderla prima di assegnare le reponsabilità bisogna partire da alcuni presupposti che si elencano di seguito:

1) la legge elettorale allora vigente era il mattarellum, cioè il 75% dei seggi assegnati col metodo maggioritario first past the post (senza  doppio turno) e il 25% dei seggi assegnati col metodo proporzionale;

2) il centrosinistra si presentò alle elezioni del 1996 col nome Ulivo, guidato da Prodi, ma a tale coalizione non partecipava affatto Rifondazione Comunista;

3) per impedire alla destra di vincere e far convergere i voti sui candidati di sinistra e centrosinistra, oltre a garantire a Rifondazione una sicura rappresentanza parlamentare, Ulivo e Rifondazione siglarono un patto di c.d. desistenza, vale a dire Rifondazione presentava alcuni candidati in collegi uninominali sicuri senza che contemporaneamente fosse presente un candidato dell'Ulivo così da garantirne l'elezione, mentre negli altri collegi Rifondazione non si presentava così da garantire la confluenza dei suoi voti verso i candidati dell'Ulivo;

4) il patto di desistenza non comportava la redazione di un programma congiunto tra Rifondazione e Ulivo;

5) i risultati delle elezioni impedirono all'Ulivo di avere una maggioranza autonoma e Rifondazione, per far partire il Governo, fu costretta ad appoggiarlo dall'esterno.

A complicare il quadro stava ulteriormente il fatto che non si discusse minimamente dell'ingresso dell'Italia nella moneta unica nella campagna elettorale del 1996. La decisione fu presa da Prodi e Ciampi nell'estate del 1996 dopo i colloqui con Aznar, allora Presidente del Consiglio spagnolo, il quale rappresentò a Prodi la volontà della Spagna di entrare subito nella moneta unica. Ciò spinse Prodi e Ciampi ad accelerare l'ingresso che, andando a memoria, poiché l'Italia non soddisfaceva allora i parametri per l'ingresso nella moneta unica, non sarebbe stato discusso prima del 1998.

Questo era il quadro. Se non lo si ricorda, si può fare come Damilano e dare tutta la colpa a D'Alema. Certo, si può pensare che D'Alema manovrò per succedere a Prodi. Ma attenzione furono Prodi e Bertinotti a volere la crisi. Prodi la provocò chiedendo la fiducia della Camera e Bertinotti non si sottrasse (anche a costo di spaccare Rifondazione).

Qual era il motivo del contendere? Ebbene, nessuno lo ricorda mai, pur trattandosi di un tema di attualità, ma la questione era rappresentata dalle politiche che oggi definiremmo di austerità.

Chi aveva più di 20 anni all'epoca ancora ricorda l'istituzione dell'eurotassa per entrare in Europa, tassa per la cui introduzione il Governo dell'Ulivo non aveva alcun mandato elettorale.

Dopo la decisione europea della primavera 1998 circa l'ingresso dell'Italia nella moneta unica, Rifondazione chiese nell'estate dello stesso anno un allentamento significativo delle politiche di austerità.

La risposta da parte del Governo e principalmente da parte di Prodi (perché Ciampi, in quanto ministro tecnico, non entrava in queste discussioni) fu assolutamente negativa.

E ciò perché, aldilà del punto di merito sollevato da Rifondazione, non si poteva mettere in discussione l'impianto delle regole europee il giorno dopo essere entrati nella moneta unica. Da questo punto di vista, Prodi e Ciampi avevano pure ragione.

Il problema era per l'appunto che Rifondazione non faceva parte del Governo e non esisteva un programma di governo comune a Rifondazione e Ulivo. Per di più, la scelta di entrare nell'euro fu voluta dal Governo e subita da Rifondazione, senza che in Italia vi fosse stata (durante le elezioni e dopo) alcuna discussione in merito.

Ora, è vero che a quel tempo vi era una diversa fiducia verso il progetto europeo, ma in termini di analisi, relativamente alle politiche di austerità, la posizione di Rifondazione era quella corretta. In altri termini, Prodi e Ciampi, precipitando l'ingresso dell'Italia nella moneta unica, scavarono la fossa dell'Ulivo.

Quale fu l'errore, se così si può dire, di Bertinotti? A quel tempo fu di non capire che una crisi di Governo avrebbe riaperto le chance del centrodestra di tornare a vincere le elezioni, come avvenne nel 2001 sulla base di una campagna tutta fondata sulle divisioni della sinistra e sull'instabilità di governo che sarebbe risultata da una vittoria della sinistra alle elezioni.

Questi sono i fatti. E andrebbe rimarcato con ancor maggior forza come alcune decisioni che hanno segnato la storia del nostro Paese siano avvenute al di fuori dei canoni di una democrazia funzionante. Il divorzio Banca d'Italia-Tesoro tramite un mero scambio di lettere, senza informare Governo e Parlamento. L'ingresso nella moneta unica senza che fosse sottoposto a previo vaglio elettorale, quando alle elezioni del 1996 nessuno ne parlò.

Ma se questi sono i fatti, che senso ha continuare a fare come Damilano, cioè perpetuare teorie del complotto che non aiutano minimanente a spiegare la dinamica politica dell'epoca e in fondo di oggi?

 
 
 
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