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A volte ritornano (cit.)

Post n°70 pubblicato il 14 Aprile 2013 da ocsurte
 

 Marcello incrocia lo sguardo dei due tecnici. Questi spingono il carrello con la barra di plutonio raccolta in un semi guscio di piombo, non si curano di lui. Indossano maschere collegate agli autorespiratori che gli coprono il volto, quel che resta scoperto delle loro guance è percorso da rivoli di sudore. Le tute gialle in tyvek sono traslucide, tanto questo materiale non consenta la traspirazione e il corpo dei due uomini all'interno  si faccia fradicio. Alle spalle di quelli che spingono il carrello, Marcello intravede gli altri, intenti ad estrarre una seconda barra.  Lo colpisce il comportamento di quello che, sul bordo della piscina, è intento ad imbracare la barra, mentre il collega aziona il carroponte. Pare danzare con consumata grazia attorno alla sorgente, movimenti eleganti e al contempo rapidi. Semplici e risoluti. Si avvicina al plutonio con passo cadenzato, fa scivolare le fasce e senza arrestarsi torna sui suoi passi. Con il corpo proteso, la testa inclinata e le ginocchia raccolte. Si fa schermo al volto protendendo le braccia, il bacino sfuggente sotto il busto obliquo. Quando il pesante portone di piombo torna a chiudersi, Marcello si precipita all'oblo di quarzo che si affaccia sulla sala vasche e torna a cercare quel misterioso ballerino. Eccolo, lo vede scavalcare la sorgente più volte, balzi misurati sul bordo della piscina. Quell'uomo che danza intorno alla sorgente gli fa pensare ad un boscaiolo che alimenti il rogo degli sterpi con la sua forca. Si avvicina al fuoco crepitante con il volto girato di lato e allunga le membra per distogliere il corpo dal calore. Il tutto con estrema eleganza.  Marcello è certo di averlo conosciuto, quell'uomo. Il suo stile è inconfondibile, è certo di averci lavorato assieme, nei suoi primi anni al distretto di Marcoule. Riconosce il suo maestro, anche se questi è celato sotto l'autorespiratore e danza davanti ad un fuoco di 250 micro Sievert. Alla fine del turno di lavoro, Marcello è il primo ad essere chiamato dentro la doccia calda dal PLC che tutto vede e tutto regola. Improvvisamente accarezza l'idea di incontrarlo, quell'uomo. Il fatto che sia il primo a sottoporsi alla doccia calda, che per inciso non supera mai la temperatura di 9° centigradi, in modo che i pori della pelle si chiudano non facendo penetrare la contaminazione, gioca a suo favore.  Se la fortuna lo assiste, può riuscire a raggiungerlo alla stazione di lavaggio delle auto giù al villaggio, pensa.  Anche se questi certamente non vi risiede, non essendo un dipendente di Areva. Uscito dalla doccia, indossa i suoi abiti e si precipita al parcheggio. Avvia il motore della sua Alfa Romeo e, non appena l'unico cancello della centrale, guardato da quella portineria sempre deserta, si apre, esso si spinge a 140 KM/h sul rettilineo che porta al villaggio. Giunto alla sbarra, aspetta con trepidazione che questa si apra. Il motore è su di giri, come lui. Niente, il PLC non gli permette di passare. E' giunto alla sbarra troppo presto, ingenuamente pensava di raggiungere quel tecnico privato, di riconoscervi il vecchio collega. Squilla il suo cellulare nella tasca della giacca, è Ferrettì:"" Lo sappiamo che sei Italiano, Rigamonti, non c'è bisogno che tu ci offra queste prove di te. Sei espressamente tenuto a rispettare i tempi assegnati in ingresso e in uscita alla centrale, per l'ordinato svolgimento degli accessi. Attendi che si apra la sbarra e poi torna dalla tua famiglia, fai che non si ripeta una vicenda simile o dovremo prendere provvedimenti disciplinari.""  Marcello ripone il telefono nella giacca e, rassegnato,  attende che la sbarra si apra per potersi recare alla stazione di lavaggio. Gli pare di avvertire un penetrante odore di assenzio,  di certo è la sua immaginazione. (continua)

 

 

 
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