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Certe disperazioni

Post n°339 pubblicato il 23 Novembre 2007 da monari

Il post di ieri «Certe nonne» è oggi segnalato in home da Stampa.it.

segnalastostampa231107.jpg

A questo post si aggancia il nuovo di oggi: «Certe disperazioni».


Ansapesaro Per puro caso nel post di ieri, «Certe nonne», ho tirato in ballo la virtù della speranza.

È di oggi l'annuncio che il 30 novembre sarà pubblicata la seconda enciclica di Benedetto XVI, intitolata «Salvi grazie alla speranza».



Coincidenza fortunata, tra il post e la notizia.

Il tema della speranza ha però un risvolto tutto umano che non dipende dai teologi soltanto o da un messaggio papale.

La speranza deve esser anche controparte della vita sociale di ogni giorno. Ovvero il frutto di una situazione nella quale ogni cittadino possa avere fiducia non soltanto in se stesso, ma anche nelle forze economiche e politiche con le quali viene a contatto nella sua esperienza giornaliera, direi quasi di momento in momento.

È molto facile promettere una salvezza ultraterrena, quando tutto può contribuire a rendere infernale il tempo presente.



Una notizia proveniente da Pesaro dà la dimensione delle tragedie in cui la speranza non ha più posto, e lo cede alla disperazione. Forse covata lungamente nel silenzio di un colloquio con la propria coscienza.

La morte di una figlia (22 anni) gravemente malata, per mano di madre (50 anni), non è un gesto folle.

La gente, i vicini hanno detto ai tg che la madre sembrava tranquilla. La maschera che il dolore impone nella vita, a volte crolla all'improvviso, non lascia tempo a niente, arma una mano di un amore che distrugge la propria creatura, con la solenne, tremenda, intima convinzione che sia un gesto grande come lo era stato il mettere al mondo quella stessa creatura.



Ogni volta che questi drammi arrivano alla cronaca, bisognerebbe chiedersi: ma che cosa è stato fatto dalle Istituzioni, dalla Società, dallo Stato, dalla Politica per aiutare quelle madri, sollevare con un mano non caritatevole (nel senso che dipende da una scelta individuale e casuale d'aiuto), ma con un gesto soccorrevole, come costante e continua presenza vicino a chi soffre assistendo un malato, e soffrendo ben più del malato stesso.

Signori della Politica, anche questa è la vita: nel dolore e nell'angoscia di una madre che dopo 18 anni di malattia della figlia, l'ha liberata dalla sofferenza e poi ha rivolto il coltello contro di sé.



Segnalo questo testo: «Tragedia di Pesaro, il grido dei genitori: ''Siamo stanchi, usurati, soli''».



Foto Ansa



Fonte


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