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PARTE I
In natura esistono vari tipi di alghe: filamentose, a pennello, marroni, verdi, mucillagginose, etc.
Esse le possiamo ritrovare in qualsiasi ecosistema acquatico, con qualsiasi temperatura e sono in grado di svilupparsi velocemente, senza che riusciamo ad individuare la causa che a volte scatena la loro invasione.
Mentre interveniamo con la speranza di riuscire a debellarle, quando finalmente crediamo di averle sconfitte…!!!,…. ricompaiono nuovamente tra le foglie e gli arredi dei nostri acquari.
Le alghe rispetto alle piante, sono esseri vegetali “inferiori” che sono state capaci di adattarsi alle più diverse e disparate condizioni ambientali.
Pertanto, sarebbe assurdo pensare di non trovarle in un ambiente che, per le caratteristiche che lo contraddistinguono, probabilmente uno dei luoghi a loro più congeniali – il nostro acquario.
L’acquario è un ecosistema a ciclo chiuso, un ambiente in cui, a differenza di quanto accade in natura, tutte le sostanze presenti nell’acqua anche in piccolissima parte possono essere trasformate e non eliminate, se non con i cambi d’acqua.
Per questo, accade che quantità eccessive di cibo, deiezioni dei pesci, una scarsa o errata igiene dell’acqua e del filtro, accompagnate, da temperature elevate e/o luce eccessiva, insufficiente o inappropriata, possano causare un aumento dei nitrati con conseguente fioritura algale.
I nitrati non sono gli unici elementi a rappresentare facili nutrienti per le alghe, ma soprattutto i fosfati e silicati, presenti spesso nell’acqua del rubinetto, negli arredi e come residuo ultimo del ciclo del fosforo. Però, c’è anche da dire che la presenza delle alghe in acquario è indice di un equilibrio biologico, probabilmente non perfetto, ma che comunque merita di essere rispettato.
Consapevoli, che non sia possibile eliminare in modo permanente le alghe dai nostri acquari; sarà possibile, rispettando le basilari regole gestionali limitando gli eccessi, a creare condizioni ideali di equilibrio.
Se poi, nonostante tutto, ciò dovesse comunque accadere, credo che sia inutile intervenire esclusivamente con trattamenti intensivi di prodotti chimici antialghe, indubbiamente utili in alcuni casi, ma da soli non sufficienti ad eliminare la causa dell’incremento algale.
A volte, anche se esiste nell’acquario tale equilibrio tra popolazione ittica e piante, l’elevata temperatura e l’assenza di adeguata CO2, possono debilitare le piante con conseguente sviluppo di alghe. In tal caso – vasca Discus - riducendo la temperatura dell’acqua di 2°C, portandola a 28°C e installando un impianto di CO2, effettuando accurate sifonature del fondo, si ottiene un buon miglioramento con una notevole riduzione di alghe e un’immediata ripresa della crescita delle piante nell’arco di due o tre settimane.
Le alghe stentano in ambienti oligotrofici, esse infatti assorbono i nutrimenti disciolti nell’acqua, le nostre vasche dovrebbero appartenere a questo tipo di ambiente, ma una sovralimentazione degli animali o una errata concimazione liberano tutti i nutrimenti di cui le alghe hanno bisogno.
I normali concimi liquidi o da fondo sono mirati per l’alimentazione delle piante, ma se la vegetazione non è ancora ben attecchita come nelle vasche nuove, è in sofferenza o ancora è troppo limitata per assorbire i nutrimenti che somministriamo questi saranno metabolizzati dalle alghe che prenderanno il sopravvento sulle piante superiori. Per questo si consiglia di non iniziare la concimazione liquida fino a che le piante non siano completamente attecchite e nel caso ci sia un fondo attivo di posticipare ulteriormente qualsiasi integrazione.
I vegetali non si nutrono solo di ferro, potassio, azoto e altri oligoelementi, ma anche di nitrati e fosfati. Sono proprio questi ultimi le cause tipiche di esplosioni algali in acquario. I nitrati sono il risultato del ciclo dell’azoto attuato nel filtro, una loro presenza massiccia indica un carico biologico eccessivo in vasca causato da una sovrappopolazione o sovralimentazione. Anche i fosfati derivano anch’essi dai residui alimentari e dal metabolismo dei pesci.
Una strategia efficace si è dimostrata quindi l’abitudine a cambi parziali frequenti e cospicui miranti a sottrarre i nutrimenti in soluzione. Dopo un paio di settimane di trattamento le alghe dovrebbero morire, durante questo periodo si riduce al minimo l’alimentazione degli animali e si sospende ogni fertilizzazione per rendere la vasca più povera di nutrimenti possibile.
La maggior parte delle alghe preferisce ambienti con PH, durezze e temperature elevate e quindi poco ossigeno in soluzione. Sono invece in difficoltà in ambienti molto acidi e ben ossigenati.
Si è dimostrato che i tannini e gli acidi umici sono sgraditi alle alghe, il filtraggio con torba, le radici e una buona concentrazione di lignina in vasca inibisce i processi di assimilazione e duplicazione, inoltre i tannini rendono l’acqua ambrata rendendo difficoltosa la penetrazione della luce. Alcuni studi mostrano come la paglia di cereali (soprattutto orzo e frumento) sia particolarmente indicata per questo trattamento, basta lavarla abbondantemente e inserirne una fascina nel filtro per una – due settimane circa, ripetendo l’operazione fino al distacco delle alghe dalle superfici.
La luce
E’ un altro elemento strategico nella lotta, sappiamo infatti che le alghe sfruttano lunghezze d’onda differenti rispetto alle piante e soprattutto hanno una elevata capacità di adattamento che manca alle prime, per questo sono più rapide nell’adeguarsi a cambiamenti di illuminazione e a variazioni nello spettro causati dalla senescenza delle lampade.
La radiazione luminosa comprende componenti armoniche aventi lunghezza d’onda compresa nell’intervallo 380 - 780 nm, da 380 a 490 sono le radiazioni del blu da 490 a 780 la gamma del giallo arancio rosso. Le alghe sfruttano principalmente le radiazioni del blu. Traducendo questi valori in gradi Kelvin vediamo come le piante amino i toni caldi dai 3000 ai 4000. Mentre, aumentando la gradazione ci si sposta nella zona del blu con una resa estetica gradevole all’occhio umano, ma con altrettanto beneficio per le alghe. Attenzione quindi non solo alla temperatura di colore ma anche ai picchi dello spettro nella zona del blu.
Alcune alghe si sono addirittura specializzate su frequenze “residuali” ovvero non sfruttate da altri vegetali prosperando nelle zone meno illuminate dove penetrano solo alcune lunghezze d’onda, è il caso dei cianobatteri e delle alghe rosse che con un sistema di pigmentazione alternativo sfruttano i il giallo e il verde dello spettro.
E’ evidente quindi come l’illuminazione sia un parametro fondamentale da studiare attentamente in caso di problemi. Oltre alla corretta gradazione dello spettro ci sono altri fattori da osservare: la durata del fotoperiodo, e le variazioni nello spettro.
In natura la luce solare è disponibile per un periodo che varia dalle 8 alle 12 ore a seconda del luogo e dalla vegetazione che scherma i raggi. In acquario è buona regola iniziare con un fotoperiodo limitato aumentandolo gradualmente senza mai eccedere i limiti sopraindicati. Alcune filosofie di conduzione della vasca suggeriscono un “fotoperiodo a scatti” in cui si inserisce all’interno della giornata un periodo di buio. Secondo logica questo intervallo dovrebbe danneggiare più le piante che si adattano lentamente rispetto alle alghe, molte sperimentazioni ed esperienze avvallano però questa tesi che si basa sull’idea che i raggi solari delle ore centrali siano troppo perpendicolari per essere efficacemente utilizzati, la questione rimane comunque aperta e non sembra risolvibile teoricamente.
Inoltre, sappiamo che le alghe sono organismi molto semplici e quindi in grado di accumulare solo esigue scorte di energia, per questo non hanno la possibilità di sopportare periodi prolungati di assenza di luce.
Una strategia vincente, soprattutto contro le alghe verdi unicellulari, è oscurare con fogli di cartone la vasca e spegnere le luci per un periodo di due settimane, le piante soffriranno un po’ ma sopravvivranno grazie alle loro riserve, le alghe invece periranno.
Tutte le alghe inoltre sanno sfruttare circa il 70% dello spettro contro il solo 12% delle piante, questa loro caratteristica le rende molto versatili e reattive alle mutazioni delle condizioni luminose.
Per questo quando le lampade iniziano a subire gli effetti di una eccessiva senescenza e lo spettro vira le piante sono in difficoltà, mentre le alghe sono pronte a sfruttare a loro vantaggio la situazione. E’ buona regola cambiare i tubi al neon ogni 6-8 mesi e le luci HQI o HQL entro l’anno di utilizzo. Anche la luce che filtra da una finestra può provocare problemi. Infatti, le piante abituate alle luci artificiali, non sono in grado di utilizzarla, mentre le alghe non hanno difficoltà a sfruttarla per la fotosintesi. E’ evidente quindi come una progettazione e manutenzione attenta dell’impianto di illuminazione si riveli fondamentale per l’equilibrio della vasca.
Prodotti chimici
In commercio si trovano molti prodotti anti-alghe che promettono risultati immediati e definitivi. E’ impossibile analizzarli analiticamente ma vale comunque la pena spendere qualche parola sulle modalità d’uso e la loro reale efficacia.
Chiariamo subito che intervenire con prodotti chimici non vuol dire risolvere il problema ma semplicemente trovare una cura momentanea, se non si risolvono le cause che generano la proliferazione le alghe si ripresenteranno puntualmente. E’ quindi evidente che gli anti-alghe sono un aiuto nella lotta, ma mai l’arma risolutiva, una strategia vincente deve quindi prima individuare le cause della proliferazione, agire su di esse per indebolirle e impedirne la proliferazione e solo come ultimo rimedio introdurre gli alghicidi che elimineranno anche le ultime superstiti. In caso di infestazioni gravi molti dei prodotti non garantiscono nemmeno risultati apprezzabili nel breve periodo. E’ buona regola procedere a dei sostanziosi cambi d’acqua nel periodo precedente al trattamento, sia per sottrarre nutrimenti sia in previsione dell’impossibilità di effettuarli nel periodo di somministrazione.
Organismi antagonisti
Come detto in precedenza gli antagonisti per eccellenza delle alghe sono le piante acquatiche poiché sfruttano gli stessi nutrimenti e sono in competizione per la stessa nicchia. Un acquario ben piantumato e in salute è la soluzione ottimale per combattere tutti i tipi di alghe sottraendogli nutrimenti ed impedendone la diffusione, ricordiamo però sono sempre presenti e pronte a sfruttare periodi di debolezza della vegetazione. In particolare sono utili allo scopo le piante a rapida crescita come Ceratophyllum, Cabomba, Hygrophilia Polysperma e Myriophillum e tutte le piante galleggianti che assorbono i nutrimenti disciolti in quantità maggiori e più velocemente, quelle galleggianti in particolare schermano anche la luce inibendo ulteriormente i processi di fotosintesi delle alghe.
Un aiuto ci viene offerto anche dal regno animale tramite i numerosi pesci ed invertebrati fitofagi. Esistono animali che si cibano di vegetali in genere e che quindi potrebbero aggredire anche le piante ed altri che si nutrono in preferenza di alghe o addirittura di un determinato tipo di esse. Prima di descrivere le varie specie è opportuno però ricordare che nessuno di questi ospiti può rappresentare da solo la soluzione del problema, sono piuttosto un aiuto nel contenerle e limitarne la proliferazione.
La famiglia di fitofagi più famosa è quella dei Loricaridi, diffusa principalmente nella zona equatoriale del sud america vanta un numero enorme di specie, in acquario vengono ospitate solo quelle più piccole. Tra i ciprinidi si distingue il Crossocheilus siamensis, uno dei pochi animali che si nutre anche di alghe a pennello.
Sempre originari del sud-est asiatico anche il Gyrinocheilus aymonieri e i Gastromyzon. Oltre alle specie specializzate in questo tipo di alimentazione ricordiamo che la maggior parte dei pesci integra la propria alimentazione con una componente vegetale. Dai grandi Ciprinidi delle nostre acque fino ai Discus sono moltissimi gli animali che possono essere sorpresi a brucare le alghe sulle foglie o gli arredi, senza dimenticare la grande famiglia dei ciclidi africani che fa dell’ auwfusch (detrito organi composto da alghe e zooplancton) il proprio alimento base.
Tra i molluschi i più diffusi sono le Ampullarie ed in particolare le Pomacea bridgesii, nella colorazione marrone striata o in quella di allevamento giallo intenso. Si nutrono di tutti i detriti, comprese le foglie in decomposizione e le si vede spesso brucare le alghe. Sono creature miti e pacifiche ed adatte alla convivenza con tutti gli abitanti della vasca, una durezza eccessivamente bassa dell’acqua potrebbe causare problemi di calcificazione al guscio. Anche molti altri generi di molluschi comuni negli acquari che classifichiamo superficialmente come “lumache” offrono il loro contributo nella eliminazione delle alghe.
Tra i gamberi i più famosi sono le Caridina japonica, probabilmente i mangiatori di alghe più operosi e instancabili. Vanno tenute in gruppi numerosi per vincerne la naturale timidezza, producono un carico organico trascurabile e sono adatte alla convivenza con tutti i pesci.
Attenzione però a non inserirle in vasche con ciclidi e grossi pesci che le gradirebbero come una appetitosa integrazione alla normale dieta. Passando dalla dimensione macroscopica di pesci e piante a quella microscopica scopriamo che anche altri piccoli animali si nutrono di alghe come protozoi e rotiferi.
I protozoi sono ampiamente diffusi in acque dolci e salate, vivono inoltre nel terreno umido o come parassiti di animali e vegetali. I Protozoi planctonici si muovono per mezzo di ciglia, flagelli, membrane ondulanti e si alimentano di batteri o alghe microscopiche.
I rotiferi, con una lunghezza compresa tra i 100 µm e 0.5 mm, hanno un capo, un tronco e un piede. Quasi tutti i rotiferi traggono la loro fonte di nutrimento dalla filtrazione di microalghe, batteri e detrito, non mancano forme predatorie e carnivore. Anche i piccoli crostacei usati per alimentazione di avannotti e di pesci sono consumatori di alghe (dapnhia, cyclops, artemie).
I Batteri
Uno dei primi problemi che incontrano gli acquariofili nello gestire il proprio acquario sono i NITRITI – NO2.
Introducendo dei pesci in un acquario, questi compiono funzioni proprie di tutti gli organismi viventi: espellono urina e feci, a cui si aggiungono di regola anche resti di cibo. In un acquario già ben avviato questo non è assolutamente un problema. Certi batteri si cibano di questi rifiuti e, tramite una collaborazione di varie famiglie di batteri, li riciclano, trasformandoli in NITRATI – NO3.
I NITRATI sono considerati dei fertilizzanti azotati per le piante e risultano relativamente innocui per i pesci.
Il processo di smaltimento delle sostanze di rifiuto prodotte in acquario, principalmente proteine, feci e urina, ammoniaca e ammonio, fino allo stadio finale dei NITRATI si svolge tramite vari passaggi. E per ogni passaggio è responsabile una determinata famiglia di batteri.
Durante il primo passaggio, dall'ammonio/ammoniaca ai NITRITI, sono responsabili i batteri del gruppo NITROSOMONAS. Questi trasformano le secrezioni dei pesci e gli avanzi di cibo in un prodotto intermedio - i NITRITI - altamente tossici per i pesci.
I pesci tollerano una quantità di NITRITI fino a 0,2 mg/Lt. d'acqua. Invece, con 0,5 mg/Lt. la situazione si fa critica e con 2,0 mg/Lt. di NO2 a lungo termine risulta letale per i pesci.
Durante il secondo passaggio, per l’ulteriore ossidazione dei nitriti è responsabile un'altra famiglia di batteri, i NITROBACTER.
Il problema in tutti gli acquari sta nel fatto che entrambi i gruppi di batteri si devono sviluppare in quantità sufficienti.
I NITROSOMONAS, responsabili del processo di decomposizione fino ai NITRITI, si sviluppa più rapidamente del secondo gruppo. In questo modo può accadere che i batteri NITROSOMONAS producano più NITRITI di quanti producono i NITROBACTER, che non ancora numerosi non riescono ad ossidare come i primi.
In tal caso si crea un aumento dei NITRITI in acquario, ed è per questo motivo che si consiglia di attendere circa tre o quattro settimane prima di effettuare l'introduzione dei pesci nell’acquario.
I batteri per moltiplicarsi hanno bisogno di nutrimento, quindi di feci, urina e residui di cibo. Somministrando quel pizzico di cibo per pesci nei primi giorni noi forniamo nutrimento a questi microrganismi che avranno dunque modo di svilupparsi al meglio. Dunque attendono tre settimane, riduciamo il problema dei nitriti.
Pertanto, se si registra un tasso troppo alto di nitriti nell'acqua, si deve procedere al ricambio di circa la metà del volume d'acqua. Quindi, sarebbe bene cambiare fin da subito, per quattro settimane, regolarmente ogni settimana l'acqua per circa un terzo del contenuto della vasca. Nel caso in cui la situazione sia particolarmente grave, si potranno inserire, nell’ultimo vano del filtro, delle resine che tratterranno i nitriti e purificheranno l’acqua.
Alcuni introducono nei nuovi acquari una manciata di materiale di fondo proveniente da un acquario più vecchio oppure inseriscono nel nuovo filtro un pò di materiale filtrante di un filtro gia avviato da tempo, trasferendo così i batteri desiderati.
Dopo questa breve premessa, ritorniamo a parlare delle nostre – odiate – Alghe.
Le alghe sono i primi organismi che nascono in nuovi ambienti sommersi, i primi che ricoprono le superfici e che assorbono i nutrimenti disciolti, producono enormi quantità di O2 consumando anidride carbonica, formano la base del nutrimento per le creature superiori nel plancton, diventano sostentamento per le larve di pesci e invertebrati, insomma sorreggono tutti gli ecosistemi acquatici e alcune di esse (appartenenti alle alghe verdi) sono un sicuro indice del buon funzionamento dell'acquario.
Dal punto di vista scientifico quelle che comunemente vengono chiamati "alghe" sono degli organismi vegetali che fanno parte della divisione THALLOPHYTA. Questa divisione, secondo la tradizionale tassonomia, è la seconda subito dopo la divisione SCHIZOPHYTA (comprendenti principalmente i batteri) e riunisce in sé forme vegetali molto diverse: le alghe, i funghi e i licheni.
La classificazione delle alghe, come del resto anche degli altri vegetali appartenenti alla divisione delle Tallofite, è comunque ancora oggi assai discussa. A dimostrazione di ciò basta ricordare che, secondo alcuni scienziati, il numero delle specie di alghe si aggira intorno a 19.000, secondo altri invece supera addirittura le 30.000 specie. Queste discordanze numeriche sono in parte spiegabili con il fatto che certi vegetali, annoverati sotto la voce generica di alghe (prima di tutto le alghe blu-verdi = CYANOPHYCEAE), vengono più o meno compresi nella classificazione delle vere alghe.
Dal punto di vista dell'acquariofilo, i problemi di tassonomia hanno un'importanza relativa anche se, in certe occasioni, quando si tratta di combattere le alghe infestanti, non si può fare a meno di ricorrere ad una classificazione anche se approssimativa. Molte alghe sono unicellulari, altre invece pluricellulari, altre, infine, formano delle colonie costituite da più cellule singole, ma ravvicinate tra loro. Le alghe pluricellulari non formano tuttavia organi complessi come fusto, radici e foglie, caratteristici delle cosiddette "piante superiori", ma i loro pseudotessuti vengono chiamati tallo dal greco "Thallos" che significa germoglio. Tutte le alghe possiedono clorofilla e di conseguenza sono in grado di procedere alla fotosintesi.
Malgrado, queste caratteristiche comuni le alghe non compongono, dal punto di vista tassonomico, un gruppo compatto di vegetali ma, per diversi motivi, devono essere suddivisi in gruppi più o meno indipendenti e a volte anche isolati tra di loro. Fra i criteri principali usati per dividere le alghe è la loro colorazione. Infatti, al contrairio delle piante superiori, le alghe presentano varie forme di clorofilla e in molti casi questa clorofilla è inoltre mascherata da pigmenti di altri colori (giallo, bruno, rosso) dando così alle varie forme una gamma di colori assai differenti. Per l'acquariofilo è importante anche la riproduzione delle alghe che può avvenire senza l'intervento di gameti (riproduzione asessuata) o con l'unione dei gameti (riproduzione sessuata). La riproduzione asessuata è caratterizzata dalla scissione del tallo (dai frammenti si formano nuovi individui completi) o dalla produzione di spore all'interno dei cosiddetti sporangi. In genere queste spore, dopo la rottura dello sporangio, si muovono per mezzo di flagelli e finiscono su un substrato dove danno vita a una nuova alga. La quantità delle spore prodotte da una singola alga è sempre molto elevata, a differenza per esempio dei batteri che possono produrre una sola spora. La riproduzione sessuata avviene con la formazione dei gameti che si uniscono formando uno zigote.
Le alghe vivono principalmente in tutte le acque, sia dolci che marine; solo alcuni specie sono presenti sulla terraferma, in ambienti particolarmente umidi. Come nelle piante superiori il metabolismo delle alghe è caratterizzato dalla fotosintesi durante la quale si forma dello zucchero che in alcune alghe viene condensato in amido (per esempio nelle alghe verdi). Le alghe assorbono inoltre acqua e sali nutritivi attraverso tutta la superficie del loro corpo.
Le specie più piccole spesso sono vaganti nell'acqua e si muovono con l'aiuto di flagelli. Le specie macroscopiche di solito si fissano sul substrato e per questo motivo alla base del tallo sviluppano a volte speciali cellule allungate, chiamate rizoidi (dall'acquariofilo individuate erroneamente a volte come radici). Proviamo quindi a considerarle non un nemico da debellare, ma una parte integrante del sistema acquario. Come detto costituiscono il nutrimento principale per molte specie di pesci d’acquario, dagli alghivori superficialmente chiamati “pulitori”, ai grandi ciclidi dei laghi africani che si nutrono di “Afwuchs” (sedimento di plancton e alghe), fino ai maestosi Discus che in natura nella stagione secca ingoiano grosse quantità di sedimenti per estrarne il contenuto di diatomee e alghe unicellulari.
E’ inoltre dimostrato che la dieta ottimale per tutti i pesci prevede una componente vegetale, possiamo spesso osservare i nostri ospiti sbocconcellare foglie e arredi proprio in cerca delle alghe che con tanto impegno abbiamo cercato di togliere. Sono anche “organismi-indice” ovvero dal tipo di popolazione rinvenuta possiamo dedurre i parametri chimico fisici dell’ambiente in cui crescono.
Le alghe appartengono al gruppo vegetale delle Tallofite, insieme a batteri funghi e licheni, possono quindi essere scomposte in radici, fusto e foglie. Un'altra differenza con le piante consiste nella mancanza di differenziazione cellulare e svolgono, come le piante la fotosintesi grazie alla clorofilla contenuta nei Cloroplasti e in altri pigmenti. Si tende a suddividere le alghe in gruppi proprio in base al contenuti di un tipo particolare di pigmento.
Come si è già detto precedentemente, le alghe si suddividono in numerose classi e, dal momento che la sistematica è assai discussa fra gli scienziati, è inutile sottolineare quanto possa essere problematico per un acquariofilo classificare un'alga che dovesse apparire nel suo acquario. Per questo motivo suddividiamo le alghe per criteri di praticità e non dal punto di vista sistematico.
Inviato da: Anonimo
il 15/06/2008 alle 08:20
Inviato da: Anonimo
il 29/03/2008 alle 18:44
Inviato da: ramke1969
il 28/03/2008 alle 20:17