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Post n°68 pubblicato il 12 Giugno 2010 da polipomene
Il cosiddetto post è lungo e lo facciamo in due tempi: Sono ancora convinto che Berlusconi sia animato da buoni intenti, qualunque cosa per la quale si cerchi di metterlo nei guai, e nonostante gli innumerevoli tentativi di metterlo alla gogna, di ridicolizzarne il comportamento. Gli unici che non hanno capito o fingono di non capire, sono i nostri connazionali, capponi renziani che si beccano mentre vanno verso il girarrosto! Questa manovra del Governo è una cosa poco seria e per niente incisiva. Le Province sono una brutta copia delle Regioni: ne hanno create mi pare quattro, molto di recente e, per fare quella di Monza, ne hanno inventate tre nel centro-sud. Più o meno è così. E sono un gran bel costo! Togliere il 5 o il 10 per cento agli stipendi d'oro dei parlamentari è una presa in giro nei confronti del cosiddetto popolo, quello che è sovrano sulla Carta, carta straccia! E' un insulto e quindi, anche questo governo che si proclama indipendente, in realtà ha una dipendenza cronica e non riesce a pensare al futuro dell'Italia, dei nostri figli! Togliere una provincia significa togliere voti e qui il cane che si morde la coda. Bloccare gli stipendi agli statali e non bloccare il caro-vita, i prezzi, ridurre i consumi, le auto blu, le pensioni d’oro et cetera et cetera et cetera, significa fare quello che si è fatto sempre, una botta al cerchio e una alla botte facendo più male che bene e dunque senza produrre veri effetti di cambiamento. Ci si barcamena, sempre con il motto dividi e governa, si cerca di accontentare un pò tutti e, se tutti i divisi sono contenti, chi sta dentro il Palazzo può dormire sonni tranquilli e continuare a percepire stipendi E PENSIONI CONSEGUENTI, da sogno! E chi se ne strafrega se l’Italia non va avanti: intanto io mi copro le spalle. L’io è il parlamentare. Ma voi ci avete fatto caso che sono tutti uguali? E si stringono a testuggine, quando si sentono minacciati! Tempo fa, mi sembra l’anno scorso e mi pare di averlo letto su qualche giornale, i nostri parlamentari hanno adeguato i loro stipendi a quelli dei magistrati e lo hanno fatto in piena crisi. Anziché dare il buon esempio decurtando i loro emolumenti, i loro stipendi, hanno preso qualcosina !! Ora non ricordo come sono andate esattamente le cose perché, di recente, ho letto che, riguardo alla proposta indecente ed offensiva di Caldaroli di abbassare gli stipendi del 5 per cento, l’associazione magistrati ha risposto che accetta ma a patto che i loro stipendi siano equiparati a quelli dei parlamentari .Allora, da una breve ricerca su internet, ho scoperto due personaggi per due esposizioni d’opinione diverse l’una dall’altra:
Lo stipendio dei magistrati e l’indennità dei parlamentari di Salvatore Sfrecolla C’era una volta, in un tempo neppure molto lontano, una regola per la quale l’indennità dei parlamentari della Repubblica era commisurata al trattamento economico dei magistrati con qualifica di Presidente di sezione della Corte di Cassazione, quello che anni prima era equiparato al “grado terzo” dell’amministrazione dello Stato. Anni dopo, man mano che i sindacati hanno aumentato il loro potere nel settore pubblico, la disciplina del trattamento economico dei dipendenti statali, che era definito per legge, è stato rimesso alla determinazione dei contratti collettivi di lavoro. Compresi i dirigenti, esclusi i magistrati e gli avvocati dello Stato, che ai magistrati sono assimilati sul piano retributivo. Ai magistrati, che non possono contrattare con Governo e Parlamento il loro trattamento economico, è stato, pertanto, attribuito per legge un aggiornamento automatico, rapportato alla media degli aumenti retributivi attuati nel settore pubblico nel corso dell’ultimo triennio. In tal modo è stato garantito loro un minimo di adeguamento stipendiale senza che si sviluppassero rivendicazioni e tensioni “sindacali”. In quel momento i parlamentari si sono sganciati dai magistrati. Luigi Einaudi, il grande statista liberale e grandissimo economista se fosse stato vivo avrebbe confermato che nel settore pubblico “l’andazzo è agli sganciamenti”. Perché si sono sganciati i parlamentari? Ma è ovvio, o almeno così è stato spiegato. Non volevano che l’aggiornamento periodico del trattamento economico dei magistrati si riversasse sulla loro indennità! Ohibò, hanno detto, sembra che abbiamo concesso l’adeguamento automatico ai magistrati per averlo anche noi. Giammai! Ma subito dopo, è partita, come una scheggia impazzita, un’escalation di aumenti vari nella composita retribuzione parlamentare che, unita ai tanti benefit, dal barbiere alla buovet, alle telefonate, al “permanente” ferroviario, all’ufficio ed al portaborse, ne hanno fatto quella “casta” nei confronti della quale giustamente più di qualche italiano mugugna, soprattutto perché questa struttura “rappresentativa” dei partiti, anzi dei capi dei partiti, in sostanza di una ventina di persone, rivela una produttività, rispetto alle aspettative della gente, spesso clamorosamente bassa. Nel senso che le promesse elettorali rimangono in gran parte tali per quasi tutta la legislatura e vengono impunemente riprodotte alla vigilia della nuova tornata elettorale. L’ho scritto nel mio libro “Un’occasione mancata – O una speranza mal risposta?, Nuove Idee editore, nel quale rifletto sulle scelte e le mancate scelte della legislatura 2001-2006, da un osservatorio privilegiato, quello di Capo di Gabinetto del Vicepresidente del Consiglio, con il taglio istituzionale che mi deriva dalla cultura giuridica e dal culto dell’indipendenza che rivendico come magistrato amministrativo-contabile. Nel frattempo, mentre il trattamento economico complessivo dei parlamentari cresceva, i magistrati rimanevano al palo, surclassati alla grande dai dirigenti delle amministrazioni pubbliche. Cresceva anche la spesa, in quanto il potere politico, nell’intento di mantenere saldo il controllo dell’amministrazione, applicava la regola aurea del divide et impera. Moltiplicava gli uffici in modo che a ciascuno di essi fosse preposto un dirigente con scarsissimo potere. Così le direzioni generali sono diventate il più delle volte dipartimenti, sono nati gli uffici generali autonomi, mentre le vecchie divisioni assumevano la denominazione di direzioni centrali. A tutte queste ripartizioni, spesso microstrutture, sono stati preposti dirigenti di prima fascia, cioè direttori generali, ex “grado quarto” nella struttura gerarchica dell’amministrazione. Direzioni centrali costituite spesso di poche unità. Eclatante, ma non unico, il caso della Direzione generale che nell’ambito del Ministero del lavoro e della previdenza sociale si occupava delle tossicodipendenze che, trasferita alla Presidenza del Consiglio nell’ambito del Dipartimento istituito per coordinare le iniziative di contrasto alla diffusione della droga, aveva, al momento, una dotazione di undici elementi, un dirigente di seconda fascia e dieci impiegati di varie qualifiche. È come se un generale di divisione – perché a questo grado militare è rapportabile un direttore centrale – avesse la responsabilità di dieci soldati! Eppure nessuno percepisce il ridicolo di questa situazione. Lo stesso è accaduto nelle Forze armate, con la moltiplicazione dei comandi. È il caso dei Generali di Corpo d’Armata che in tutte le Armi spesso ricoprono incarichi neppure tanti anni fa affidati a colonnelli. Con la conseguenza, fra l’altro, che per fare il periodo di comando devono essere avvicendati vorticosamente. In sostanza cambiano comando dopo poco più di un anno, non appena si sono resi conto delle esigenze della struttura alla quale sono stati preposti. Con quale efficienza dei servizi è facile comprendere!
I generali sono contenti perché possono esibire plurime stellette, senza preoccuparsi del fatto che contano di meno dei loro predecessori. Vanità in cambio di meno potere. I politici, a loro volta, sono soddisfatti dell’operazione. Dominano l’apparato e ricevono l’omaggio devoto dei dirigenti tali per grazia ricevuta. Nel frattempo i magistrati segnano il passo. Il loro trattamento economico è fermo da anni. E se qualche tempo fa il Consigliere di Cassazione, ma anche della Corte dei conti e del Consiglio di Stato, aveva un trattamento economico mediamente superiore del venticinque per cento a quello del direttore generale, con il quale si poteva stabilire una sorta di equiparazione in base al vecchio ordinamento gerarchico del “grado quarto”, oggi le parti si sono invertite. Ma non troppo, nel senso che il Consigliere riceve una retribuzione mediamente inferiore di oltre il venticinque per cento. Per non parlare dei Capi dipartimento e dei direttori delle agenzie che quadruplicano lo stipendio del Consigliere. In queste condizioni la presa di posizione dell’ex Ministro della giustizia nel Governo Berlusconi sull’“emendamento che aumenterà lo stipendio di qualche magistrato”, da un lato è ipocrita, visto il trattamento del Senatore Castelli “sganciato” dai magistrati, dall’altro è l’ennesima dimostrazione dello scarso, ma forse si dovrebbe dire nullo, senso dello Stato di una parte, chiassosa e becera, dell’opposizione. 12 luglio 2007 Siamo nel giugno 2010 !!!!( nota mia ) Salvatore Sfrecola Ed ecco l’altro: è del periodo ultimo governo Prodi con Mastella Guardasigilli. Privilegi e segreti dei magistrati Di Dimitra Buffa Le Caste- Quinta Puntata: privilegi e segreti dei magistrati |
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