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Post n°81 pubblicato il 22 Agosto 2011 da imagomentis
è una notte bislacca che s’accartoccia ai sensi, imbambolati all’alba da un dormiveglia ruvido, di congiunzione fragile al torpore, scarnito al sole in bilico sui vetri che si farfugliano specchi
da qualche parte un corpo a conca nudo di femmina forse rimasto incavo sgombro, impalpabile, sgusciante, acceso in un rimando di sogni da mente a mente
perché nell’aria c’era un buon odore di eros, chiaro al suo occhio che si scriveva a margine voci di cose e gesti, quasi a cornice di uno scorcio pittato da mani inquiete, indocili, arruffate sul giaciglio e sul muro
così, sorpreso da quel sentire vago d’inconsistenza, ha preso a meditare coi chakra mossi, uno alla volta, dal suo respiro lento sparso nel corpo,
reminiscenze magiche con un soffio a convergere sul terzo occhio, quasi pura energia mentale a percepire il vortice di luci sparpagliate fino all’imago, tenue
come si fa in poesia, intaglio di un mosaico d’inconsistenza sorto dal nulla e rigettato al mondo, in forma di parole, forse di versi, ma in questo caso in foggia di pensieri, sbrigliati all’essere e dalla mente sciolti d’immaginario
qualcosa ha visto, in quelle docili anse del meditare a cuore riconciliato e pieno, ed ha pensato che era il tuo tornare, spirituale, incorporea nella sua anima monca, troppo legata ancora alla mancanza, all’assenza sciocca dimora all’esistere, senza di te che adesso evanescente, eterea gli parli dentro e canti e danzi e ridi e voli dal tuo altrove vicino al suo qui ed ora, quando nella sua mente ti fa accorrere
e la scrittura salmodia su questa terra a pezzi un po' di roba imperfetta, da ricercare nel suo tao divagante coi sensi vigili ai tratti d’impermanenza o nella testa docile dove il silenzio si addice, quieto, immenso, sconfinato come in un mantra muto, senza vocaboli, parafrasando il logos, che a lui lemmi inesatti ridanno simboli e segni, a volte prodigiosi, noncuranti del nostro dire approssimato, incerto, chiuso nella caverna che proietta l’ombra d’impermanenza alle idee, confuse, rischiarate da torce fioche ai dorsi e tremolanti in aura, che le riflettono dalla parete all’anima di roccia e vento
e fino all’alba insistere, ad incalzare il vuoto, con gli occhi chiusi e immobili, ammonticchiando immagini di fiato, con il respiro a cerchio del suo corpo, costante, esteso all’attimo, all’eterno
poi il primo sole, timoroso e sobrio, con i suoi raggi tiepidi, in un bocciolo fragile di albore, porta i pensieri sminuzzati al vivere, con un salto nei sogni, di rimbalzo all’esistere, fino al crepuscolo ed alla prima luce,
figlia del sonno a togliere materia e forma, in questa veglia stramba, che s’accartoccia ai sensi
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