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Veltroni e la Ferrari

Post n°284 pubblicato il 30 Luglio 2007 da monari

Foto dall'album della Stampa.it.

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Per farci capire le sue intenzioni, Walter Veltroni ha detto oggi che ha fatto bene tutti i lavori in cui si è impegnato: "Il direttore de L'Unità, il vicepresidente del Consiglio, il segretario dei Ds, il sindaco di Roma. La gente ha percepito che ho lavorato con motivazione e onestà di valori. Questa è la mia Ferrari ma nessuno me l'ha messa a disposizione, né me la potrà mettere. L'ho costruita io pezzo per pezzo".

L'elogio del bricolage da autodidatta, da «uomo che si è fatto da solo», è come l'esaltazione della cipolla quale strumento per prevedere il tempo nell'epoca dei satelliti meteo. (Che non sempre funzionano. Per oggi pomeriggio sopra casa mia avevano sistemato forti piogge e vento di bora. C'è un caldo terribile, sono cadute «due gocce due» un'ora fa, per scherzo.)

Il mondo è complesso non tutti viaggiano soltanto in Ferrari, egregio Veltroni. È sicuro che il suo esempio possa essere compreso? La parola è fresca di sorgente, od è condizionata dal caldo che fa?

Come le frasi di quel segretario di partito il quale ha invocato quale attenuante la solitudine del politici per giustificare il collega che aveva due ragazze in camera, una delle quali leggermente alterata dalla droga tanto da finire in ospedale, se non erro.

E per quella solitudine ben peggiore della gente comune che non ha i mezzi di cui dispongono i parlamentari che frequentano alberghi famosi, da "dolce vita", allora che cosa dovremmo inventare e poi alla fine giustificare?

Signori, a volte soltanto il silenzio può dire qualcosa, non tutto. Invece qui si abusa delle parole senza rendersene conto.

Il deputato che aveva le due ragazze in camera (mi raccomando: in camera, e non in Camera), delle quali una capitata lì per caso, ha spiegato a Guido Ruotolo che i valori cristiani a cui lui si richiama non c'entrano nulla «con l’andare con una prostituta». Trattasi soltanto di «una faccenda personale». E poi lo sfogo rivoluzionario: «Quanti parlamentari vanno a letto con le donnine? E’ un reato, per caso?».

Ieri la «Stampa» ha sdoganato il seno nudo sul giornale di carta con un titolo vagamente terroristico: «Allarme in spiaggia». Ed anche sul web, con immagini molto delicate (ne riproduco una qui sopra).

Al signore della camera (e non della Camera), non è stato lasciato il tempo di dire che si trattava di un nuovo passo verso la decadenza dei costumi, complice la grande stampa («Stampa») ed il grande capitale del Nord. Infatti lui e tanti altri parlamentari per combattere la solitudine non scendono in spiaggia, dove si esibiscono vergognosamente alcune parti invereconde del corpo umano (non ho mai compreso dove stia l'oscenità del capezzolo femminile e l'innocenza di quello maschile), ma si chiudono in albergo. Spesso con due ragazze: e se va male, una si sente giù per droga.

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