« Se l'assessore vede 'negro' | Prodi, Cl e Veltroni » |
Forse perché nonostante l'avanzare dell'età sono rimasto ingenuamente legato al principio che se si predica bene non si deve razzolare male, l'intervista apparsa sulla «Stampa» di ieri a Vittorio Messori mi ha lasciato esterrefatto, con un senso di mal di stomaco come si può provare davanti ad una scena orripilante.
Il passaggio più scabroso e meno immaginabile dell'intervista a Messori, per me è stato questo: «È indubbio che nella storia della Chiesa una sessualità disordinata ha potuto convivere agevolmente con la santità. Sono legato al segreto richiesto dai Postulatori, ma potrei fare nomi celebri».
Messori prosegue citando il «fondatore di molte istituzioni caritative in Europa» che, a suo dire, «è stato proclamato Beato nonostante le turbe sessuali che per un istinto incoercibile lo spingevano a compiere atti osceni in luogo pubblico».
Spero che nei prossimi giorni qualche voce autorevole venga a spiegarci che tutto ciò non soltanto non è vero ma è impossibile stante la tanto declamata severità dei processi canonici delle cause di beatificazione.
Riporto un altro passo dell'intervista a Messori: «Queste storie sono il riconoscimento della debolezza umana che fa parte della grandezza del Vangelo. Gesù dice di non essere venuto per i sani, ma per i peccatori. E’ il realismo della Chiesa: c’è chi non si sa fermare davanti agli spaghetti all’amatriciana, chi non sa esimersi dal fare il puttaniere e chi, senza averlo cercato, ha pulsioni omosessuali. E poi su quali basi la giustizia umana santifica l’omosessualità e demonizza la pedofilia? Chi stabilisce la norma e la soglia d’età?».
Mi permetto di ricordare a Messori, illustre scrittore e frequentatore di pontefici con i quali poi scrive libri, che non si tratta soltanto della giustizia umana che «demonizza la pedofilia». C'è anche il Vangelo: «Chi scandalizza uno di questi piccoli che credono, è meglio per lui che gli si metta una macina girata da asino al collo e venga gettato in mare» (Mc 9, 42).
Potrebbe dedicare due minuti del suo tempo, Vittorio Messori, a rileggere questo brano, ed a confrontarlo con le parole che ha pronunciato per «La Stampa» con Giacomo Galeazzi?
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