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« di un lessico scarlatto ...schizzi acciarpati messi... »

a mani nude in uno scroscio a cenni il mio discorso d’enfasi alle ombre

Post n°58 pubblicato il 14 Giugno 2011 da imagomentis

 

 

 

nei dintorni dell’anima gremita c’erano gesti che si snodavano provvisori

in cavità taciute di percezione e di mania proprio sul cogliere profanatore

di una notte incredula agli occhi imbizzarriti e nel ricordo saccheggiatore

notavo le locuzioni farsi cose di acqua cristallina tra margini di ciglia

risarcite dal disincanto agli incroci di strade alberate e fuochi immensi

 

 

ed una mano effusa scandagliava l’estremità cedevole dell’apparire

tra bagliori scarlatti di luci improvvise ed insaziabili sulla retina sbigottita

come riflessi sparsi da ombre oscene nelle crepe dei muri tratteggiati

dalle dita sfuggenti sui lineamenti inclinati in curvature fitte d’ossessione

nell’accostarsi inquieti per stropicciare ciò che resta dell’anima sul corpo

 

 

fuori dal tempo tutto questo accadeva quando gli dei distratti dal clamore

si rannicchiavano senza custodia nelle sinuosità inspiegabili dell’esistenza

ridotta in pezzi dal quotidiano insistere dei sogni trasumanati dal lessico

e i fatti vuoti saturi di timore girovagavano al margine del nostro uscio

imperfetto supplicando il reale di strapparsi dalle nostre estasi suggellate

 

 

il ripercorrersi a tratti è in ogni caso l’andatura mossa della cadenza

oscena tra due guanciali ammucchiati in un giaciglio sfregato con le dita

all’orizzonte di una reminiscenza fatta inclinare a spirale vorticosa di segni

nel ricominciamento in frantumi ammonticchiati dentro l’iride azzurra

messa a soqquadro da un cristallo disgiunto ai bordi di una prima luce

 

 

con gli occhi semichiusi sminuzzo le mie frasi di corda sfilacciata

cavando suoni increspati dalle sillabe recalcitranti alla compostezza

e se qualcosa forse vogliono dire essa è racchiusa nel loro dispiegarsi

sui minareti allineati del mio bastione di terraglia esposta al sole a picco

sulle guglie spinose di un linguaggio insorto alla cognizione della colpa

 

 

oppure disunirsi tra le fessure cedevoli di una femmina lucciola

e lì cercare di scordare l’essenza in un oblio scavato a mani nude

per farne un’ammucchiata di memoria messa insieme all’eterno

dove  presente passato e futuro piroettano nella stradina buia

dell’intelletto che fa rumore e in un rimando con lentezza cigola

 
 
 
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