Il Gazebo
Scrivere e LeggereEccomi di nuovo.
Oggi vi faccio leggere un piccolo racconto. Ma, come al solito, per non annoiarvi, lo inserirò in due o tre volte (sempre che vi faccia piacere)
Quanto a “L’ Editore questo sconosciuto” riprenderà appena qualcuno lo richiederà.
“Gli angeli barboni”
Lui, la professione di barbone se l’era proprio scelta. Non come tanti che magari ci si erano trovati a seguito di disgrazie o dissesti finanziari. No. Lui l’aveva scelta perché il mondo in cui aveva vissuto fino allora gli faceva proprio schifo.
Studenti che si prostituivano per un voto migliore, compagni di lavoro che si vendevano per una misera menzione su un articolo di giornale, avvocati che tradivano i loro clienti. E così aveva sbattuto la porta in faccia a tutti, si era comprato un sacco a pelo e aveva cambiato vita.
“…Professione?”
“Barbone!" era solito dire con orgoglio.
Certo, i primi giorni, anzi le prime notti, erano state dure. Non sapeva bene, dove ripararsi, soprattutto non immaginava che il sacco a pelo sarebbe stato considerato un bene tanto prezioso, da difendere anche con la forza.
Poi aveva fatto le prime, importanti amicizie, imparato l’a, b, c del barbone , pian piano si era inserito nel nuovo mondo e dato non voleva vivere di carità, si era procurato un piccolo portafoglio clienti.
Lo chiamavano per la pulizia dei giardini, tagliare l’erba, potare le siepi e tante altre piccole mansioni. Con i suoi amici aveva stipulato un patto: niente azioni vietate dalla legge, e assistenza reciproca.
Quel giorno l’aveva chiamato la signora Dinelli, gente molto ricca, con una villa a Montenero che pareva un castello. Gli aveva chiesto di ripulire il parco con alberi secolari e lunghi viali lastricati di ghiaia bianca. Avrebbe dovuto raccogliere le prime foglie autunnali, radunarle in un piccolo spiazzo e bruciarle. Tutto sommato un lavoro tranquillo e di totale riposo.
Aveva tirato fuori gli attrezzi dal capanno e iniziato a lavorare. Ogni tanto si soffermava per riposarsi e non poteva fare a meno di lanciare uno sguardo all’orizzonte. Era una giornata limpida e sembrava di poter toccare le isole con la mano.
«Buon pomeriggio!».
Quasi sobbalzò perché in un momento di silenzio quasi assoluto, la voce della ragazzina lo aveva sorpreso. Si era voltato e aveva risposto educatamente.
«Buon pomeriggio a te».
Avrà avuto sei o sette anni. Molto carina e somigliava in maniera impressionante alla signora Dinelli. “Deve essere sua figlia” pensò.
«Che cosa stai facendo?»
«Raccolgo le foglie»
«Tutte? Ma sono tantissime»
«Lo so, ma è per questo che la signora Dinelli mi ha chiamato».
«E mia madre sai?»
«Sì, l’avevo capito»
«E dopo?» L’aveva guardata sorpreso, «quando le avrai raccolte, cosa ne farai?»
«Le brucerò».
Continuava a fargli domande a ripetizione.
«Come ti chiami?»
«Delfio. Strano eh?»
Ride portandosi la manina alla bocca «Scusa sai, ma non ho mai sentito un nome come questo».
«Non scusarti, ci sono abituato. Comunque significa Fratello di Dio e il 29 Agosto è il mio onomastico – ride anche lui – comunque tutti mi chiamano l’Avvocato».
«Avvocato?» ripeté incuriosita.
«Sì, ma non lo sono»
«E perché?»
«E’ una lunga storia, un giorno magari te ne parlerò».
«Andiamo Consuelo, altrimenti facciamo tardi».
La signora Dinelli si era avvicinata, l’aveva salutato ed erano salite in auto.
In quel momento si trovavano sul piazzale antistante alla doppia scalinata che portava al portone d’ingresso.
«Ciao» gli aveva detto la bambina con un gesto della mano. «Ciao» le aveva risposto nello stesso modo. Con il mento appoggiato al manico della scopa metallica, le aveva seguite con lo sguardo finché la grande siepe d’Alloro non le aveva nascoste alla sua vista.
Stava riprendendo a lavorare quando notò un tizio allontanarsi velocemente. Per un attimo lo cercò con lo sguardo, pensando che doveva essere un gran maleducato a pisciare proprio lì, ma subito dopo riprese a lavorare, fino a ché il campanile suonò i sei rintocchi. Si stirò le membra, ripose gli arnesi e se ne andò. Avrebbe ripreso la mattina successiva.
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"L' Editore questo sconosciuto". Ok Visto che mi è stato richiesto, proseguo.
Dunque, il povero Autore sta fissando il suo manoscritto indeciso. “Ora che sono arrivato in fondo – dice – “voglio trovare un Editore disposto a pubblicarmi”. Si piazza davanti al PC e digita “Case editrici” Clicca e ne esce una schermata che non finisce più. La scorre, di tanto in tanto trova un Nome conosciuto. Se ne appunta una decina. Qualcuno di questi puntualizza di non essere interessato a esaminare nuovi Autori, qualcun altro invece li cerca. Stampa decine e decine di pagine, svuota un sacco di “cartucce” poi si reca in un negozio specializzato e spende un sacco di soldi per “rilegare” una decina di testi così come ha letto sulla lista, tutto affannato si reca alle Poste, spende un’altra “paccata” di soldi per le raccomandate e…aspetta (e spera) Un mese, due, tre, quattro mesi…driiinnnn “Chi Eh?” Il Postino…
Ora, per non rischiare di annoiarvi, vi lascio a meditare per qualche giorno poi, sempre che lo vogliate, continuerò nella descrizione del “Viaggio”.
Nel frattempo vi mostro la copertina di un altro mio libro, "Effetto Venezia" Un thriller, ambientato a Livorno, durante la famosa manifestazione da cui prende il nome. A presto scrivete.
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L’Editore: questo sconosciuto.
Oggi mi piacerebbe parlare delle difficoltà che incontrano gli Autori, una volta terminato di scrivere il cosiddetto “Manoscritto”. Cioè, immaginate di aver scritto un libro e di trovarvi con cartella davanti agli occhi:
- E ora cosa devo fare?
- Pubblicarlo naturalmente
- Già! Facile a dirsi. Ma chi me lo pubblica?
- Un Editore
- E dove lo trovo un Editore?
Alè! Ecco il problema.
Qui si aprono tutta una serie di possibilità, talmente diverse l’una dall’altra che da sole dovrebbero scoraggiare il più intelligente degli Autori (sconosciuti).
A parte questo, chi è che pubblica il libro è l’Editore, e, dato che in Italia ci sono più scrittori che lettori, è facile immaginare che la categoria sia composta di soggetti più disparati.
A questo punto mi fermo per non annoiarvi troppo ma, se l’argomento può essere di vostro interesse, lasciatemi pure i commenti. Se ne potrebbero sentire delle belle.
A presto.
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Ricevo da Grazia, e ben volentieri pubblico, una sua poesia, seconda classificata al "Premio Maria Luisa Tosi"..
Auguri Grazia!
Ricordo che sarò ben felice di pubblicare le poesie di amiche appassionate.
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HO PAURA
ASCOLTO:
l’urlo di un gatto
in una strada buia,
sembra il lamento
di un uomo che muore,
di un bimbo
che ha fame.
Nel letto caldo
mi assalgono
brividi gelidi:
è il terrore,
l’impotenza,
la consapevolezza
di non poter
cancellare
il dolore della vita
e della morte.
Mi sento inutile,
sola, piccola,
…………………..
HO PAURA!
(Maria Grazia)
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Tanto lo scrittore cos'é? Lo scrittore é una specie di puttana. Si usa e poi te ne scordi.
Charles Bukowski (i920/1994)
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Ancora uno spezzone di Koala
I chilometri scorrono veloci, ho superato Castiglioncello, in altri tempi meta di tanti Big del cinema, ho superato la Solvay, dove si produce il famoso bicarbonato di sodio, ed ora sto transitando da S. Vincenzo, lungo il “Viale della Principessa”. Alcune prostitute, coperte solo dal minimo indispensabile, fanno cenno di fermarmi, ma continuo per la mia strada. Dopo un po’ noto le ciminiere di alcuni stabilimenti che sputano fumo verso il cielo. Sono arrivato a Piombino.
Mi fermo sul ciglio della strada per guardare l’indirizzo scritto sul biglietto poi mi dirigo verso un vigile urbano e gli chiedo alcune informazioni.
Sono arrivato.
E’ uno dei tanti quartieri dormitorio; di quelli con poco verde, palazzi anneriti dallo smog e panni stesi alle finestre, in cui si respira solo aria di miseria. Di quelli in cui si odono sempre le solite grida, a volte gioiose, altre disperate, felici o malinconiche e che forse appartengono anche alle solite persone.
In estate, quando il sole cade a picco e le ciminiere sputano fuliggine, l’aria diventa grigia e pregna di tristezza, la poca erba che riesce a sopravvivere è così gialla che persino i bruchi hanno traslocato. In quella zona sembra che anche Dio si sia dimenticato proprio di chi ha più bisogno di lui.
Eppure loro non l’ hanno dimenticato, perché quasi ad ogni angolo c’é una statua della Madonna, o l’immagine di un Cristo disegnata sui muri.
Mentre procedo lentamente verso il numero 32, la BMV desta l’attenzione dei pochi passanti.
Ecco ci sono. Scendo e guardo quella vecchia casa ad un solo piano. Le finestre ed i muri avrebbero bisogno di una restaurata, e la cancellata di legno che delimita il giardino di una buona verniciata.
Mi fermo davanti al cancello, cerco di decifrare il nome scritto sotto al campanello ma non ci riesco, così decido di suonare.
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Inviato da: samtanko
il 21/06/2009 alle 11:51
Inviato da: Enzo Morelli
il 08/06/2009 alle 17:27
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il 16/05/2009 alle 16:09
Inviato da: RomanoDiLivorno
il 09/05/2009 alle 21:40
Inviato da: tuttiscrittori
il 08/05/2009 alle 17:21