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"La classe non è acqua"

Post n°79 pubblicato il 16 Febbraio 2014 da ocsurte

 

 

L'aria contenuta in quel piccolo ambiente era satura dell'odore acre e dolciastro della polvere da sparo, perfino nel mio stato, lo avvertivo distintamente. Forse perché avevo smesso di fumare. Dicono che quando si smette, dopo aver fumato per tanti anni anche quaranta sigarette al giorno, di colpo ci appaiono odori, sapori e fragranze di cui avevamo dimenticato l'esistenza. Non poteva essere quello, il motivo di questa sensibilità agli odori, ne ero certo. La vera domanda era in virtù di che cosa, io me ne stessi li a discettare di quanto acre e denso fosse il fumo lasciato da un solo colpo di trecentocinquantasette magnum.  Nei giorni e nelle ore in cui avevo deciso e preparato quel mio "gesto", ero stato più che certo che da questo mi sarebbe derivato uno status tutt'altro che cosciente, che non sarei esistito più, altro che odori e quant'altro. Eppure adesso non potevo che essere sbigottito dal gran botto che la trecentocinquantasette aveva fatto, molto aldilà di quello che mi ero immaginato. Un botto talmente forte che, in virtù della segnalazione dei vicini spaventati, dopo poco più di mezz'ora ero stato ritrovato. Ora mi vedevo li, seduto per terra tra il tavolo e il radiatore, nell'accogliente annesso alla mia abitazione, in compagnia di un sovrintendente di p.s. dalla divisa sdrucita. Che fossi riuscito soltanto a procurarmi una ferita e adesso fossi ancora vivo e cosciente? Lo escluderei. Anzi, lo escludo. Avevo fatto un ottimo lavoro, da perfezionista quale ero sempre stato. Avevo sempre aborrito gli spargimenti di sangue. Le ferite che sanguinano copiosamente prima che sopraggiunga la morte, sono sintomo di pressappochismo, di chi fa le cose senza amore. Bisogna fare in modo che il cuore si fermi istantaneamente, solo cosi non si ha sanguinamento.  Lo ripeto, avevo fatto un ottimo lavoro.  Avevo estratto le ogive di tungsteno dalle cartucce della tre cinque sette e, con lavoro certosino al banco, le avevo rese piatte e cave. Con perizia, le avevo reintrodotte nelle cartucce, avendo cura di togliere un terzo della polvere da sparo. I proietti si sarebbero frantumati all'interno del cuore, senza fuoriuscire dal dietro, avrebbero provocato l'arresto istantaneo del battito cardiaco e quindi nessun sanguinamento. Mi guardavo e trovavo conferma a questa mia teoria. Non avevo sanguinato per niente e avevo mantenuto il bel colorito mediterraneo di quando ero vivo. Me ne compiacevo ancora. Certo, avevo ottenuto il mio scopo e, benché mi sembrasse strano il poterlo essere, ora ne ero orgoglioso: avevo lasciato un bel cadavere. Tutt'altra storia, ne converrete con me, da chi si lascia straziare dal male in un letto d'ospedale o muore dopo anni di stenti avendo perduto coscienza di quel che è stato. Ridotto ad una larva che ha perso anche le sembianze dell'uomo e in balia della carità di parenti e infermieri che curano un corpo che non ti appartiene più.  Dentro  di noi c'è un qualcosa che ti spinge a fidarti di taluni e a guardarti da altri, tra le persone che, casualmente o meno, ti si avvicinano.  Se devi aspettarti un tradimento oppure se un giorno ti stupirai e gioirai della loro amicizia. Nella mia vita ho incontrato persone buone, alcune le ho amate sinceramente. Sono certo che loro non si sentiranno tradite, da questo mio gesto, consapevoli delle cause che mi hanno spinto a tanto. Spero che la mia ragazza Bulgara non soffra troppo, lei cosi lontana da casa e che in me ha trovato amore e fiducia. Lei di certo capirà, i motivi della mia scelta. Già, i motivi, la scelta. Ora che ci penso non sono sicuro di ricordarli, ma è comprensibile, sono morto da non oltre un'ora e non mi sono ancora abituato allo status. Scusate, ma quel sovrintendente dalla divisa sdrucita continua ad aggirarsi intorno a me, sta tramando qualcosa. Ecco una persona di cui "a pelle" senti di non doverti fidare.  Ha messo gli occhi sulla tre cinque sette nuova di zecca che stringo nella mano destra, estrae una quarantacinque arrugginita che portava legata alla caviglia. Questo pezzente vuole fare a cambio, non c'è dubbio, cerca di rimuovere le mie dita serrate dal calcio. Mi concedo una soddisfazione che non ha prezzo.  Vedere il terrore assoluto nei suoi occhi, quando gli appoggio la canna della pistola al cuore e sparo.  Di nuovo quella esplosione fragorosa, il sovrintendente seduto vicino a me, il terrore scolpito nello sguardo e nessun sanguinamento. "La classe non è acqua". La vicenda si complica, i poliziotti dentro la casa si sono precipitati nell'annesso, richiamati dalla voce fragorosa della trecentocinquantasette. Un bel problema, stilare il rapporto, meglio aspettare il magistrato di turno. Un sovrintendente fatto secco da un uomo che si è suicidato ore prima, due morti ammazzati che non sanguinano e con le guance rosee di chi ha la vita che gli scorre nelle vene, come la puoi spiegare? Non è un problema mio, io sono morto.  

 

 

 
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Commenti al Post:
balimbalo
balimbalo il 16/02/14 alle 18:57 via WEB
ciao etrusco, bel racconto;filone surreale con personaggi molto ben tratteggiati; se fossi in te, lo intitolerei "trecentocinquantasette";ora ti lascio; devo andare in piazza dei Cavalieri; lì, al centro del triangolo, c'è la fermata del filobus dove aspetta anche il mio maestro; credo sia un pedofilo; ma nessuno se ne cura; è il millenovecentocinquantanove e la gente non è ancora diventata psicopatica; i maestri si rispettano...
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etrusco il 16/02/14 alle 19:42 via WEB
Oggi in piazza dei Cavalieri non c'è più il filobus e certi maestri non si rispettano.
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