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L'abbandono del nucleare.

Post n°25 pubblicato il 18 Ottobre 2006 da il_pensatore_folle
 

Prendendo spunto da alcuni articoli del Grandissimo Maurizio Blondet e pubblicati sul sito effedieffe.com vorrei proporre questo spunto di riflessione.

 

L’Italia è l’unico paese al mondo che produce il 90% dell’energia bruciando petrolio e gas vale a dire due materie prima sempre più rare e quindi costose; tale costo quindi si riflette nella nostra industria rendendola meno competitiva.

Secondo la Westinghouse, che ha il primato mondiale nella progettazione di centrali atomiche, basterebbero tre anni per rimettere in funzione le centrali di Caorso e Trino Vercellese.

L’elettricità creata dal nucleare costa 2-3 centesimi a kwh contro i 9-10 dell’energia elettrica da petrolio, forse è anche per questa ragione che in tutto il mondo stanno prolificando sempre più le centrali atomiche unita alla ormai assoluta sicurezza con centrali auto spegnenti e a nucleo totalmente chiuso.

Ma in Italia a causa di un referendum svoltosi l’8-9 novembre 1987 sancì di fatto la rinuncia da parte a questa fonte energetica nonostante il testo dei tre quesiti referendari non avrebbe imposto affatto l’abbandono del nucleare. Probabilmente si è giunti a questa scelta per la convergenza perversa degli interessi della politica (che non riusciva a “tangentizzare” tale settore) da un lato e delle lobby petrolifere dall’altro.

Non voglio dilungarmi oltre su questa scelta ma vorrei porre l’attenzione sulla ripercussione economica che tale scelta ha avuto. Passati gli anni del petrolio a basso costo oggi ci ritroviamo pure incalzati dal continuo fermento della concorrenza (sleale) asiatica.

Secondo alcuni studi il danno economico nella bolletta energetica degli italiani si può tranquillamente stimare in una cifra attorno ai 100.000.000.000 di euro; a ciò però dobbiamo aggiungere circa 10.000.000.000 di euro per mantenere in stato di standby le esistenti centrali oltre ai costi di riconversione di Montalto di Castro allora in costruzione.

Inoltre cito le dichiarazioni di Bruno Musso ex amministratore delegato di Ansaldo: “dal punto di vista dell’industria, significò la cancellazione di 4000 miliardi di contratti praticamente in un istante. Per l’Ansaldo questo fu un colpo terribile: 1700 persone qualificate, tecnici, ingegneri, periti e quant’altro si trovarono dalla sera alla mattina spiazzati e la scelta di fronte alla quale l’Ansaldo si trovò fu quella di scegliere tra cassa integrazione di 1700 persone o la conversione tentando strade nuove”.

Inoltre L’ex vice ministro Possa ha pubblicamente rilevato come con il referendum”ci siamo giocati […] un’intera linea di politica industriale, promossa con coerenza per almeno quindici anni”; e ancora “molte delle aziende italiane operanti in questo settore, che avevano fatto cospicui investimenti di ammodernamento, nella previsione di un responsabile impegno italiano nel nucleare, con la decisione di abbandono del settore si sono trovate subito in rilevanti difficoltà”.

In seguito all’abbandono del nucleare ci sono state «drastiche riduzioni di personale e spesso anche sofferte chiusure d’attività. Le aziende rimaste sul mercato hanno comunque subito una rilevante perdita di competitività rispetto alle concorrenti estere».

L’ENEL nel 1987: “una rinuncia totale al nucleare [avrebbe compromesso] seriamente la sicurezza dell’approvvigionamento energetico del Paese ed il necessario sviluppo e competitività del sistema produttivo nazionale”.

Quindi l’Italia da paese produttrice si è trasformata in Paese consumatore di energie elettrica prodotta col nucleare nelle Nazioni vicine (circa il 18%).

Il ministero dell’Industria francese, sul suo sito internet informa i cittadini d’oltralpe che dalla vendita di corrente all’estero (e l’Italia è il miglior cliente) derivano utili tramite i quali è possibile ridurre la bolletta agli utenti francesi.

La dipendenza italiana dai combustibili fossili, conseguenza del mancato sviluppo del nucleare, comporta oggi, all’atto pratico, un costo dell’elettricità superiore alla media UE: del 25% per le imprese e del 38% per le famiglie italiane (per tacere del confronto con la Francia, ancor più sconfortante), ma soprattutto ci espone a gravissimi rischi strategici.

A questo riguardo Felice Ippolito, uno dei fondatori dell’ENEL amava ricordare che «senza indipendenza energetica non c’è libertà».Inoltre  Ippolito già nel 1997, a pochi mesi dalla morte, disse profeticamente: «la metanizzazione sfrenata ci porta ad essere schiavi… se un domani i fondamentalisti islamici interrompono il gasdotto dall’Algeria [o] se la Russia lo dovesse interrompere per qualche motivo interno, noi siamo col culo per terra»…

 
 
 
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Un blog di: il_pensatore_folle
Data di creazione: 13/08/2006
 

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