Creato da indignati_2011 il 25/06/2011
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le leggi " ad personam " della casta dei papponi nelle amministrazioni locali

Post n°67 pubblicato il 08 Ottobre 2011 da indignati_2011

 

 

C’è chi lo ha maturato dopo quindici mesi. Gli importi netti mensili vanno da 1640 a 4700 euro, a seconda del numero di mandati. Solo dieci prendono il massimo
TRIESTE Sudò quindici mesi, in due casacche diverse, nell’aula di piazza Oberdan. Non un giorno di più. Ma, con una leggina su misura, agguantò il vitalizio: 1640 euro netti al mese. A vita. Roberto ”Charlie” Visintin è ormai una leggenda a Palazzo. Meteora della politica regionale. Ma eroe insuperato – e, c’è chi spera, insuperabile – dei baby pensionati.
Nell’agosto non solo politicamente instabile in cui il comitato referendario nato in nome dell’abolizione di «un privilegio della Casta» non depone le armi, ma all’opposto studia le carte e prepara il ricorso al Tar, il vitalizio dei consiglieri regionali rimane un argomento ”caldo”. Assorbe quasi 8 milioni di euro all’anno: 7.819.730 euro, per l’esattezza, nel 2009. E riguarda, a meno di errori nonché al netto di eredi, 146 ”
ex”: Andrian Gastone è il primo, in ordine alfabetico, Zorzini Bruna è l’ultima.
L’elenco è lungo e variegato. Eppure ”Charlie”, come lo chiamano in onore dei suoi trascorsi musicali in un’orchestra, occupa un posto speciale. La sua leggenda inizia nel 2002 quando Gianpiero Fasola si dimette: l’allora leghista Visintin, poi passato al Patto regionale per l’autonomia, ne prende il posto. Ma la legislatura volge quasi al termine e il subentrante non può guadagnarsi il vitalizio. Come uscirne? Giorgio Pozzo risolve il dilemma: presenta una leggina semplice semplice in cui si dice che un consigliere regionale matura il diritto alla pensione dopo 15 mesi di attività, anziché dopo 30, come avveniva sino a quel momento. Detto, fatto: l’� aula, nell’aprile 2003, vota a maggioranza. E ”Charlie” conquista il vitalizio. Certo, ricordano i colleghi, deve sborsare una bella sommetta sotto forma di contributi integrativi perché, legge alla mano, ci vogliono almeno cinque anni di contributi regolarmente versati nelle casse pubbliche. Ne vale la pena, evidentemente: Visintin, classe ’41, inizia a percepire l’assegno una manciata di mesi dopo.
// È un caso unico, in verità. Il Palazzo, dove nel frattempo si insedia Riccardo Illy, ha un sussulto, ci ripensa, e cancella la legge su misura, riportando in vita gli storici requisiti sul vitalizio. Non eccessivamente punitivi, anzi. E tutt’ora in vigore. Funziona così: il consigliere regionale in carica versa, ogni mese, il 17% della sua indennità di presenza. Poi, se lo ritiene, ci aggiunge il 2% al fine di garantire il 60% del vitalizio, in caso di sua scomparsa, agli eredi: moglie o marito e, in seconda battuta, figli minori. Non la convivente o il convivente: la latitanza del Parlamento, dove la questione coppie di fatto resta tabù, fa sì che restino esclusi.

Una volta raggiunti i 60 anni e lasciato l’incarico, comunque, l’ex consigliere regionale inizia a riscuotere. Quanto? L’assegno mensile aumenta con l’aumentare dei mandati spesi sui banchi di piazza Oberdan e, quindi, dei contributi versati: 1460 euro dopo cinque anni a Palazzo, 3019 dopo dieci, 4300 dopo quindici e 4700 dopo vent’anni o più, anche se solo una decina di ex prendono il massimo. L’avente diritto, in verità, può chiedere il vitalizio già a 55 anni, a patto di rinunciare al 25% del dovuto. Un vantaggio aggiuntivo, e apprezzato: più d’uno l’ha colto trasformandosi in baby pensionato.

Non mancano nemmeno i divieti di cumulo: il parlamentare e l’e uroparlamentare, finché restano in carica, non percepiscono nulla. Nemmeno un cent. Saranno ricompensati quando appenderanno le scarpe al chiodo e riceveranno il vitalizio nazionale, quello regionale e, al caso, la pensione ”normale”. Presidenti di Provincia, sindaci e amministratori locali, invece, possono cumulare l’indennità con il vitalizio non appena raggiunti i 60 anni.

Non tutti ne approfittano: Ettore Romoli, sindaco di Gorizia nonché ex parlamentare ed ex consigliere regionale in carica per meno un mandato, avrebbe dovuto versarsi i contributi integrativi. Ma ha rinunciato, e adieu vitalizio. Una rarità.
Non manca una curiosità: l’assegno mensile, sino al 1995, si incassava regolarmente a 55 anni. Ovvero, decurtato, già a 50 anni. Nel tempo, dunque, il Palazzo si è autolimitato, inasprendo le regole. Con l’eccezione di ”Charlie”, s’intende.

 
 
 
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