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« Lo ZingaroLa vandemmia »

Roberto

Post n°74 pubblicato il 30 Maggio 2013 da ocsurte

 

Roberto era rimasto seduto sul ciglio della strada dove Adamo l'aveva gettato. Non pensava a rialzarsi, tanto le parole dello slavo, più della spinta che gli aveva dato, l'avevano colpito. Era avvolto in un turbine di pensieri, nella sua testa si accavallavano tali e tante sensazioni che nessuna riusciva a prendere il sopravvento sulle altre. Passarono altre macchine, dirette alla centrale. Tutti tirarono dritto senza prestargli attenzione, tanta era la paura di farsi coinvolgere.  La regola numero uno era di non derogare mai dai codici di comportamento. Diretti alla centrale senza fermarsi per alcun motivo, Roberto li vide sfilare uno dopo l'altro, i tecnici con la partita iva che il PLC accompagnava lungo il rettilineo di accesso. Si rialzò, infine, e andò a sedersi sull'alfa. Al suo turno di lavoro mancava ancora un'ora e mezza. Iniziò cosi ad analizzare nel caos dei suoi ricordi alcune di quelle frasi che lo zingaro aveva pronunciato, senza un ordine preciso, senza un filo logico che d'altronde per lui sarebbe stato impossibile trovare. Tentava di dare un senso a quella nebulosa di informazioni che gli erano pervenute. Si affacciò alla sua mente il sospetto che quei tecnici che lavoravano alla dismissione delle barre di uranio in centrale, fossero in realtà ex dipendenti della centrale stessa. Com'era possibile, si chiedeva, che dipendenti giunti al limite della esposizione consentita alle radiazioni, ritornassero a fare lo stesso lavoro da privati. Anche i lavoratori autonomi hanno l'obbligo di sottoporsi a dosimetria interna ed esterna. Nel loro caso non è l'amministrazione a fornirgliela, ma devono comunque sottostare alle prescrizioni di un esperto qualificato a cui devono inderogabilmente ricorrere. Come facevano, quegli uomini, a lasciarsi uccidere dalle radiazioni?

-Ferretti'

Si sorprese ad urlare seduto in macchina, infrangendo il cupo silenzio dei suoi pensieri. Certo, doveva essere quella la strada della disperazione. Doveva essere il colonnello a giudicare quando un uomo era chiuso all'angolo senza via d'uscita, quando questi non attribuiva più alcun valore alla sua stessa vita. Doveva essere lui a fare la proposta, una volta sicuro di ottenere il consenso. Nessuno, alla centrale, aveva mai dubitato del carisma del colonnello. In tanti anni, mai un passo falso, una battuta d'arresto. Aveva sempre raggiunto gli obiettivi che si era prefisso e, di fatto, il Direttore era sempre stato lui. Ora le parole di Adamo squarciavano di una luce sinistra l'oscurità che aveva avvolto fino a quel momento la mente di Roberto. Tornò a quella inusitata percezione di assenzio che il colonnello pareva si portasse dietro al suo passaggio, la associò alla bottiglia di Pernod sempre presente nella vetrina del suo ufficio. "Ubriacone", l'aveva apostrofato lo zingaro. Roberto ricordava, un altro tassello andava al suo posto.  Ma certo, un uomo minato dal vizio del bere, di questo doveva trattarsi. Un fegato spappolato non più in grado di metabolizzare l'alcool che per osmosi filtrava nella pelle attraverso i canali linfatici. Un uomo all'angolo, a suo modo. Un uomo che si ergeva, da condannato senza speranza, a nocchiere di altri uomini senza speranza, indirizzandoli sulla strada della disperazione senza ritorno. Certamente Roberto non poteva conoscere con precisione tutti i dettagli di questa sporca operazione. Non capiva ancora come facessero quegli uomini a ripresentarsi alla centrale come privati, una volta esclusi dal lavoro per raggiunta dose di radiazioni. Intuiva però quale dovesse essere la loro disperazione, un qualcosa di molto simile a quella in cui stava precipitando lui. Avrebbe anch'esso percorso quella strada? Questo si domandava. Sarebbe stato, di li a poco, pronto ad accettare la proposta di Ferretti'? Accese l'alfa e si diresse verso la sbarra, il suo turno iniziava tra venticinque  minuti, il PLC l'avrebbe fatto passare.  Vide ancora lo zingaro danzare attorno alla barra di plutonio, attraverso il quarzo che si apriva sulla spessa parete di piombo della sala vasche. Questi non alzò mai la testa dal suo lavoro, sicuramente sapeva di essere osservato. Roberto si chiedeva se il suo destino era oltre quella parete, se sarebbe andato a morire insieme a quegli uomini. Dentro di lui questa domanda non aveva ancora una risposta. In questi casi, è la disperazione che decide. (continua)

 

 

 

 
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